Cerca

logo
RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
24/10/2018
Euclid
Heavy Equipment
Due chitarre, basso, batteria, un fracasso allucinante e un amore viscerale per la scena Londinese di East End, per questi fanatici heavy-mod del Maine.

Album di pesantissima fattura già dal titolo e dalla cover, che ritrae i quattro musicisti alla guida di un enorme bulldozer, Heavy Equipment è il prodotto di una sorta di supergruppo del Nord Est formato da ex-membri di Cobras e Lazy Smoke, piccole glorie di tarda psichedelia regionale. Due chitarre, basso, batteria, un fracasso allucinante e un amore viscerale per la scena Londinese di East End, per questi fanatici heavy-mod del Maine.

Tanto per non lasciare spazio a dubbi, ecco gli undici-minuti-undici di Shadow Of Life/On The Way/ Bye Bye Baby una mini-opera hard in tre parti, a metà tra le suite di After Bathing at Baxter's, certi pezzi metallici e modulari dei Nazareth e passaggi iper-ritmici à la Pete Townshend. Shadow Of Life dispiega uno spettacolare effetto metallico, è zeppa di riverberi esagerati, riffoni clamorosi tanto più efficaci quando risuonano nel registro basso delle chitarre, tanto più monumentali se in contrasto con coretti di voci bianche di spudorata ambiguità. Bye Bye Baby chiude il trittico con passaggi di rabbia furente mitigati appena dalla magniloquenza melodica degli interventi solisti, mentre nella parte centrale i fratelli Levitt sfoggiavano un industriale ralentissement da distorta sbornia post-acida.

Non c’è tregua perché la cover di Gimme Some Lovin' restituisce la hit dello Spencer Davis Group in una versione da horror adolescenziale di bassa lega, un’esagerazione megalomane del rock alternativo dei Flamin’ Groovies, prima con un terrificante incedere cingolato, poi enfatizzando il giro armonico discendente, ricoperto con cascate hendrixiane che ne fanno un curioso ibrido tra Foxy Lady e I’m a Man dei Chicago: pezzo definitivo della megalomania testosteronica dell’Hard Rock yankee; da ascoltare.

Per i feticisti kitsch c’è la bizzarra Lazy Livin' che è un pastiche distorto tardo-fricchettone con tanto di giardinetto zen di manifesta pacchianeria e sitar deformati e scarnificati prima di un banale chorus à la David Crosby che aspetta il trapianto in sala operatoria. Gli onanisti dell’Heavy-Rock troveranno addirittura non una ma tre polluzioni: First Time Last Time, 97 Days e She's Gone. Pezzi di sintetica cattiveria, che avanzano col passo della IV Panzerdivision tra ritmiche martellanti ininterrotte ed effetti chitarristici di notevole modernità, sempre dominati con maturità dall’inscindibile coppia ritmica dei prodi Levitt & Mazzota. She’s Gone fa bella mostra del riff più efficace del Nord-Est, sintetico come piace a Roger Glover, ininterrotto, ciclico e potenzialmente infinito: l’ingranaggio dentato di uno schiacciasassi assassino. First Time Last Time si diverte nell’interplay ritmico tra le chitarre e sarebbe ben mimetizzata perfino su Metal for Muthas. Basta così; It's All Over Now è la banale nota super-mod che chiude questa cavalcata diesel su cingolati da battaglia. Nessun’altra uscita discografica per il gruppo.

Piccola etichetta, grande valore. I vinili originali Flying Dutchman (etichetta rosso-gialla a cerchi concentrici) non scendono sotto i 150 $ e le copie migliori ormai si assestano stabilmente oltre i 250.

CD ristampato con parsimonia: tra i 12 e i 20 euro, con prezzi più convenienti su Amazon.de. Riscoprirlo può valerne la pena.

 

Gary Leavitt - Leader, Guitar & Vocals

Harry "Maris" Perino - Bass & Vocals

Ralph Mazzota - Guitar & Vocals

Jay Leavitt - Drums & Vocals