“L’attesa: Tumulto d’angoscia suscitato dall’attesa dell’essere amato in seguito a piccolissimi ritardi (appuntamenti, telefonate, lettere, ritorni).
«Sono innamorato? – Sì, poiché sto aspettando». L’altro, invece, non aspetta mai. Talvolta, ho voglia di giocare a quello che non aspetta; cerco allora di tenermi occupato, di arrivare in ritardo; ma a questo gioco io perdo sempre: qualunque cosa io faccia, mi ritrovo sempre sfaccendato, esatto, o per meglio dire in anticipo.
La fatale identità dell’innamorato non è altro che: io sono quello che aspetta.”
Egli, infatti, riteneva che negli ambienti letterari e intellettuali della sua epoca, l’amore fosse diventato un argomento démodé, “ignorato, svalutato, schernito”; mentre, dalla “gente comune”, e cioè da chi l’amore si limita a viverlo, veniva considerato alla stregua di una patologia da cui dover guarire a tutti i costi, completamente svuotato e depauperato del suo senso più profondo e di quella capacità di “arricchire” i soggetti in gioco: chi dà e chi riceve amore.
Frammenti di un discorso amoroso è una lettura complessa e articolata, che richiede un’attenzione costante da parte del lettore. Per approcciarla serve concentrazione, metodo e un certo interesse verso la filosofia e la letteratura, nonché una certa predisposizione verso la psicologia, nonostante Barthes dichiari che il ritratto che fa dell’amore all’interno del suo saggio, non è di tipo psicologico, bensì strutturale: “esso presenta una collocazione della parola: la collocazione di qualcuno che parla dentro di sé, amorosamente, di fronte all’altro (l’oggetto amato), il quale invece non parla.”
Ogni rapporto d’amore, infatti, è una danza a due, all’interno della quale i soggetti amorosi si muovono con dei ruoli ben precisi, seguendo schemi comportamentali che si ripetono nel tempo, anche con partner diversi.
Così ecco che viene spontaneo chiedersi se, a prescindere dall’intensità delle emozioni, l’amore, o meglio, i comportamenti amorosi, possano essere considerati un cliché. E in caso di risposta affermativa, da cosa dipendono questi cliché? Da retaggi culturali? Dal nostro modo di essere o meglio, dalle ferite che ci portiamo dietro? Da convenzioni? O dal modo in cui ci è stato “insegnato” l’amore fin da piccoli?
Frammenti di un discorso amoroso, seppur indirettamente, risponde a questi quesiti e ci parla di amore, ma lo fa in un modo diverso, senza mai trascendere nel romanticismo smielato o nella svenevolezza. Questo libro è una sorta di dizionario o “manuale d’uso” (che però non ci dice come comportarci e non ci offre soluzioni), in cui l’amore viene scomposto, descritto in tutte le sue fasi e fotografato, attraverso l’uso di un linguaggio ricercato, mai banale, in cui ogni singola parola ha il suo peso ed è scelta con cura, in modo scientifico. D’altro canto, le parole e il linguaggio avevano per Barthes un’importanza rilevantissima visto che era un insigne semiologo e linguista.
Parole che sono, appunto, frammenti (e filo conduttore) di un discorso amoroso, che “catalogano” e descrivono i pensieri che frullano nella testa dell’innamorato. Quegli stessi pensieri che danno vita a stati d’animo e comportamenti ricorrenti, cliché appunto.
Quello di Barthes, infatti, è il discorso di un “soggetto amoroso”, all’interno del quale ha fatto confluire una piccola parte di sé stesso e della sua esperienza personale, il Werther di Goethe (archetipo della passione e dell’amore), il pensiero di Nietzsche, quello di Platone e di Freud, letture di varia natura, confidenze ricevute e conversazioni. Un discorso amoroso che è in realtà il risultato della mescolanza di tanti discorsi amorosi. Un “Io” che è tanti “Io”.
Il destinatario dell’amore dell’io, quello a cui l’innamorato rivolge le sue attenzioni, viene definito “oggetto amato”, questo perché secondo Barthes l’amore è unisex e attraverso l’uso dell’espressione “oggetto”, sentiva di riuscire a rendere meglio la neutralità di questo sentimento che colpisce uomini e donne allo stesso modo, sia in relazioni eterosessuali che omosessuali.
L’amore non ha sesso e la spersonalizzazione del soggetto amoroso, attraverso la definizione di “oggetto”, si rende necessaria anche perché, nella fase dell’innamoramento, ciò che sentiamo di amare, non è il soggetto (la persona) in quanto tale, ma l’immagine che ne abbiamo. L’oggetto amato è il frutto del processo di idealizzazione messo in atto dalla nostra mente, che lo scarnifica da tutti i “difetti”, facendocelo apparire come unico e ineguagliabile, in una sola parola: perfetto.
Il soggetto amato è, in sintesi, l’oggetto dei nostri desideri: “Rapito in estasi – Rapimento: Episodio ritenuto iniziale (ma che può essere ricostruito anche in un secondo tempo) nel corso del quale il soggetto amoroso è “rapito” (catturato e ammaliato) dall’immagine dell’oggetto amato (volgarmente: colpo di fulmine; voce dotta: innamoramento).”
Quell’innamoramento che solo nella sua fase più matura e consapevole si fa amore. Amiamo davvero quando riusciamo a vedere l’altro per quel che è: quando il reale si ricongiunge (e si sostituisce) all’ideale e l’oggetto si fa soggetto.
In Frammenti di un discorso amoroso, l’amore, un sentimento così semplice e al tempo stesso così complesso, viene vivisezionato e indagato dal di dentro. Scomposto in tante fasi, tutte quelle che possono esistere tra l’inizio e la fine (che non è detto che arrivi, per carità!) di ogni storia d’amore.
Ogni capitolo è indipendente dall’altro e in alcuni casi le righe introduttive sembrano essere l’incipit ideale di un racconto o meglio, di più racconti.
Capitolo dopo capitolo, le fasi dell’amore e i suoi comportamenti prendono forma: si comincia con “Abbraccio” e si finisce con “Voler-prendere”, passando per “Adorabile!”, “Colpe”, “Il languor d’amore”, “La lettera d’amore”, “Noi siamo i nostri propri demoni”, e tanti altri frammenti di dialoghi (amorosi) interiori, tutti rigorosamente in ordine alfabetico.
In ogni relazione amorosa, però, ci sono dei momenti che per Barthes sono inevitabili, quasi strutturali, uno è la sofferenza (la sofferenza è parte dell’amore) e l’altro è la gelosia (nonostante siano in tanti a dischiararsi immuni da tale sentimento). “Gelosia: «Sentimento che nasce nell’amore e che è cagionato dal timore che la persona amata preferisca qualcun altro» Littré […] Come geloso, io soffro quattro volte: perché sono geloso, perché mi rimprovero d’esserlo, perché temo che la mia gelosia finisca col ferire l’altro, perché mi lascio scoraggiare da una banalità: soffro di essere escluso, di essere aggressivo, di essere pazzo e di essere come tutti gli altri.”
Il saggio di Barthes è una lettura stimolante e senza tempo (esattamente come l’amore), ancora attualissima, nonostante siano passati più di quarant’anni dalla sua prima pubblicazione. Questo deve portarci a riflettere su come i comportamenti amorosi e gli stati d’animo dell’innamorato restino immutati nel tempo, cristallizzati, a dispetto dei modern times e dei nuovi modi di approcciarsi e vivere l’amore (amori a distanza, virtuali, social, App per incontri...).
Un libro che parla d’amore senza che vi sia una trama da seguire e che capitolo dopo capitolo induce a riflettere su comportamenti e stati d’animo che inevitabilmente sentiamo nostri, perché li abbiamo vissuti e provati. L’autore scava a fondo e indaga, senza però mai “rinfacciare” o esprimere giudizi di carattere morale e riesce a rendere razionale un sentimento come l’amore che per definizione è quanto di più irrazionale vi sia, infatti “Non riuscendo a precisare la specialità del suo desiderio per l’essere amato, il soggetto amoroso non trova di meglio che questa parola un po’ stupida: adorabile!”.
Frammenti di un discorso amoroso è una lettura che “insegna” molto, senza avere la pretesa di farlo.