Elettrizzati dai fasti di The Parable Of Arable Land (addirittura 300.000 copie vendute), sostituito il batterista fondatore Rick Bartheleme con Tommy Smith (gli altri componenti: Mayo Thompson, chitarra; Steve Cunningham, chitarra), arricchitisi di un K (a causa di beghe legali) e di leggende varie (il volume dei loro amplificatori stecchì un cane), ecco i Red Krayola pronti per i quadretti sbilenchi di God bless…
Il lavoro, proprio a causa di tale frantumazione (diciannove tracce per soli trentasei minuti), suona felicemente svagato e sembra non andare, coerentemente, da nessuna parte. I non musicisti, però, sono al loro meglio: coretti da freak out zappiano (Music), canzoncine psichedeliche disturbate da colpi in primo piano (Shirt); provocazioni (Listen To This, di sei secondi); amabili canzoncine con voci fuori sincrono (Save The House); canzoncine ortodosse (Victory Garden) o quasi (Leejol, Sheriff Jack, Dairymaid’s Lament, Coconut Hotel, proveniente dalle sessioni dell’album omonimo rifiutato dalla casa discografica e pubblicato nel 1995) nonché esercitazioni free-form più audaci (Free Piece) sono i passeri che frullano per questa voliera impazzita.
Il disco è meno radicale del precedente, ma egualmente un piccolo capolavoro. Il merito di Thompson e soci è di aver elaborato uno sperimentalismo sommesso dove la melodia, anche nei momenti apparentemente innocui, è sempre minacciata. I Krayola, forse, sono così liberi e anticonformisti da rinunciare anche all’anticonformismo programmato.
Riallacciati, in alcune recensioni a loro dedicate, a figure come Coltrane e Varese, in realtà essi sono, a mio sommesso avviso, una formazione da inscrivere nell’ambito rock (e che anticipa in pieno i Pere Ubu, ad esempio). I diamanti che scintillano nella loro produzione, più che ad un forte ascendente musicale, sono da ascrivere alle loro origini, goliardiche ed accademiche, filtrate da una rara consapevolezza ideologica: non a caso Mayo Thompson proviene dai 73 Balalaikas, gruppo di satira universitaria.
Musica non popolare, anzi intellettuale: al suo meglio.