Il cinema italiano ha bisogno di gente come Gabriele Mainetti, un ambizioso (nel senso più positivo del termine) innamorato della settima arte che non si lascia imbrigliare dalla difficoltà del "fare cose" in un sistema Italia dove molto probabilmente si recuperano fondi e ci si muove in maniera più macchinosa che in altre parti del mondo e dove è comunque difficile tirar su una produzione multimilionaria per scommettere su un genere nuovo o comunque da noi poco battuto e, prima dell'arrivo di Mainetti, lambito anche con scarsi risultati. Invece Mainetti tira dritto e cerca di ricreare quella Hollywood sul Tevere che per noi spettatori dello stivale altro non può essere se non un sogno, un'idea di cinema che sembra non appartenerci ma che in fondo, il regista ce l'ha mostrato già due volte, è tutto sommato possibile. Tutto sta nel fare quel che fanno con risorse decisamente più ampie i colossi d'oltreoceano, Disney con il brand Marvel per esempio o la Warner con quello DC, credendoci e mantenendo un'idea di identità nazionale, una sensibilità nostrana molto forte, capace di rendere almeno per il pubblico italiano i personaggi di questi film molto più umani, reali e vicini di quello che potrebbero sembrare sulla carta (carta intesa come "idea alla base" e non come fumetto, anche se vedere i Freaks o Jeeg Robot su tavola sarebbe curioso e interessante). L'approccio di Mainetti ha davvero pochi eguali in Italia (per alcuni versi qualche sortita di Garrone) ma anche in Europa non ci sono molti esempi di produzioni simili, l'unico nome che al volo viene alla mente è quello di Luc Besson, unica "superpotenza" europea con l'ardire di rivaleggiare con gli americani sul loro stesso terreno (animazione, action movies, fantascienza con un certo dispendio di risorse). Per tutta una serie di ragioni il cinema di Mainetti sarebbe da supportare a prescindere, che poi quelli del regista romano siano anche degli ottimi film è tutto grasso che cola, peccato il flop in sala di questo Freaks out che ha pagato l'onda lunga della pandemia incassando (secondo i dati disponibili) circa due milioni e mezzo di euro sui tredici spesi per la realizzazione, ma siamo convinti che Mainetti non si lascerà turbare da questo.
Roma, seconda guerra mondiale. In un clima di terrore e incertezza nel futuro il circo Mezzapiotta dell'ebreo Israel (Giorgio Tirabassi) riesce a donare al suo pubblico un senso di meraviglia altrimenti minacciato dalla realtà incombente, qualche brivido, molte risate e tanta emozione. A esibirsi ci sono il colosso forzuto coperto di peli Fulvio (Claudio Santamaria), l'albino e puzzolente Cencio (Pietro Castellitto), capace di comandare gli insetti, il nano magnetico Mario (Giancarlo Martini) e la giovane e innocente Matilde (Aurora Giovinazzo), una conduttrice d'elettricità incapace di governare pienamente il suo "dono". Mentre il conflitto diventa sempre più cruento e i rastrellamenti nazisti sempre più frequenti Israel pianifica un trasferimento in America per i suoi freaks, Fulvio però non è d'accordo e vorrebbe unirsi al Berlin Zircus, un circo lussuoso e prestigioso fondato dal nazista Franz (Franz Rogowski), un sublime pianista, sei dita per mano, dotato anche del potere della preveggenza, ossessionato dai fenomeni mutati in una delle sue visioni preconizza il suicidio di Hitler e vede la salvezza del Reich a opera di quattro freaks superumani. Le strade di Israel, di Matilde e degli altri tre componenti della compagnia si separano, torneranno a unirsi solo in un momento di grandissimo pericolo per tutti, in loro aiuto una stramba banda di partigiani mutilati. Il finale sarà letteralmente esplosivo.
Con Freaks out Mainetti riesce ad aggiungere ai risultati già ottimi ottenuti con il precedente Lo chiamavano Jeeg Robot anche quel senso di genuina meraviglia che sanno far nascere le favole nel cuore dei bambini, succede nelle sequenze iniziali durante l'esibizione degli artisti del circo Mezzapiotta, purtroppo il tutto dura poco, irrompe presto la guerra. Si barcamena bene tra fantastico e storico (virato al grottesco) Mainetti, aiutato dalla sceneggiatura scritta con Guaglianone, l'impianto è ovviamente fantastico e come già accadeva con il film precedente si legge la passione per il racconto supereroico, se il riferimento citato a chiare lettere è ai Fantastici 4, per spirito i nostri personaggi sono molto vicini agli X-Men, un gruppo di diversi con difficoltà a integrarsi nella società e con dei doni che sono visti da alcuni di loro come vere e proprie maledizioni, il parallelo più facile è quello tra Matilde e Rogue, entrambi personaggi con difficoltà nelle relazioni a causa dei loro pericolosi poteri e con un passato di tragedia alle spalle (ma sul finale si guarda a un'altra X-eroina). Grande intuizione anche per i cattivi, sia lo zingaro di Marinelli in Lo chiamavano Jeeg Robot che il Franz di Freaks out trovano due interpreti ottimi e tengono bene la scena donando al racconto una nemesi di peso, caratteristica fondamentale nel genere e spesso fallita anche nei film dei grossi calibri di Marvel e DC Comics. Inoltre Mainetti è meno pudico dei colleghi d'oltreoceano, e quindi le brutalità della guerra, il sesso tra mostri, le scene più truci ma anche tanta delicatezza e un principio di poesia popolare che qui in mezzo non stona. Difficile immaginare come il regista possa ancora rilanciare la sua splendida idea di cinema, sperando che nessuno gli metta i bastoni tra le ruote visti gli ultimi incassi, noi possiamo solo sostenerlo: daje Gabriele, nun mollà!