Tempi duri generano donne e uomini forti. Sono parole che allarmano, affermazioni di cui vorremmo fare a meno. Quanto ci piacerebbe, piuttosto, bearci negli agi della debolezza e della distensione che pervade l’umanità nei periodi di pace, nell’assenza di pericolo.
Da questo punto di vista, Josephine Orme (detta Jojo) da Cheltenham, 26 anni, rientra pienamente nel novero delle autrici ascrivibili al funesto presente a cui stiamo soccombendo. Heartworms, il suo progetto musicale, è la creatura nata dalle storie conflittuali (e dalle conseguenti ferite) che hanno condizionato irrimediabilmente la sua vita. Intanto la relazione complicata e irrisolta con la madre, e il vuoto che la spingerà ad allontanarsi da casa troppo in anticipo rispetto alla maturità emotiva. E poi l’esposizione (supponiamo mediatica e per forza di cose indiretta, ma non per questo non altrettanto impattante) alla sofferenza umana causata dal permanente stato di guerra in cui si giostra l’umanità.
La resa in musica di due drammi di questa gravità e la mescolanza artistica tra privato e pubblico non può che generare cupezza, pessimismo e sconforto. In una recente intervista a NME, Jojo però conferma di aver bisogno di conflitti per affrontare la vita. Diventare adulta in uno stato di costante tensione ha scatenato tutta la sua creatività che, sin da adolescente, con una chitarra in mano, ha imparato a rendere tangibile componendo canzoni.
E già la scelta di chiamarsi Heartworms può risultare un deterrente per i deboli di cuore e le persone sensibili a certe immagini raccapriccianti che si vedono nei video sui social, rubati di nascosto alla cronaca. Sarà per questo che la palette scelta per il suo progetto è una esauriente scala di grigio, una presa di posizione estetica (o un escamotage per tagliare corto con le tinte più cruente) che rimanda al mondo che siamo abituati associare alle grandi tragedie storiche filmate in analogico e sul campo, durante il secolo breve.
La ricerca del sensazionalismo del naming si ritrova anche nel titolo dell’album di esordio. Glutton For Punishment è una locuzione che definisce chi si accolla con troppo zelo la responsabilità di portare a termine compiti che vanno oltre la prestazione richiesta e che, di conseguenza, espongono al rischio di pena o di sanzione. Un mix di stacanovismo che tracima nel masochismo se esteso al piano intimo, come se l’essere umano si sentisse irrimediabilmente attratto dalla punizione, a partire da Jojo stessa. Nel disco di Heartworms il personale e il politico sono abilmente intrecciati e resi in una narrazione intrisa di una encomiabile onestà emotiva. Le reminiscenze dell’infanzia e del rapporto disfunzionale madre-figlia confluiscono con l’immaginario tratto dall'inevitabile sofferenza terrena, ritratti sconvolgenti e per questo affascinanti, in grado di segnare per sempre.
Come già l’EP A Comforting Notion ci aveva lasciato presumere nel 2023, Heartworms è un progetto ambizioso alimentato dall’estro di un’artista dal talento fuori dal comune, abile come pochi nel songwriting. Glutton For Punishment ne è il naturale prosieguo, con il valore aggiunto della produzione di Dan Carey, uno dei principali responsabili dell’esplosione del nuovo movimento post punk britannico, un richiestissimo Re Mida e artefice del processo di emancipazione del genere in questione dagli archetipi nostalgici e derivativi che l’hanno riportato alla ribalta. Un disco fitto di trame pop ed epiche rese con suoni e timbriche dalle tinte esplicitamente gotiche, in grado di sorprendere anche target di ascoltatori poco ortodossi, se non con orientamenti opposti.
Heartworms costituisce così un alter ego, un riuscito transfert da studio e palcoscenico in cui espellere da sé e trasudare in performance i più scomodi sentimenti di dolore e rabbia. Un modo per dominare dall’alto ciò che rende Jojo Orme vulnerabile, una liberazione dal tormento. Da qui forse la sua passione per il volo e gli aerei bellici, un richiamo irresistibile verso la libertà dagli orpelli della corporeità e il peso che essa comporta, una sorta di rito di purificazione reso da "Warplane" - la canzone che a 4:08 contiene il momento più alto di tutto il disco, un tappeto di synth unito a un arpeggio di chitarra lungo una reiterazione di accordi inusuale, di questi tempi, un frammento che proietta l’album in un’altra era - e poi celebrato lungo un secondo atto, quella “Extraordinary Wings” in cui si torna a scrutare, naso all’insù, il cielo dalla terra, e la forza di gravità riprende a essere un pericolo, vista dal basso.
E il resto della pièce messa in opera non è meno sorprendente nel suo alternarsi di opposti: sussurri e grida, remissione e vendetta, archi e richiami elettronici/industrial, pop e post-punk, amore e distruzione, stasi e movimento, suono e ritmo, l’impulso più ricorrente dichiaratamente espresso nella canzone "Just To Ask A Dance" e nel brano conclusivo, la title-track, che ci lascia proprio con il reprise di un verso del brano introduttivo. ”All I want to do is dance, dance, dance”, ed ecco che Jojo torna a esprimersi con la voce della ragazza che probabilmente è sempre stata, ad amplificatori spenti.
Glutton For Punishment risplende della meraviglia che solo i dischi d’esordio sanno suscitare. Una manciata di canzoni forgiate con una materia deliziosamente imperfetta, la stessa che nasce dall’impeto della freschezza e della gioventù, lo specchio di tutta un’esistenza propedeutica al resto sperimentata fino al primo solco e che si esaurisce con l’incantesimo del primissimo suono (in questo caso un sospiro sintetico) che si propaga dalla prima traccia. Il resoconto di una metamorfosi, quella dall’essere umano all’artista, in un non-concept in linea con la vita in sé, un percorso quasi sempre senza capo né coda, un susseguirsi di sensi unici, deviazioni forzate, passi indietro e lavori in corso.
Heartworms alias Jojo Orme, una sorta di Kate Bush del duemila e venti in versione dark, è tutto questo. Insicurezza, decisioni irrevocabili e ossessioni di straordinaria follia che trovano conforto senza ritorno nella musica, l’entità che detiene il primato ad oggi imbattuto di efficacia nell’organizzazione e successiva condivisione delle sofferenze umane. Una forza in grado di aiutarci a renderle, anche solo dissimulando, meno impossibili da sostenere.