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MAKING MOVIESAL CINEMA
Great Freedom
Sebastian Meise
2021  (Mubi / FreibeuterFilm, Rohfilm Productions)
DRAMMATICO
7,5/10
all MAKING MOVIES
01/08/2024
Sebastian Meise
Great Freedom
Great Freedom è un affresco fatto d'amore e d'emozioni, ma soprattutto di rispetto e affermazione. Un film austriaco tra i pochi che hanno ricevuto riconoscimenti in Europa, oltre che un prison movie un po' atipico. Great Freedom ha la capacità di esprimere profondità e potenza senza uscire dai bordi, una qualità non appannaggio proprio di tutti.

L'Austria non è tra i maggiori produttori al mondo per quel che riguarda film di un certo peso, con questo Great Freedom (titolo internazionale) i mitteleuropei mettono a segno un ottimo colpo, il film di Sebastian Meise viene infatti scelto per rappresentare il Paese e concorrere alla categoria "miglior film internazionale" all'edizione 2022 degli Oscar dove non vincerà, ma raccoglierà comunque premi in giro per l'Europa tra i quali "miglior attore" per il bravissimo Franz Rogowski al Torino Film Festival, il premio della giuria al Festival di Cannes (Un certain regard) e un altro paio di riconoscimenti agli European Film Awards, un'ottima presentazione per tutti quegli spettatori che volessero affrontare ora la visione del film su piattaforma (Mubi, lingua originale con sottotitoli).

È un "prison movie" un po' atipico questo Great Freedom, un dramma (e che dramma!) dove a farla da padrone è l'amore: l'amore per l'altro, l'amore per le proprie scelte e per la propria natura, l'amore per il sesso (e il sesso per l'amore e non solo), l'amore per la propria dignità e su tutto l'amore per l'amore, forza dirompente che sostiene la resistenza e permette il compimento di scelte difficili e la vita stessa in situazioni di ingiustizia estrema e reiterata (in ambiti dove non tutti ce la fanno).

 

La storia di Hans Hoffmann (Franz Rogowski) segue in qualche modo quella del Paragrafo 175, una sezione del codice penale tedesco in vigore fin dalla fine dell'800 e rimasta in piedi, con alcune revisioni, fino al 1994, praticamente l'altro ieri. Il suddetto "paragrafo" condannava i rapporti omosessuali tra uomini, nel corso del tempo questa legge è stata inasprita o alleggerita in base all'aria che tirava nel paese.

Ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, in generale in tutta l'epoca nazista, il Paragrafo 175 fu l'appiglio del governo per perseguire in maniera sistematica gli omosessuali per poi internarli nei campi di concentramento, una situazione ignobile che purtroppo migliorò davvero di poco con la sconfitta dei nazisti; infatti la legge rimase in piedi anche dopo la guerra e gli internati nei campi con il "triangolo rosa" si videro trasferire direttamente dai campi di concentramento alle carceri tedesche.

È più o meno in questo momento che iniziamo a seguire la storia di Hans, una storia che non procede in maniera lineare nel tempo, nel passaggio al carcere Hoffmann viene per la prima volta in contatto con il compagno di cella Viktor (Georg Friedrich), un uomo prima restio ad avere contatti con un omosessuale, poi via via sempre più comprensivo fino a sviluppare una vicinanza al compagno di reclusione sempre più forte.

Nel frattempo Hans, schiena dritta e dignità sempre altissima e intatta, porta avanti con coerenza la sua esistenza in armonia con il suo essere, troverà in carcere amore e dolore fino a quando quel maledetto Paragrafo 175 verrà abolito; finalmente Hans tornerà alla vita, il suo amore però è rimasto dentro quelle mura ormai così familiari.

 

Il regista Sebastian Meise ci introduce alla vicenda con un montaggio di una serie di filmati che inchiodano Hans nei suoi momenti di trasgressione e che lo porteranno a scontare una delle sue multiple condanne per omosessualità. Nel film non vediamo il lasso di tempo relativo alla detenzione di Hans nei campi di concentramento, la narrazione si concentra dal dopoguerra fino al momento in cui la legge verrà alleggerita permettendo al protagonista di venire scarcerato.

La figura centrale del film, quella di Hans, supportata in maniera esemplare dalla presenza del Viktor interpretato altrettanto magnificamente da Georg Friedrich, mette al centro della narrazione l'importanza di non tradire mai sé stessi, a costo di altre detenzioni, della perdita della libertà, di reiterati periodi di isolamento.

Narrato in maniera equilibrata e mai sensazionalistica o sopra le righe, Great Freedom è un affresco fatto d'amore e d'emozioni (tra le quali c'è anche molto sesso) ma soprattutto di rispetto e affermazione; fondamentale in questo l'interpretazione di Franz Rogowski che anche nei momenti di lussuria trasmette sempre il giusto contegno, un personaggio colmo della sicurezza d'essere nel giusto, del vivere senza far del male ad alcuno (a differenza di altri uomini condannati per motivi diversi).

Meise costruisce a poco a poco, detenzione dopo detenzione, un percorso interno al carcere che porta Hans a trovare il suo equilibrio nelle dinamiche che la sua vita da recluso gli offre: nel carcere l'uomo troverà l'amore, il lavoro, tanti uomini ovviamente, la solidarietà, tanto che nel momento della libertà, come accade in tanti drammi carcerari, non saprà come gestire la sua nuova condizione di cittadino libero. Great Freedom ha la capacità di esprimere profondità e potenza senza uscire dai bordi, una qualità non appannaggio proprio di tutti.