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Frammenti di un discorso amoroso
Roland Barthes
1977  (Einaudi )
LIBRI E ALTRE STORIE
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24/08/2020
Roland Barthes
Frammenti di un discorso amoroso
Quello di Barthes, infatti, è il discorso di un “soggetto amoroso”, all’interno del quale ha fatto confluire una piccola parte di sé stesso e della sua esperienza personale, il Werther di Goethe (archetipo della passione e dell’amore), il pensiero di Nietzsche, quello di Platone e di Freud, letture di varia natura, confidenze ricevute e conversazioni. Un discorso amoroso che è in realtà il risultato della mescolanza di tanti discorsi amorosi. Un “Io” che è tanti “Io”.

“L’attesa: Tumulto d’angoscia suscitato dall’attesa dell’essere amato in seguito a piccolissimi ritardi (appuntamenti, telefonate, lettere, ritorni).
«Sono innamorato? – Sì, poiché sto aspettando». L’altro, invece, non aspetta mai. Talvolta, ho voglia di giocare a quello che non aspetta; cerco allora di tenermi occupato, di arrivare in ritardo; ma a questo gioco io perdo sempre: qualunque cosa io faccia, mi ritrovo sempre sfaccendato, esatto, o per meglio dire in anticipo.

La fatale identità dell’innamorato non è altro che: io sono quello che aspetta.”

 

Roland Barthes (Cherbourg 1915 – Parigi 1980), nelle note introduttive di Frammenti di un discorso amoroso (1977), scrive che “il discorso amoroso è oggi d’una estrema solitudine[…] è forse parlato da migliaia di individui, ma non è sostenuto da nessuno[…] Quando un discorso viene, dalla sua propria forza, trascinato in questo modo nella deriva dell’inattuale, espulso da ogni forma di gregarietà, non gli resta altro che essere il luogo, non importa quanto esiguo, di un’affermazione. Questa affermazione è in definitiva l’argomento del libro che ha qui inizio.”

Egli, infatti, riteneva che negli ambienti letterari e intellettuali della sua epoca, l’amore fosse diventato un argomento démodé, “ignorato, svalutato, schernito”; mentre, dalla “gente comune”, e cioè da chi l’amore si limita a viverlo, veniva considerato alla stregua di una patologia da cui dover guarire a tutti i costi, completamente svuotato e depauperato del suo senso più profondo e di quella capacità di “arricchire” i soggetti in gioco: chi dà e chi riceve amore.

Frammenti di un discorso amoroso è una lettura complessa e articolata, che richiede un’attenzione costante da parte del lettore. Per approcciarla serve concentrazione, metodo e un certo interesse verso la filosofia e la letteratura, nonché una certa predisposizione verso la psicologia, nonostante Barthes dichiari che il ritratto che fa dell’amore all’interno del suo saggio, non è di tipo psicologico, bensì strutturale: “esso presenta una collocazione della parola: la collocazione di qualcuno che parla dentro di sé, amorosamente, di fronte all’altro (l’oggetto amato), il quale invece non parla.”

Ogni rapporto d’amore, infatti, è una danza a due, all’interno della quale i soggetti amorosi si muovono con dei ruoli ben precisi, seguendo schemi comportamentali che si ripetono nel tempo, anche con partner diversi.

Così ecco che viene spontaneo chiedersi se, a prescindere dall’intensità delle emozioni, l’amore, o meglio, i comportamenti amorosi, possano essere considerati un cliché. E in caso di risposta affermativa, da cosa dipendono questi cliché? Da retaggi culturali? Dal nostro modo di essere o meglio, dalle ferite che ci portiamo dietro? Da convenzioni? O dal modo in cui ci è stato “insegnato” l’amore fin da piccoli?

Frammenti di un discorso amoroso, seppur indirettamente, risponde a questi quesiti e ci parla di amore, ma lo fa in un modo diverso, senza mai trascendere nel romanticismo smielato o nella svenevolezza. Questo libro è una sorta di dizionario o “manuale d’uso” (che però non ci dice come comportarci e non ci offre soluzioni), in cui l’amore viene scomposto, descritto in tutte le sue fasi e fotografato, attraverso l’uso di un linguaggio ricercato, mai banale, in cui ogni singola parola ha il suo peso ed è scelta con cura, in modo scientifico. D’altro canto, le parole e il linguaggio avevano per Barthes un’importanza rilevantissima visto che era un insigne semiologo e linguista.

Parole che sono, appunto, frammenti (e filo conduttore) di un discorso amoroso, che “catalogano” e descrivono i pensieri che frullano nella testa dell’innamorato. Quegli stessi pensieri che danno vita a stati d’animo e comportamenti ricorrenti, cliché appunto. 

Quello di Barthes, infatti, è il discorso di un “soggetto amoroso”, all’interno del quale ha fatto confluire una piccola parte di sé stesso e della sua esperienza personale, il Werther di Goethe (archetipo della passione e dell’amore), il pensiero di Nietzsche, quello di Platone e di Freud, letture di varia natura, confidenze ricevute e conversazioni. Un discorso amoroso che è in realtà il risultato della mescolanza di tanti discorsi amorosi. Un “Io” che è tanti “Io”. 

Il destinatario dell’amore dell’io, quello a cui l’innamorato rivolge le sue attenzioni, viene definito “oggetto amato”, questo perché secondo Barthes l’amore è unisex e attraverso l’uso dell’espressione “oggetto”, sentiva di riuscire a rendere meglio la neutralità di questo sentimento che colpisce uomini e donne allo stesso modo, sia in relazioni eterosessuali che omosessuali.

L’amore non ha sesso e la spersonalizzazione del soggetto amoroso, attraverso la definizione di “oggetto”, si rende necessaria anche perché, nella fase dell’innamoramento, ciò che sentiamo di amare, non è il soggetto (la persona) in quanto tale, ma l’immagine che ne abbiamo. L’oggetto amato è il frutto del processo di idealizzazione messo in atto dalla nostra mente, che lo scarnifica da tutti i “difetti”, facendocelo apparire come unico e ineguagliabile, in una sola parola: perfetto.

Il soggetto amato è, in sintesi, l’oggetto dei nostri desideri: “Rapito in estasi – Rapimento: Episodio ritenuto iniziale (ma che può essere ricostruito anche in un secondo tempo) nel corso del quale il soggetto amoroso è “rapito” (catturato e ammaliato) dall’immagine dell’oggetto amato (volgarmente: colpo di fulmine; voce dotta: innamoramento).”

Quell’innamoramento che solo nella sua fase più matura e consapevole si fa amore. Amiamo davvero quando riusciamo a vedere l’altro per quel che è: quando il reale si ricongiunge (e si sostituisce) all’ideale e l’oggetto si fa soggetto.

In Frammenti di un discorso amoroso, l’amore, un sentimento così semplice e al tempo stesso così complesso, viene vivisezionato e indagato dal di dentro. Scomposto in tante fasi, tutte quelle che possono esistere tra l’inizio e la fine (che non è detto che arrivi, per carità!) di ogni storia d’amore.

Ogni capitolo è indipendente dall’altro e in alcuni casi le righe introduttive sembrano essere l’incipit ideale di un racconto o meglio, di più racconti.

Capitolo dopo capitolo, le fasi dell’amore e i suoi comportamenti prendono forma: si comincia con “Abbraccio” e si finisce con “Voler-prendere”, passando per “Adorabile!”, “Colpe”, “Il languor d’amore”, “La lettera d’amore”, “Noi siamo i nostri propri demoni”, e tanti altri frammenti di dialoghi (amorosi) interiori, tutti rigorosamente in ordine alfabetico.

In ogni relazione amorosa, però, ci sono dei momenti che per Barthes sono inevitabili, quasi strutturali, uno è la sofferenza (la sofferenza è parte dell’amore) e l’altro è la gelosia (nonostante siano in tanti a dischiararsi immuni da tale sentimento). “Gelosia: «Sentimento che nasce nell’amore e che è cagionato dal timore che la persona amata preferisca qualcun altro» Littré […] Come geloso, io soffro quattro volte: perché sono geloso, perché mi rimprovero d’esserlo, perché temo che la mia gelosia finisca col ferire l’altro, perché mi lascio scoraggiare da una banalità: soffro di essere escluso, di essere aggressivo, di essere pazzo e di essere come tutti gli altri.”

Il saggio di Barthes è una lettura stimolante e senza tempo (esattamente come l’amore), ancora attualissima, nonostante siano passati più di quarant’anni dalla sua prima pubblicazione. Questo deve portarci a riflettere su come i comportamenti amorosi e gli stati d’animo dell’innamorato restino immutati nel tempo, cristallizzati, a dispetto dei modern times e dei nuovi modi di approcciarsi e vivere l’amore (amori a distanza, virtuali, social, App per incontri...).

Un libro che parla d’amore senza che vi sia una trama da seguire e che capitolo dopo capitolo induce a riflettere su comportamenti e stati d’animo che inevitabilmente sentiamo nostri, perché li abbiamo vissuti e provati. L’autore scava a fondo e indaga, senza però mai “rinfacciare” o esprimere giudizi di carattere morale e riesce a rendere razionale un sentimento come l’amore che per definizione è quanto di più irrazionale vi sia, infatti “Non riuscendo a precisare la specialità del suo desiderio per l’essere amato, il soggetto amoroso non trova di meglio che questa parola un po’ stupida: adorabile!”.

Frammenti di un discorso amoroso è una lettura che “insegna” molto, senza avere la pretesa di farlo.

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