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REVIEWSLE RECENSIONI
25/11/2024
Linkin Park
From Zero
Un disco che, pur ricalcando una formula immutabile, porta a casa il risultato pieno, grazie anche alla sorpresa Emily Armstrong, degna sostituta del compianto Chester Bennington, e unica vera novità in un suono collaudatissimo.

Qualche premessa, prima di parlare di From Zero, ultima fatica dei redivivi Linkin Park, credo sia necessaria. Il disco, ben prima della sua uscita, aveva fatto registrare svariate polemiche, sia da parte dei familiari di Chester Bennington, indignati per l’utilizzo del marchio di fabbrica LP, a loro avviso inscindibile dalla figura del defunto cantante, sia di tutti quei fan della prima ora scandalizzati che il progetto potesse proseguire senza colui che rappresentava la componente emotiva (ed emozionante) del progetto, ora saldamente in mano all’alter ego Mike Shinoda. Critiche comprensibili, ci mancherebbe altro, ma in qualche modo anche non giustificate, visto che da nessuna parte è scritto che una band debba necessariamente sciogliersi quando viene a mancare il suo leader. Che poi i Linkin Park abbiano ancora qualcosa da dire, è un altro paio di maniche.

Di sicuro la pubblicazione di questo From Zero (un titolo che vorrebbe evocare una ripartenza, un nuovo abbrivio, una sorta di resurrezione dalle ceneri) ha lasciato perplessi in molti, assillati dalla solita domanda circa la necessità di riesumare una band che, anche con Bennington vivo, aveva già dato il suo meglio con i primi due album (Hybrid Theory e Meteora, rispettivamente del 2000 e del 2003), vivacchiando in costante calo d’ispirazione per i quindici anni successivi, toccando definitivamente il fondo con il pessimo One More Light (2017).

 

Per converso, c’era anche molta curiosità di ascoltare Emily Armstrong, chiamata al difficile compito di sostituire Bennington dietro al microfono. Una scelta, questa, rischiosa ma furba, il cui scopo, a prescindere dalle doti canore della bionda vocalist, era quella di ridimensionare immediatamente ogni possibile paragone tra un nuovo cantante e il compianto frontman. Ed è questo il cambiamento più significativo del nuovo corso, che registra il primo punto a favore della band: la Armstrong ci sa fare, ha grinta da vendere e non pecca certo di mancanza di personalità. Il suo timbro è decisamente più rabbioso rispetto al tono disperato e malinconico delle interpretazioni di Bennington e, anche quando i giri del motore rallentano, non sfigura assolutamente nel rendere più morbida e vellutata la sua performance.

Le novità, però, si fermano qui. From Zero, infatti, è un disco che arriva direttamente dall’inizio del nuovo millennio, nulla è cambiato nel suono dei Linkin Park, la struttura dei brani si sviluppa su una formula che pare immutata nel tempo e la scaletta presenta i soliti pregi e difetti che già conosciamo. Le cose, tuttavia, vanno decisamente meglio rispetto al passato. I “vecchi” Mike Shinoda, Brad Delson, Dave Farrell e Joe Hahn vengono affiancati, oltre che dalla alla Armstrong, anche dal nuovo batterista Colin Britain, dando vita a un mix fra membri originali e sangue fresco, che ha prodotto significativi miglioramenti sotto il profilo dell’ispirazione.

 

Nel disco non ci sono brani epocali come "In The End", "Numb" o "Crawling", certo, ma l’insieme regge più che dignitosamente, anche grazie a un minutaggio decisamente contenuto (poco più di mezz’ora). Come detto, la formula è sempre la stessa, ma laddove gli hook melodici sono centrati e vivono in perfetta sintonia con gli slanci più rumorosi, escono dal cilindro della band ottime canzoni come "The Emptiness Machine", "Cut the Bridge" e "Two Faced".

Ovviamente, qualcosa è inevitabilmente risaputa più del lecito ("Heavy Is The Crown") e un paio di episodi ("Over Each Other" e "Stained") sono imbevuti di quel pop radiofonico tipicamente americano buono solo per la truppa; per converso, "Casuality", pur nella sua esposizione semplicistica, è rumorosa e scalciante, mentre "Good Things Go" è una piacevolissima ballata che chiude un disco tutto sommato riuscito, senz’altro il migliore dai tempi di Minutes To Midnight (2007).

 

From Zero è un nuovo capitolo della storia e probabilmente anche il primo di altri che verranno in futuro. In tal senso, va giudicato tenendo conto non solo del passato ma anche delle potenzialità che questa vecchia/nuova band riuscirà a esplicitare nel tempo. E’ inevitabile, dunque, che i Linkin Park siano andati sul sicuro e abbiano sfruttato al meglio un suono che è diventato un marchio di fabbrica. Tuttavia, se nei precedenti lavori era evidente una stanchezza di fondo, From Zero, nonostante gli alti e bassi, palesa una ritrovata vitalità, che aspetta solo, forse, di recidere definitivamente il cordone ombelicale con gli anni di gloria, per immaginarsi un nuovo domani più coraggioso.