High life esce a poco tempo di distanza dal precedente lavoro di Claire Denis, L'amore secondo Isabelle di cui abbiamo parlato qualche mese addietro. Il bel sole interiore della protagonista (il titolo originale è Un beau soleil intérieur) si trasforma qui nel buio totale degli spazi profondi che avvolge i protagonisti, l'abisso siderale del più grande vuoto (almeno figurativamente) che possa esserci, quello di un buco nero. Se il passare del tempo per Isabelle creava in lei la paura di un vuoto dei sentimenti, in High life il vuoto, non solo sentimentale, è pressoché assodato, nonostante la presenza ricorrente della splendida Juliette Binoche in questo come nel precedente lavoro della Denis.
C'è un senso di ricerca in comune tra i due film seppur declinato in maniera molto differente, come è normale che sia, non è così difficile trovare punti di contatto nei lavori dell'autrice parigina che in entrambi i casi si è fatta carico anche delle sceneggiature delle sue opere.
In High life non è però la Binoche a essere la protagonista principale del film, il ruolo è bensì attribuito a Robert Pattinson (molto bravo), un uomo la cui ricerca non è quella di un modo per colmare un vuoto interiore quanto quella della mera sopravvivenza messa seriamente in discussione, e ancor più la ricerca di un equilibrio capace di consentirgli di addivenire una figura paterna valida e, per quanto possibile, amorevole, in una situazione estrema che la Denis, senza indagarla in maniera troppo esplicita, ci presenta con tutto il carico di quesiti etici e morali che si porta dietro.
A un gruppo di condannati viene commutata la pena capitale in favore della partecipazione a una spedizione scientifica a bordo di una navicella spaziale diretta verso un buco nero. Insieme ai condannati sulla nave c'è la dottoressa Dibs (Juliette Binoche) incaricata di portare avanti esperimenti sulla fecondazione artificiale e sulla nascita della vita nel vuoto dello spazio.
Durante la prima sequenza è evidente come l'avventura di questo gruppo di volontari per lo spettatore si vivrà in flashback in quanto il protagonista, Monte (Robert Pattinson), sembra ormai essere l'unico sopravvissuto della spedizione insieme a una piccola bambina che scopriremo presto essere sua figlia Willow (Scarlett Londsey).
L'uomo cerca di mantenere attiva l'energia della nave, di far crescere frutta e verdura in un piccolo orto di bordo e di prendersi cura in solitaria della sua piccola bambina che, incurante della situazione estrema, richiede le attenzioni di un qualsiasi infante nato da poco: cibo, contatto, sonno, coccole, stimoli.
Grazie ai ricordi di Monte impareremo a conoscere alcuni dei precedenti abitanti della stazione spaziale, a partire dalla dottoressa Dibs, una donna con un'oscuro passato alle spalle, votata a una missione riproduttiva asessuata, una donna ancora piena di desiderio che sfogherà nella meccanica stanza del sesso, così come faranno altri passeggeri della nave. Ma non per tutti lo sfogo artificiale per le proprie pulsioni sarà sufficiente. Il tempo (in maniera relativa?) passa, Willow cresce, il buco nero si avvicina...
Come già accadeva per il precedente L'amore secondo Isabelle nel film della Denis sembra che manchi qualcosa per arrivare a una piena compiutezza. All'epoca dell'uscita nelle sale di High life pare che qualcuno definì il film "un Interstellar in tono minore". L'accostamento con il film di Nolan è facile da fare; se il film della Denis non parte mai per la tangente (leggi anche: non sbraca) c'è da dire che manca però del fascino e del coinvolgimento emotivo che, almeno in tutta la prima parte, Interstellar generava senza difficoltà.
Qui ci sono le idee, le riflessioni in nuce su tanti aspetti controversi di quella vita in isolamento, primo tra tutti quella di una giovane donna che si avvicina all'età della maturità sessuale e ha come unico compagno di viaggio il proprio padre (si ok, c'è anche una stanza del sesso). Queste idee, alcune situazioni anche forti, gli scoppi di violenza, la solitudine, il destino nel cosmo, tutte potenzialmente interessanti, non generano quasi mai una visione coinvolgente della vicenda da parte dello spettatore, se sul finale tutto risulta essere anche molto intrigante, il contatto con il film rimane sempre su un livello molto cerebrale.
Nulla da eccepire sulla realizzazione che pur rimanendo abbastanza essenziale si porta a casa un risultato credibile e decisamente ben riuscito, Pattinson aggiunge un'altra buona prova al suo curriculum e si conferma attore capace, probabilmente anche per chi lo aveva mal bollato ai tempi di Twilight, la Denis sembra avere il giusto feeling con la Binoche, probabilmente un'attrice con la quale è difficile sbagliare. Nel gruppo dei passeggeri anche André Lauren Benjamin degli Outkast e Mia Goth. Film ben studiato con diversi spunti, ben realizzato ma che appunto sembra mancare di qualcosa...