Nella prima metà degli anni ’80, nel nord della Gran Bretagna, nascono molti gruppi che la critica specializzata fa confluire, un po' aprioristicamente, sotto l’etichetta “combat rock”. Dalla Scozia all’Irlanda, passando per il piccolo Galles, si affacciano alla scena musicale europea band come U2, Alarm, Aslan e Big Country, solo per citarne alcune. Pur con i rispettivi distinguo, questi gruppi hanno in comune una forte identità nazionale, che ostentano con malcelato orgoglio, uno sguardo critico nei confronti del governo Thatcher e un approccio selvaggio e barrricadero alle composizioni, che spesso rielaborano, in chiave rock, le influenze folk del paese di provenienza. Formatesi a Dunfermline nel 1981, i Big Country, capitanati da Stuart Adamson (cantante e chitarrista proveniente dagli Skids, che morirà suicida nel 2001), esordiscono due anni dopo con The Crossing, un disco che fa gridare al miracolo la critica specializzata, per l’autenticità con cui trovavano coesione le istanze post punk del momento e la grande tradizione musicale scozzese. Il successivo full lenght, Steeltown (1984), apre ai Big Country le porte del successo internazionale, e se gli accenti si spostano più sul rock che sul folk, il livello qualitativo delle canzoni rimane però straordinariamente buono. Il disco, che trasuda puro orgoglio nazionalista (strano: nessuno dei componenti della band è scozzese di nascita), inanella un filotto di canzoni dure, gagliarde e sanguigne, con cui la band si schiera apertamente con la classa operaia (Steeltown), riflette sullo stallo sociale e lavorativo del paese (East Of Eden), esalta l’eroismo di chi combatte per la propria terra (Where The Rose Is Sown, compensata però dalla tensione antimilitarista di Come Back To Me), eccita gli animi con la danza pagana di Rain Dance e snocciola numeri da jam band nella travolgente Just A Shadow. Da questo condensato di chitarre col coltello fra i denti, emerge come oasi di pace Girl With Grey Eyes, virile ballata dedicata a una sconosciuta ragazza (Josephine), con cui Adamson scioglie i grumi della rabbia militante nel liquido amniotico di un’inusitata vena poetica (I only see those sad grey eyes, I only hear you singing…). Una canzone che distilla emozioni con l’alambicco della nostalgia.