Ned Doheny quando diede alle stampe “Hard Candy” nel 1976, aveva già all’attivo un album uscito nel 1973, tra l’altro come primo artista scritturato dalla nascente Geffen Records, dove già si intravedevano i primi germogli del futuro sound. “Hard Candy” è prima di tutto un album ben suonato e ben prodotto, dietro la console abbiamo infatti Steve Cropper, i musicisti che collaborarono a far diventare il disco una pietra miliare del genere vanno da – oltre allo stesso Cropper – David Foster, Victor Feldman, Dennis Parker, i Tower of Power ai fiati e come backing vocals abbiamo gente del calibro di Glenn Frey, Don Henley, Linda Ronstadt, J.D. Souther e di nuovo Steve Cropper. Chiaro che con un parterre del genere i caporioni della casa discografica si aspettavano il botto, cosa che purtroppo, come successo ad altri musicisti del pop west coast, non avvenne. Infatti, dopo il terzo album del nostro, “Prone”, uscito nel 1978 – altro capolavoro del genere tra l’altro – gli fu rescisso il contratto, così che per ascoltare ancora Ned Doheny si dovranno aspettare ben 10 anni, quando verrà pubblicato “Life After Romance” editato per un’etichetta giapponese. Ritornando ad “Hard Candy” c’è da dire che è molto difficile consigliare una canzone specifica; sono infatti nove brani qualitativamente superbi, raffinati senza essere rileccati e con una produzione asciutta ed essenziale.
La scrittura sopraffina di Ned avrà la sua celebrazione con canzoni coverizzate da Mama Cass, dall’Average White Band e da Chaka Khan che trasformerà in hit “Whatcha Gonna Do For Me” e cosa principale, le sue composizioni sono state da esempio per i musicisti che si sono cimentati con le raffinatezze del pop californiano. Disco introvabile per anni, è stato ristampato nel 2011, nudo e crudo come allora e senza improbabili inediti.