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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
23/07/2018
Hillow Hammet
Hammer
Quella copertina che potrebbe essere stata disegnata da un Peter Hammill in estasi da Edda Minore, raffigurante una valle florida su cui troneggia un martello argentato, non potrebbe sviare maggiormente.

E passi che il titolo dell’album sia appunto “Hammer”. Dalle parti di Memphis non è il tempo delle fate; non lo è mai stato.

Allora prendetevi il vostro pick-up, la lattina di Bud, pulite appena il parabrezza dalla polvere della strada, e alzate il volume, perché caterve del più diseducato rock degli USA profondi vi sta per ricoprire di vapori alcolici e saturnini assoli rotti solo da sermoni tradotti da un esaltato gospel da pub.

Con un vocione da Bob Seger isterico in trasferta (Nobody But You) e chitarre onnipresenti che menano fendenti a caso nel mucchio senza badare troppo all’estetica (Slip Away), gli Hillow Hammet si mantengono sul sottile filo di una deriva anarcoide apprezzabile, dando fondo a prepotenze ritmiche e singulti funky di Hammond che disegnano un blues rock intriso di whiskey e polvere pirica. Home manderebbe in visibilio qualunque discepolo Southern, mentre Brown Eyed Woman scatena segugi hendrixiani sulle tracce dei Funkadelic meno in acido.

Sbruffoni come certe sparate dei Cactus o dei Leaf Hound (Come with Me, un riffissimo di splendida cafonaggine, ma anche la cowbell di We Want To Be Free mica scherza…), incoscienti come circensi senza una solida rete sotto, si fanno apprezzare per la velocità dei tempi e la strapotenza di uno schieramento sonoro che allinea due chitarre, due tastiere e due batterie: lasciano poco al silenzio e all’immaginazione, ma il loro bombardamento è veramente a tappeto.

Tanto che le bizzarrie ultra pompate di una cover dark di Fever e una addirittura di Oh Happy Day (sì, quella delle pubblicità del panettone a Natale…) sembrano quasi al loro posto naturale, in questo regno di anabolizzati rockettari con capelli che arrivano alle ginocchia e le Harley rombanti sotto il culo.

Un buon album per i fan del genere; una cover originale seppur maldestramente illustrata, una label quantomeno remota: scambi ridotto all’osso ma a prezzi non da vero capogiro. Oltre i 100 euro, sì, ma non più di 200.

Al CD ha provveduto la sempre lodevole Gear Fab: 15 euro circa, tutto compreso. Su Amazon è disponibile anche il download digitale.

 

Ronnie Barcley - guitar 

Chuck Bennett - vocals, bass, keyboards            

G.C. Coleman - drums  

Mike Previty - percussion          

Jack Register - bass       

Steve Spencer - organ, piano, electric piano     

Pete Williams - guitar