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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
06/04/2025
Live Report
Giallorenzo, 05/04/2025, Arci Bellezza, Milano
Venti giorni prima dell’uscita i Giallorenzo hanno deciso di suonare tutti i dieci brani del loro nuovo album, Inni e Canti, in due spettacoli all’Arci Bellezza. Noi abbiamo partecipato a quello delle 21, sold out, e questo è il racconto di cosa dobbiamo aspettarci dai Giallorenzo, tra melodia, ruvidezza, cupezza e ironia. Spoiler: non vedrete l'ora di ascoltare il disco.

Claudio Giallorenzo era uno dei tanti dimenticati delle nostre metropoli; individui che vivono soli, senza legami, che quando si congedano dall’esistenza non se ne accorge nessuno, se non mesi dopo. A quel punto esce un articolo sul giornale, che ispira per qualche minuto riflessioni sulla condizione di solitudine dell’uomo contemporaneo. Riflessioni oziose, venate forse appena di un senso di colpa che è pronto a stemperarsi di fronte all’ennesima incombenza che la vita ci mette davanti.

Claudio Giallorenzo era il vicino di casa di Giovanni Pedersini e Pietro Raimondi, quando i due condividevano un appartamento ai tempi dell’università. Aveva lavorato tutta la vita nell’ambito dell’aeronautica militare, nel palazzo di Piazza Novelli 1. Quello stesso palazzo che oggi campeggia sulla copertina dell’imminente nuovo album del quartetto, Inni e Canti, titolo quanto mai provocatorio, esattamente come l’estetica, a metà tra il fascista e il dannunziano, a cui è ispirato l’artwork.

Uscirà il 25 aprile, e anche questa è una bella provocazione, da parte di una band che da sempre utilizza l’ironia esattamente come dovrebbe essere utilizzata: uno strumento per rivelare le contraddizioni del mondo (sulla linea, tra gli altri, del loro illustre concittadino Giuseppe Parini).

Inni e Canti è intriso di guerra: è la guerra del protagonista, che ne ha fatto prima un lavoro e poi, da pensionato, un atteggiamento quotidiano e totalizzante per affrontare la realtà; ma è anche la guerra dei nostri giorni, da Gaza all’Ucraina, in un mondo che sprofonda sempre più nel caos e non sembra curarsene più di tanto.

 

Erano spariti da un po’, i Giallorenzo. Occupati da progetti musicali precedenti, che non sono mai stati abbandonati, nonostante ad un certo punto fosse divenuto chiaro (non so se a tutti, sicuramente al sottoscritto sì) che la somma delle parti era di parecchio superiore ai peraltro validissimi singoli.

E così Pietro Raimondi ha fatto uscire un disco di Montag, Giovanni Pedersini ha esordito da solista, poi lo scorso maggio si sono riuniti per un’esibizione al Mi Ami e lì, sembrerebbe, sono rimasti colpiti dall’affetto e dalla risposta del pubblico, al punto da rendersi conto che sarebbe stata ora tornare con un nuovo disco.

In mezzo c’è stato un piccolo tour per promuovere l’uscita in vinile di Milano posto di merda, l’indimenticabile esordio del 2019; un tour che, guarda i corsi e i ricorsi della vita, è finito a Roma il 25 gennaio, esattamente il giorno in cui moriva Edgardo Perindani, che ha ispirato una delle loro canzoni più amate, tra i protagonisti di quell’indimenticabile galleria di dimenticati e outsider in mezzo a cui il disco si muove.

Inni e Canti, da questo punto di vista, va letto come la continuazione speculare di quel primo lavoro di sei anni fa: il protagonista è sempre Giallorenzo ma questa volta il concept tenta più propriamente il racconto della sua vita, muovendosi all’interno di una dimensione più istituzionale e abbracciando di conseguenza una dimensione maggiormente “politica”.

 

Se sto scrivendo queste cose è perché, venti giorni prima dell’uscita, il gruppo ha deciso di suonarne tutti i dieci brani in anteprima (tre di essi sono comunque già usciti come singoli) in due spettacoli, uno pomeridiano e uno serale, all’Arci Bellezza, ormai luogo simbolo della scena live della loro Milano.

Il concerto delle 21 è sold out, e questo la dice lunga sul seguito che il quartetto gode da queste parti. All’entrata ecco il primo colpo di genio: ci viene consegnato un libretto con tutti i testi dell’album e con la narrazione che li accompagna, un modo utilissimo per poter seguire le vicende del protagonista ed essere subito catapultati nel vivo dell’azione.

La seconda geniale trovata arriva subito dopo, quando al fondo della sala comincia un concerto di cornamusa e fisarmonica, offerto da Nico e Luca Pedersini, rispettivamente padre e fratello di Giovanni. Un’apertura inusuale, che crea un contrasto solo apparente con ciò che ci apprestiamo ad ascoltare: nella musica popolare, nel suono della tradizione, si intravede in qualche modo la possibilità di penetrare più a fondo tutto il mondo che ha ispirato queste canzoni.

Neanche il tempo di applaudire l’ottima esibizione dei due, che il fragore degli strumenti all’unisono ci invita a girarci dalla parte opposta, dove i nostri hanno appena attaccato con il riff inaspettatamente pesante di “Non fa male”, il primo di questi nuovissimi Inni e Canti.

 

Impossibile descrivere in maniera esaustiva quanto ascoltato, sia perché era la prima volta, sia perché mi sembra molto più utile rimandare il discorso alla recensione che uscirà a breve. Posso solo dire che questi brani, suonati in un ordine diverso rispetto a quello della tracklist effettiva, sono in pieno stile Giallorenzo, quindi sempre in bilico tra ruvidezza dei suoni ed immediatezza sfrenata delle melodie. A questo giro però c’è un non so che di cupezza che è impossibile ignorare, quasi come se il tema di fondo, la guerra e la difficoltà del momento presente, avessero in modo più o meno conscio influenzato queste composizioni e contribuito a stemperare la proverbiale ironia del gruppo.

Vedremo meglio una volta che avremo il disco tra le mani. Nel frattempo posso confermare che il livello qualitativo si è mantenuto alto, e che i quattro dal vivo sono notevolmente migliorati, mantenendo ben viva l’irruenza ma incanalandola all’interno di una performance più curata e razionale. Difficile, e forse superfluo, citare un momento a discapito di un altro, ma mi hanno colpito particolarmente “Amico”, una delle tre canzoni i cui testi non sono stati scritti da Pietro Raimondi (le altre due sono “Finalmente orso”, di Fabio Copeta, e “Solo”, del bassista Marco Zambetti, che lo ha anche cantato, accompagnato da Fabio, per l’occasione alla chitarra), chitarre potenti, ritmo alto e un testo che è il tentativo di spiegare ad uno straniero le difficili contraddizioni politiche dell’Italia, tra la persistenza del Fascismo e la passata sudditanza politico-economica alla Libia di Gheddafi.

Molto bella (e altrettanto amara) “Iran”, uno dei tre singoli, che non a caso i presenti mostrano già di conoscere a memoria, accompagnando Pietro con un singalong davvero impressionante. La prima parte termina con “Per qualcosa o qualcuno”, il primo dei tre singoli già usciti, al primo ascolto tra le più incisive, dal vivo impreziosita da un bellissimo crescendo Noise in pieno stile Sonic Youth, che lo ha arricchito non poco rispetto alla versione in studio.

 

Dopo i ringraziamenti di rito alla fedeltà e alla pazienza del pubblico, si prosegue con una bella infornata di classici, quasi tutti tratti da Milano posto di merda (dal precedente SUPER SOFT RESET, se non sbaglio, è stata eseguita solo la sempre splendida “Play Lover”): “Kevin ragazzo superdotato”, “Condizioni meteo critiche”, “Rasta che fa le foto”, l’obbligatoria “Il metodo Perindani”, “118” (non prevista in scaletta ma suonata ugualmente data l’insistenza delle prime file) si mescolano ad altri brani amatissimi come “Megapugno” e “Don Boscow”, per una seconda parte all’insegna della festa più sfrenata, tra pogo furibondo e pezzi cantati all’unisono. Una dimostrazione impressionante di quanto questa band sia riuscita, nel corso degli anni, a guadagnarsi una fanbase davvero appassionata, tanto da rendere non del tutto improbabile una crescita esponenziale nell’immediato futuro.

Si conclude con lo sgangherato ritratto metropolitano di “Esselunga Stabbing”, sorta di “Desolation Row” in versione Indie, cantata ovviamente da tutti i presenti, con un finale che vede sia Pietro sia Giovanni prodursi in un liberatorio crowdsurfing, mentre i presenti scandiscono a ripetizione il ritornello.

Concerto bellissimo, per un ritorno che è già a pieno diritto tra le cose più belle di quest’anno. Ci risentiamo a breve per la recensione del disco.