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Franny e Zooey
J. D. Salinger
1961  (Einaudi (2010))
LIBRI E ALTRE STORIE
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29/03/2021
J. D. Salinger
Franny e Zooey
La sensazione è quella di sentirsi spettatori di una rappresentazione teatrale che si fa sempre più incalzante, le battute sono brillanti, i contenuti profondi e la figura di tutti, ma quella di Zooey in particolare, nel suo essere in un certo senso “disadattato” e “spocchioso”, ma allo stesso tempo consapevole della propria intelligenza fuori dal comune, è tratteggiata divinamente.

“Accidenti, - disse, - Ce ne sono di cose belle al mondo. E quando dico belle intendo belle.
 Siamo degli idioti a svicolare sempre dalle cose. Sempre, sempre, sempre lì ad annotare tutti gli accidenti che capitano al nostro piccolo e schifoso io -.”

 

Jerome David Salinger (New York, 1919 – Cornish, New Hampshire 2010) è celebre per aver scritto “Il giovane Holden”, romanzo di formazione, nonché grande classico della letteratura americana, famoso in tutto il mondo, divenuto - nel tempo - un libro cult, che ha ispirato e influenzato più sfere della cultura di massa contemporanea, dal cinema, alla musica, alla letteratura, al teatro, fino ad arrivare addirittura ai videogiochi. Le citazioni e i riferimenti a “The catcher in the Rye”, infatti, sono moltissimi.

Dopo l’enorme successo della sua opera, Salinger, dotato di una personalità “difficile”, piuttosto schiva e introversa, si ritirò a vita privata nel Cornish, guardandosi bene dal rilasciare interviste e soprattutto limitando al massimo il contatto con gli altri esseri umani.

A tal riguardo, sua figlia - Margaret "Peggy" Salinger - in una biografia sul padre pubblicata nel 2000, “Dream Catcher”, lo ha descritto come misantropo, misogino e paranoico. Ma non solo, ha anche reso pubbliche alcune abitudini molto intime e “particolari” dello scrittore, come ad esempio il fatto che per lunghi periodi si astenesse dal sesso o che bevesse la sua pipì.

In ogni caso, Salinger non ha mai smesso di scrivere, anche se la sua produzione letteraria, nel complesso, non è particolarmente nutrita. Del resto, come aveva “candidamente” dichiarato in una delle poche interviste rilasciate, il suo vero piacere non consisteva tanto nello scrivere per gli altri, ma nel farlo per sé stesso. La versione di sua figlia, invece, è che evitasse di pubblicare quel che scriveva perché non sopportava l’idea di esporsi a eventuali critiche.

“Franny e Zooey” venne pubblicato per la prima volta nel 1961, esattamente 10 anni dopo “Il giovane Holden”. Ci troviamo di fronte a un romanzo breve, suddiviso in due parti: la prima è incentrata sulla figura di Franny; la seconda, invece, ci offre uno spettro più ampio, perché attraverso Zooey, conosceremo anche tutti gli altri membri della numerosissima famiglia Glass.

Come ho accennato poc’anzi, al centro della prima parte del racconto, troviamo Franny, la piccola di casa, studentessa modello con velleità da attrice, che sta attraversando una crisi personale molto profonda. La sua spensieratezza, il suo entusiasmo e la sua gioia di vivere appaiono improvvisamente sopite. È triste e insofferente e durante un incontro con il suo fidanzato Lane, non può fare a meno di far affiorare tutto il suo disagio.

La sua appare come una forma di ribellione verso un intero sistema fatto di convenzioni che non riesce più a tollerare. Le sembra che tutto, attorno a sé, sia finto e privo di anima e che gli esseri umani siano spinti unicamente dal proprio egocentrismo e narcisismo. Non fa altro che sputare veleno e lo fa con presunzione e aggressività. Sembra star male, è pallida e sudata. Lane è preoccupato, e per di più fa fatica a comprendere fino in fondo il senso dei suoi discorsi, che appaiono sconclusionati, e a riconoscere la ragazza dolce e piena di vita di cui si era innamorato, tant’è che ad un certo punto, si ritrova ad esaminarla con un “disamore quasi incondizionato”.

Franny si sente in colpa, perché sa che sta rovinando un momento tanto atteso da entrambi, si tollera a malapena e soprattutto sembra incapace di comprendere cosa le stia accadendo: “Sono insopportabile, oggi, - disse. -  Sono proprio giù di corda -.”

Quella di Franny, in realtà, è una crisi mistica, scaturita dalla lettura di un piccolo libricino intitolato “Viaggio d’un pellegrino”, un tempo appartenuto a suo fratello maggiore Seymour, che racconta, appunto, del pellegrinaggio di un contadino russo che vuole scoprire che cosa significhi quell’esortazione a “pregare incessantemente” contenuta nella Bibbia.

Rimane folgorata dall’idea che ripetendo senza sosta la preghiera a Gesù, “Gesù Cristo, mio signore, abbi pietà di me”, questa diventi “autoattiva”, al punto che “le parole si sincronizzano coi battiti del cuore, e allora preghi davvero senza fermarti mai… tu preghi per purificarti completamente e avere una visione tutta nuova del significato delle cose”.

Ed è questo che faceva Franny da quattro settimane, muoveva le labbra e in silenzio pregava incessantemente.

Nella seconda parte del romanzo il campo della narrazione si dilata, si sposta sulla numerosissima famiglia Glass, formata da 7 figli: Seymour, morto suicida, Buddy, Boo Boo, i gemelli Walker e Walt (ucciso da un’esplosione, mentre era in guerra), Zooey, Franny, mamma Bessie e papà Less.

Una famiglia decisamente fuori dagli schemi, quella partorita dalla fantasia e dalla penna di Salinger. I genitori, in gioventù, erano stati degli artisti; in particolare, Bessie, la mamma, era stata una ballerina. Quanto ai sette fratelli, invece, sono tutti dotati di un’intelligenza straordinaria, che fin da quando erano bambini, ne ha fatto delle piccole star, tutti protagonisti della trasmissione radiofonica “Ecco un bambino eccezionale”, a cui partecipavano i ragazzi superdotati. 

La signora Glass è in grande apprensione per la piccola Franny. È convinta che sia stata colpita da una forma grave di esaurimento nervoso, in quanto trascorre le sue giornate rinchiusa in camera a piangere e pregare. Rifiuta il cibo e ogni tipo di confronto o scambio umano. Così, chiede aiuto e supporto a Zooey.

Ed è proprio attraverso il fitto dialogo tra madre e figlio prima e fratello e sorella poi, che il racconto esplode e i tratti caratteriali dei personaggi si delineano, così come il loro vissuto e l’insieme di tutte le dinamiche familiari.  

La grandezza di Salinger sta proprio nel riuscire a ricostruire e condensare in una manciata di pagine, attraverso l’interazione di pochi personaggi, e in un lasso di tempo brevissimo, la storia di un’intera famiglia.

La sensazione è quella di sentirsi spettatori di una rappresentazione teatrale che si fa sempre più incalzante, le battute sono brillanti, i contenuti profondi e la figura di tutti, ma quella di Zooey in particolare, nel suo essere in un certo senso “disadattato” e “spocchioso”, ma allo stesso tempo consapevole della propria intelligenza fuori dal comune, è tratteggiata divinamente.

L’accento viene posto sulla conoscenza e sulla consapevolezza, che pone inevitabilmente le persone che la detengono in una posizione non sempre facile rispetto agli altri e alla realtà circostante, perché anche le cose più semplici vengono scandagliate e analizzate fino allo sfinimento, come se mancasse quell’attitudine, tipica della maggior parte degli esseri umani, di rimanere in superficie, anche quando non ci sarebbe bisogno di andare a fondo.

Affiora inevitabilmente il contrasto tra la personalità “semplice” ed estroversa della madre, che Zooey chiama sempre Bessie, rispetto a quelle decisamente più complesse ed ermetiche dei figli.

Zooey schernisce la madre, la deride, la “maltratta”, in un tira e molla di scaramucce continue, ma lei tiene il punto, sempre fedele a sé stessa, anzi, a tratti sembra commiserare i figli, quasi come se quell’eccesso di intelligenza e sapere, alla fine, facesse loro più male che bene, tant’è che non può evitare di lasciarsi andare ad esternazioni del tipo: “Ai bei tempi della radio quand’eravate bambini e tutto il resto, eravate tutti così… intelligenti, allegri e… sì, adorabili. Mattino, pomeriggio e sera… Non capisco proprio a cosa serva sapere tante cose ed essere tanto intelligenti e così via, se non riuscite ad essere felici.”

Non aggiungo altro al mio racconto, per non togliervi il gusto di scoprire da soli i risvolti di questa storia, però, sappiate che se come me avete amato “Il giovane Holden”, non potrete fare a meno di innamorarvi anche di quest’opera, in cui Salinger, a dispetto del numero esiguo delle pagine, esplora a fondo tantissimi temi: religione, spiritualità, famiglia, cultura, conoscenza, arte, morte e anche amore. Amore per la vita, per la famiglia e per Dio, qualunque nome e forma esso abbia. Il tutto, nel suo stile inconfondibile, pulito, diretto ed essenziale.

“L’unica cosa che puoi fare adesso, l’unica cosa religiosa che puoi fare è recitare. Recita per Dio, se vuoi; sii l’attrice di Dio se vuoi. Puoi provare almeno, non c’è niente di male a provare.”

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