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REVIEWSLE RECENSIONI
19/04/2022
The Linda Lindas
Growing Up
La prova che il vero spirito del punk non è morto è qui: si chiama The Linda Lindas. Sembra incredibile, ma è tutto vero. "Growing Up" non è solo uno dei dischi punk dell’anno, ma una delle ragioni per cui si può affermare che il punk, nel suo senso più puro, continuerà a vivere ancora a lungo.

“Qualunque cosa tu voglia dire, dovresti dirla ed esserne orgoglioso”

(The Linda Lindas)

 

Il fatto che il punk da anni stia rischiando di essere una sorta di ultimo rifugio delle generazioni che hanno dai 30 ai 60 anni, legato inestricabilmente alle (per quanto meravigliose) solite band, o, nella peggiore delle ipotesi, una moda che viene ancora una volta sfruttata, mercificata e svuotata del suo significato, è un dato di fatto. Certo, come sempre ci sono delle eccezioni alla regola, ma basta guardare al pubblico che si può trovare sotto palco ai concerti punk per rendersene conto. Il rischio di ritrovarsi tra qualche anno con le band storiche sempre più morte o in pensione e una scena che - esaurita l’energia dei 30-40enni di adesso che ancora rimangono fedeli alla linea - è destinata a scomparire, è triste e reale. Il ricambio generazionale, che lo si voglia ammettere o no, è fondamentale.

Dalla fine degli anni Settanta il punk ha insegnato a ragazzi e ragazze a pensare con la propria testa, ad alzare la voce per dire cosa non era giusto, a urlare e ribellarsi quando serviva, a incoraggiare chiunque a poter suonare perché in fondo per riuscirci bastava solo uno strumento, qualche accordo e la voglia di farlo, ma soprattutto a fare da soli qualsiasi cosa avessero voluto, perché non serve aspettare nessuno: sii creativo, pensa fuori dagli schemi; se non c’è o non puoi averlo fallo tu. Sei tutto ciò che ti serve per fare ciò che vuoi.

Quello che serve alla comunità punk, di conseguenza, è un ricambio vero, quello di ragazzi che non solo apprezzino il punk come musica anche nella sua forma più primigenia (al netto delle derive e contaminazioni successive), ma che abbraccino lo spirito e il senso della parte migliore della scena, nel suo significato più generativo, di self-empowerment ma anche di divertimento, senza fermarsi al mero acquisto di abiti o di un finto atteggiamento da ribelli. I migliori punk negli anni Settanta e Ottanta hanno creato costumi e vestiti, riviste e fanzine, organizzato concerti e proteste, inventato modi di esprimersi e quant’altro, e questo non solo nella scena inglese o americana, ma anche in quella italiana (il Great Complotto a Pordenone, le fanzine e i concerti milanesi, etc.). In una società complessa e costantemente sull’orlo del disastro come quella odierna, coltivare menti che vadano controcorrente, che non si lascino incantare dalle mode o dalle masse, che sappiano essere sicure di se stesse e di quello in cui credono, siano in grado di affermarlo con forza e convinzione, ma sappiano anche trovare il modo di divertirsi nel frattempo, non è solo fondamentale, è vitale. Ci saranno ancora?

A quanto pare la risposta è fortunatamente sì. Alcuni lo possono vedere nei comportamenti, pensieri e ascolti dei propri figli, altri in qualche nuovo volto sotto il palco, ma sopra il palco? Ci sono le Linda Lindas!

 

Cresciute a pane e massicce dosi di punk anni Settanta, Ottanta e Novanta, le Linda Lindas sono quattro giovanissime ragazze asiatico-latino-americane, di 11-14-15 e 17 anni. Due sorelle, una cugina e la loro migliore amica. Un gruppo di amiche che sta crescendo insieme tra negozi di dischi, negozi di abiti vintage e i matinée all’Amoeba Records di Los Angeles. Vans e Doc ai piedi, una passione insana per i gatti, il punk e la new wave old school, l’ammirazione per le riot grrrls à la Bikini Kill, di cui sono grandi fan, e la voglia di darsi una mano in questa strana fase della vita chiamata adolescenza, condividendo paure e speranze, ma anche ridendo e scherzando un sacco. Dopo essersi nutrite di centinaia di dischi, riviste, libri e documentari, come nella migliore tradizione punk, nel 2018 hanno deciso di fondare una band insieme. Il nome? L’idea deriva da un film giapponese del 2005, Linda Linda Linda, che parla di un gruppo di ragazze che fondano una band. Neanche a farlo apposta il titolo stesso si riferisce alla canzone “Linda Linda” del gruppo punk The Blue Hearts, anch'esso giapponese; insomma, non poteva esserci scelta più adatta.

 

Dubbi sul fatto che siano troppo giovani? Che siano ragazze? Che non sappiano suonare? Che qualcuno scriva al posto loro? Che siano qualcosa di costruito? Che si atteggino in maniera strana o esagerata? Che non siano “abbastanza punk”? Dubbi legittimi, ma totalmente infondati. Le ragazze sono la forma in qualche maniera più pura e incontaminata di punk, quasi fossero uscite magicamente da uno strano incrocio tra il 1978 e il 1982: sono dolci, incazzate, divertenti, semplici, leggere, spensierate ed estremamente consapevoli. Suonano un puro punk anni Settanta-Ottanta, con giusto un pizzico di Novanta, pienamente old school, tanto che in alcuni passaggi sembra di ascoltare qualche cofanetto di punk inglese 1978 o di new wave, ma registrato con una produzione 2022.

Lucia (chitarra e voce), Bela (chitarra e voce), Eloise (basso e voce) e Mila (batteria e voce) scrivono di loro pugno le canzoni e lo fanno su ciò che conoscono, senza artifici e con semplicità, parlando della loro quotidianità tra gatti, riflessioni di empowerment femminista e pensieri su cosa significhi per loro crescere, come testimonia il nome dello stesso album di debutto, Growing Up.

 

«Crescere non è qualcosa che possiamo far accadere quando vogliamo, ma visto che stiamo crescendo tutte insieme, credo che crescerò con voi. Possiamo prendere le redini a turno, appoggiarci l'un l'altro quando abbiamo bisogno di un po' di forza extra. Non cederemo mai o non vacilleremo mai, e diventeremo sempre più coraggiose. Balleremo come se non ci fosse nessuno, balleremo senza preoccupazioni. Parleremo dei problemi che condividiamo, parleremo di cose che non sono giuste. Canteremo di cose che non conosciamo, canteremo alla gente e mostreremo cosa significa essere giovani e crescere. Sotto il tavolo, ci sussurreremo l'un l'altra nelle orecchie. Condivideremo le nostre speranze e i nostri sogni, e tutte le nostre più grandi paure. E quando ci bruceremo per saltare nel fuoco, non ci stancheremo mai, perché troveremo sempre il modo di volare più in alto. Mi creo i ricordi più belli che posso. Quando ci sono notti che non riesco a dormire, alla fine va bene così. So che quello che faccio ora mi rende me stessa. Prenderemo il bene e il male, tutti i momenti che avremo. Faremo durare ogni momento. Ci copriremo le spalle a vicenda. Perché alla fine non sappiamo. Non sappiamo dove andremo, quindi c'è ancora un po' di tempo, crescendo». (“Growing Up”)

 

Il songwriting è molto maturo, soprattutto nella costruzione delle strutture sonore, delle linee melodiche e dei riff, capaci di essere orecchiabili ma anche dritti, duri e decisi. Le ragazze si dividono i compiti di scrittura delle canzoni e cantano tutte e quattro, spesso basandosi su chi ha scritto cosa, esprimendo ognuna i propri pensieri più intimi con candore e precisione. Lo fanno inoltre molto bene anche dal vivo, divertendosi come matte nel farlo, con un grande sorriso addosso che non riescono a spegnere, nemmeno quando Eloise urla arrabbiata.

Le ragazze hanno preso in mano gli strumenti per passione, divertimento e amicizia, senza che nessuno le abbia spinte a farlo e senza che nessuno, loro per prime, si aspettasse nulla, ma nessun timore: sanno ormai suonare dannatamente bene, e non solo in studio, i diversi live che si possono trovare online lo dimostrano. Le occasioni per essere su un palco nei più diversi contesti l’hanno avuta, suonando addirittura di spalla a band culto della scena punk losangelina quali Bikini Kill, Karen O degli Yeah Yeah Yeahs, Alice Bag e Gina Schock delle Go Go's, presentando sia cover di band punk e new wave underground sia canzoni proprie. Nessuno però si sarebbe aspettato che la loro incredibile performance di "Racist, Sexist Boy" per la Los Angeles Public Library nel maggio 2021, in occasione del mese del patrimonio degli asiatici americani e delle isole del Pacifico (nato per riconoscere i contributi e l'influenza degli americani asiatici e degli americani delle isole del Pacifico nella storia, nella cultura e nei risultati degli Stati Uniti) le avrebbe messe sulla bocca (spalancata) di tutti. E non sono nemmeno maggiorenni. Il potenziale è enorme.

La traccia in questione, scritta da Mila e Eloise e cantata da Eloise, è stata ispirata da una vicenda reale accaduta a Mila: un compagno di classe che, dopo aver saputo che lei era di origine cinese, non ha voluto più saperne di lei perché suo padre gli ha detto di tenersi lontano dai cinesi. La canzone se la prende quindi in maniera semplice e diretta con i comportamenti razzisti e sessisti che escono dalla bocca di molti ragazzi, riflettendo sul fatto che se si rendessero conto prima che fosse troppo tardi che quella che stanno perpetrando a suon di parole stereotipate è una trappola anzitutto per se stessi, forse avrebbero ancora la possibilità di diventare uomini migliori. "Noi ricostruiamo ciò che voi distruggete", urla Eloise, come non darle ragione?

Un mese dopo, raccolte tutte le canzoni che avevano scritto negli ultimi tempi, sono state scritturate dalla Epitaph di Brett Gurewitz e si sono subito messe al lavoro per il loro primo album, chiudendosi in studio con Carlos de la Garza, batterista di molte band californiane, produttore di band quali Paramore, Best Coast e Bad Religion, oltre che padre di Lucia e Mila, il quale ha supervisionato la registrazione e la produzione del disco. Attenzione però alle accuse di nepotismo, le ragazze si sono guadagnate la loro reputazione grazie al loro valore. Ascoltare per credere.

I video che accompagnano le loro canzoni o le loro esibizioni live sono colorati, divertenti e testimoniano meglio di qualunque parola lo spirito della band. Le recensioni entusiaste alle ragazze, sia dopo il video alla Public Library, divenuto virale, sia dopo la pubblicazione dei loro singoli, sono arrivate da ogni dove: nomi del calibro di Hayley Williams, Questlove, Flea, membri dei Rage Against the Machine e dei Sonic Youth non hanno potuto esimersi dall’esprimere il loro apprezzamento.

 

Growing Up è un piccolo gioiellino di 10 canzoni e poco più di 25 minuti, meraviglioso in ogni sua traccia. Menzione particolare alle bellissime “Oh!”, “Growing Up”, “Fine” e “Why”, ma senza nulla togliere alle altre, che scorrono perfettamente nelle casse. Anche “Cuántas Veces”, la traccia più posata e l’unica che richiama le loro radici (anche) latine, che potrebbe dirsi quella meno forte del disco, se si segue il testo ha comunque una sua ragion d’essere, perché dietro ogni animo punk forte e indomito c’è un cuore che ha cucita addosso qualche toppa: «Insicurezza, disagio, si burlano di me e del modo in cui sono. Quante volte devo dirlo, che sono stufa di sentirmi così. Sono diversa. Non come gli altri. E non tutti mi capiranno. Siamo tutti perfetti, in tutte le forme, in tutti i modi e in tutte le azioni».

 

Probabilmente anche voi non crederete mai davvero al valore delle Linda Lindas fino a che non vi concederete di sentirle e vederle all’opera, ma una delle prime reazioni, dopo averle viste e ascoltate per un po’, non è “che bell’esempio per i giovani, una bella band per ragazzini/e”, quanto piuttosto che probabilmente la maggior parte dei gruppi che si credono punk dovrebbero probabilmente vergognarsi a confronto. Queste ragazze con semplici abiti colorati, a fiori o qualche maglietta di band seminale, un paio di Vans, l’ombretto che disegna un gatto sulle palpebre, una Fender o un paio di bacchette addosso hanno più carisma e attitudine di molti di loro, alla faccia di qualsiasi tatuaggio, borchia o vestito succinto.

Un ritorno alle basi, ai fondamentali del punk e di cosa voglia dire essere in una band, essere una ragazza o semplicemente essere una persona sana in questa società insana. Una lezione per tutti, al di là di qualsiasi età o genere. La fierezza dello spirito e la purezza degli intenti tolti tutti gli orpelli. La migliore incarnazione di riot grrrl che la scena punk potrebbe desiderare: delle ragazze intelligenti, capaci di fare gruppo, di stimarsi a vicenda, di credere fortemente in loro stesse come donne e come persone, di lottare, ribellarsi, pensare fuori dai canoni consueti e divertirsi insieme. Tutto ciò di cui il peggio del mondo dovrebbe avere paura, tutto ciò di cui il meglio del mondo dovrebbe essere orgoglioso. Se questo è il futuro possibile, abbiamo ancora speranza.