Thomas McNulty è rimasto orfano durante la tremenda carestia irlandese del 1845 e ha deciso d’imbarcarsi verso l’America, inseguendo lo stesso sogno di milioni di altri giovani. Nel Missouri incontra John Cole: entrambi diciottenni e pieni di passioni e paure, sono alla ricerca di un posto al mondo di fronte a un orizzonte che sembra non avere fine. Insieme affrontano una serie di avventure rocambolesche: si ritrovano prima a ballare vestiti da donne in un saloon, poi sono coinvolti nelle guerre indiane, comprendendo forse di stare dalla parte sbagliata.
Alla fine si arruolano per combattere la Guerra Civile. Assistono a violenze, in giustizie e orrori indicibili, eppure nel loro sguardo resiste un senso di meraviglia e stupore che li avvicina, portandoli a essere qualcosa di più che semplici amici. Barry racconta con delicatezza unica la nascita di una nazione, attraverso gli occhi di due giovani in cui sta nascendo l’amore.
Ci sono libri talmente emozionanti e scritti bene, dai quali è impossibile staccarsi anche sotto la minaccia delle armi. Provate a leggere questo Giorni Senza Fine, nono romanzo a firma del drammaturgo e romanziere irlandese, Sebastian Barry, e mi saprete dire. C’è davvero molto di cui godere in questo romanzo che sta a metà tra la formazione e l’avventura, a partire dalla prosa di Barry, che risente moltissimo della sua formazione teatrale e che riduce all’essenziale l’utilizzo delle subordinate in favore di una scrittura icastica, che sceglie parole semplici (l’io narrante e protagonista del romanzo è di umili origini), ma che al contempo è capace di creare immagini suggestive, di solleticare il lettore con puntuta ironia, di soffermarsi su riflessioni esistenziali mai banali.
Una prosa che si sposa alla perfezione coi ritmi serrati della trama, che trova il suo svolgimento nell’America del selvaggio west e della guerra civile americana: un luogo in cui la violenza e la morte sono all’ordine del giorno, in cui la fame, la povertà e l’istinto di sopravvivenza scandiscono la vita dei protagonisti, in cui gli uomini di colore sono semplicemente negri e gli indiani, invece, selvaggi da massacrare senza pietà.
Le rocambolesche avventure di Thomas McNulty conducono il lettore attraverso vent’anni di storia, raccontando la disperata emigrazione del popolo irlandese verso gli Stati Uniti, il guerreggiare spietato contro i pellirossa, rei di opporsi al confinamento nelle riserve, e l’epopea della guerra civile, vero spartiacque nella storia americana ma anche brutale e sanguinosa carneficina, narrata attraverso le battaglie e la prigionia del protagonista.
Il cui punto di vista, e questa è la bizzarra peculiarità del libro, è quella di un giovane omosessuale, che ama vestirsi da donna e vive un’intensa storia d’amore con il suo amico John Cole, compagno di letto e di avventura.
Giorni Senza Fine è, dunque, una lettura consigliata a tutti coloro che amano l’intrattenimento ma non vogliono o non sanno rinunciare anche a una scrittura di livello e a considerazioni profonde su temi rilevanti quali la morte, l’uguaglianza sociale e razziale, e l’amore.