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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
20/02/2020
Giacomo Deiana
Guardando la vita a favore di suono
“Ovviamente la cecità contro la quale combatte chi non vede, e più in generale chi ha una disabilità, è quella degli altri” (Giacomo Deiana)

Il pop ha mille facce… il pop d’autore intendo. Quello cioè che diviene intreccio e trama, che diviene vita racchiusa dietro un dettaglio piccolo ma significativo. Che diviene poi significante stesso del tutto. Ho sottolineato questo disco, con cui ho il piacere di collaborare, e lo faccio per la sensibilità acuta che ha verso una sensibilità quotidiana che è venuta a mancare: la vista. E non è un metro di valutazione o un bandiera d’eroi partigiani quella che voglio sventolare sulle vostre teste. Ma è soltanto (si fa per dire) l’energia umile del saper fare un mestiere e del saper essere artista.

Guardando questo video di lancio e poi, a seguire, misurando ogni istante di questo disco che ha intitolato “Single” - single nella vita, single come numero di attorni in questo quadro di sola chitarra acustica e voce, single come voce narrante in un disco che a suo modo è corale - ho trovato geniale ed importante la sfida che l’uomo tende a se stesso in un’era in cui l’uomo a se stesso non riesce più a significare molto. Marco Oppo ha diretto la cecità di Giacomo Deiana (se mi si permette una simile didascalia riferendomi al video di lancio) e lo ha fatto in modo magistrale restituendo al cantautore sardo la capacità di sfidare l’attenzione e la vista degli altri… dimostrando, a chiunque cedesse il passo ad altro di fronte alla “monotonia” delle scritte, quanto la vera cecità è chiusa nella banalità della fretta che ci rende fintamente “intelligenti” e aridamente attenti sulle cose.

La canzone d’autore di Giacomo Deiana è un ricamo ad uncinetto antico, dove trame di sola chitarra acustica si accostano a canzoni che hanno la dolcezza di alcune giornate di campo e la violenza di pochissime coscienze mature. È una canzone che non ha presunzione e debiti di tempo, non ha il fiato pesante per la corsa al successo e al successo non guarda neanche con la fame che le mosche celebrano sugli avanzi. Giacomo Deiana è un artista che vive a prescindere. E dentro ci troviamo Max Manfredi e Andrea Andrillo, Pier Paolo Liori e Giuliana Lulli Lostia. Dentro ci troviamo qualcosa che all’ufficio marketing etichettano come vecchio e fuori moda. Dentro ci troviamo il dialogo di chi ha solo le parole ed il suono per vedere e per farsi vedere. Eppure, noi che abbiamo anche i telefoni, siamo ciechi e sordi e inutilmente capaci di costruire le case.

Fuori piove… o forse è soltanto il suono di qualcosa che assomiglia alla pioggia. Tanto non usciremo mai per vedere. Basta far finta di saperlo e poi averci anche il tempo di scriverlo sui social.

“Single” va guardato…

Partiamo dalla fine. E per me la fine è la televisione, Sanremo, i talent… la fine sono i contenuti virali di youtube e la massa di commenti che a valanga sostengono la vita di tutte queste cose. E nel mazzo non faccio alcuna distinzione… tutto questo ha un ingrediente unico: la vista. Sono tutte cose che possiamo vedere, estetiche e sfacciate, un bello che arriva senza filtri e senza educazione. Ti faccio una domanda violenta ma temo assai significativa: quanto il non vedere ti ha salvato dalla banalità di questo mondo?

Se dovessi risponderti così, di pancia, ti direi: Neanche un po'!

Infatti queste realtà esistono e anche chi non vede e fa musica deve farci i conti, perché una cosa è non avere la vista, un altro è voltarsi dall'altra parte per non vedere. Comunque non metterei proprio tutto nello stesso calderone. I talent non li ho mai seguiti perché non ho la tv a casa, quindi mi arriva solo la eco di ciò che succede dentro questi immensi contenitori nei quali, così sospetto, la musica ha uno spazio piuttosto risicato, così per la maggior parte dei format televisivi che hanno o dovrebbero avere i musicisti e cantanti come protagonisti.

YouTube invece mi sembra abbia un po' di libertà in più per quanto riguarda i contenuti, tenendo da parte, ovviamente tutte le strategie che fanno il successo di un video e che, anche in questo caso, hanno ben poco a che fare con la sostanza artistica che dovrebbero veicolare.

In sintesi il punto che hai centrato in pieno è che la rincorsa a cui sei costretto da non vedente in un mondo di immagini rende l'attività del musicista, nel mio caso, un po' una caccia al fantasma, l'inseguire un'ombra inafferrabile, la necessità di adattare il proprio modo di pensare a punti di vista certamente non immediatamente intuibili.

Insomma, una faticaccia!

Tra l’altro, parentesi importante, stai conducendo una grande battaglia “contro la cecità” … ti va di parlarcene?

Certamente! Ovviamente la cecità contro la quale combatte chi non vede, e più in generale chi ha una disabilità, è quella degli altri!

Per altri intendo istituzioni, accademie, aziende, tutti i luoghi in cui ci sono limitazioni che rendono o possono rendere più povera la vita di chi ha più difficoltà ad accedere a servizi, tecnologia, posto di lavoro.

In particolare, nel mio caso specifico, la mia, chiamiamola così, “battaglia” si muove su due fronti: quello dell'accessibilità ai corsi di studio nei conservatori e nelle accademie d'arte, e quello dell'accessibilità alla tecnologia dedicata alla musica.

Mentre la prima richiede uno sforzo principalmente culturale ed economico, la seconda è molto meno dispendiosa ma richiede la giusta sensibilità e attenzione da parte delle aziende produttrici.

Rendere accessibile a chi non vede una qualunque macchina digitale oggi è veramente semplice e non sai quanto fa rabbia vedere che la maggior parte delle aziende eludono ogni richiesta o fingono di non capire di cosa si sta parlando.

Chiunque fosse interessato ad approfondire questi argomenti o confrontarsi con me per studiare nuove strategie può contattarmi sulla mia pagina Facebook o tramite il mio sito.

Oggi la musica, parlando di quella che passa per i grandi media, ha un dialogo che sinceramente duro fatica a comprendere… ad accettare. Ne vedo i frutti sulle nuove generazioni che trovano riferimenti in chi non ha alcun tipo di poesia nel declamare violenza e sesso, decadimento nelle tante derive possibili. Certamente c’è tanto altro ancora… ma sembra che solo questo interessi i grandi circuiti. Secondo te perché? Cosa percepisci da quel che ascolti attorno?

Ti dirò, se penso a tanta della musica che ho ascoltato in adolescenza, e che tuttora ascolto, non è che i messaggi e l'iconografia che ne fanno parte integrante fossero molto più poetici e costruttivi!

Mi riferisco a tanto del metal che ancora amo e che fa della dissacrazione dei valori legati per esempio alla religione un suo tratto distintivo.

Ogni generazione vuole rompere con le precedenti, dare fastidio, provocare, fare tutto ciò che la fa sentire distante dal sentire comune e, senza rendersene conto, in realtà sta semplicemente sposando un altro tipo di conformismo.

I giovani vanno protetti, capiti, tenuti in massima considerazione, rispettati, non giudicati o, cosa che è sempre accaduta, considerati come consumatori da spremere, anziché coloro che avranno in mano il futuro dell'umanità.

I ragazzi hanno necessità di buoni esempi, non di prediche o consigli, cosa che è molto più impegnativa per noi adulti.

In ultimo non voglio dimenticare che tanti dei miei alunni vengono a lezione con la voglia di approfondire lo studio della musica, ascoltando le proposte attuali e amando al contempo anche gli album che hanno imparato a conoscere grazie ai propri genitori.

Non voglio esprimermi su questo disco, sarei di parte. Dico solo d’averlo trovato pulito. Ecco una parola che mi piace: pulizia. Pensi che essere se stessi sia una grande prova di pulizia? Spirituale intendo...

Grazie, pulito mi piace, anche se a volte ho la tendenza ad esserlo fin troppo, musicalmente parlando!

Se butti un occhio ai social noterai che si fa un gran parlare dell'importanza di essere se stessi, sarai sommerso da una quantità di dichiarazioni altisonanti e citazioni che sprizzano saggezza da ogni parte, poi però, in sostanza, cosa rimane?

Alcuni pensano che essere se stessi significhi dire tutto ciò che passa per la testa fregandosene della sensibilità di chi hanno di fronte, oppure andare appresso alla propria emotività, in un continuo sballottamento tra desideri e impulsi contrastanti.

Per come la vedo io scegliere la propria strada, percorrerla riuscendo a tener fede ai propri valori, senza tuttavia essere sordo alle opinioni di chi si ha vicino, senza rifiutare un dialogo aperto e disarmato, è qualcosa che richiede un coraggio da leoni, una determinazione incrollabile.

Per essere se stessi occorre essere persone forti, una persona debole è influenzabile, aggressiva e manipolabile, vive di pregiudizi e preconcetti, eleva barriere e disegna confini.

Un’altra parola che userei è essenziale, inteso come privo di ridondanze. Come a dire che “Single” è un disco che ha tutto per bastare a se stesso e non cerca sfarzi e sovrastrutture di chissà quale natura per essere. Oggi la “musica” che passa ha produzioni assurde, sono impalcature tutt’altro che naturali…

Infatti essenziale voleva essere!

Per me una prova non da poco, affrontata anche con un pizzico di sfrontatezza, nel mio piccolo.

Il tentativo è quello di riportare in studio ciò che realmente succede quando compongo un brano, conservare lo scheletro armonico e rivestirlo di pochi elementi, mettendo a nudo la vera anima delle composizioni.

Amo i dischi in cui tanti strumenti concertano e creano atmosfere sempre cangianti e trasportano l'ascoltatore per luoghi lontani tra loro, però stavolta avevo proprio desiderio di portare il piccolo da osservare, se lo si desidera, al microscopio e scoprire che nel dettaglio si nasconde il vero valore.

Parliamo di tautogrammi. Molti si offenderanno ma temo che la maggior parte delle persone non sa cosa significhi. Rimasticando una grande citazione sui Beatles, oggi tutti conoscono parole come frate o scialla mentre ignorano l’italiano che passa anche per parole come tautogramma. Ecco: fermiamoci qui se sei d’accordo. Da cantautore, come pensi che si stia anche violentando il linguaggio, quanto stiamo trasformando le parole?

Per prima cosa posso dirti che se un tautogramma è scritto bene l'ascoltatore non si accorge che sta ascoltando un testo scritto secondo una regola ben precisa e metatestuale.

Io sto sempre molto attento a esprimere giudizi sul lavoro di artisti lontani dal mio sentire e da ciò che amo, mi limito ad osservare. Come sempre generalizzare porta il rischio di perdere anche ciò che di buono c'è in un fenomeno artistico.

Per esempio ho conosciuto dei rapper che hanno la metà dei miei anni e un vocabolario impressionante, una fluidità di parola, un senso del ritmo nel testo che trovo sorprendente.

Poi c'è da dire, parafrasando il maestro Battiato, che il mio snobismo mi tiene lontano da certa musica, quindi ciò che trovo volgare o poco autentico non lascia traccia di sé nel mio limitato cervellino!

Qualche studio scientifico ha dimostrato che oggi l’attenzione media dura solo pochi secondi. Dunque un video come “Serena” che impone la LETTURA per tutta la durata del brano diviene un prodotto alieno alla massa. Un cantautore dunque si trova ad essere un oggetto che parla al "nulla"… o comunque ad una corte ristrettissima di persone. Davvero ristrettissima. Dunque dove trovi il senso da dare al gesto di cantare, di inviare i tuoi messaggi alla gente che mediamente ha pochi secondi di attenzione?

Certo chi fa musica, inutile negarlo, vorrebbe che il suo pubblico fosse il più vasto possibile.

Il fatto è che io proprio non riesco a tagliare, comprimere, sintetizzare a discapito del mio personale senso dell’equilibrio, piegarmi ad esigenze aliene al prodotto musicale, proprio per essere certo che il messaggio, il senso di ciò che voglio comunicare, sia stato adeguatamente esposto.

Perciò se un mio brano dura cinque minuti e non due e mezzo è perché in ogni secondo di quei minuti per me c'è qualcosa di importante, oltre al fatto che nutro una grande fiducia nel pubblico, che spesso riserva sorprese in termini di comprensione e capacità di ascolto.

Se faccio male non lo so, però così mi sento!

Chiudo, promesso. Sei un insegnante… dalla voce delle nuove generazioni, che musica arriva?

Intanto premetto che c'è un filtro significativo quando si insegna in una scuola di musica come sono le scuole civiche, perché chi si iscrive quasi sempre ha già il desiderio di studiare uno strumento, a prescindere dal livello che intende raggiungere.

La maggior parte dei miei allievi ama il rock più classico, che hanno ascoltato grazie ai genitori.

Altri sono ancora alla ricerca di qualcosa che attiri veramente la loro attenzione o accenda una passione sincera.

In ogni caso il più delle volte mi diverto parecchio a lezione, la varietà di caratteri e di approcci alla vita di questi ragazzi mi costringe a non distrarmi un attimo, a non interrompere l'ascolto neanche per un istante, riuscire a valutare dove c'è un reale desiderio di mettersi alla prova oppure la paura di non essere all'altezza delle proprie stesse aspettative.

Questo è certamente faticoso ma molto gratificante, sia per me che per loro, soprattutto quando iniziano ad arrivare i primi frutti del proprio impegno.

Per ben insegnare bisogna saper ben ascoltare, se lo si fa solo per avere una sicurezza economica in più si fanno quasi sempre danni e si sciupa una meravigliosa occasione di crescita personale, sia per chi insegna, sia per chi impara, e i due ruoli, giova non dimenticarlo, sono sempre intercambiabili.


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