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REVIEWSLE RECENSIONI
28/10/2022
Bjork
Fossora
Bjork ha da tempo rinunciato alla componente melodica del proprio sound, per concentrarsi su un lavoro di ricerca pura, che non bada all'effetto finale o al gradimento del pubblico, bensì cerca di trovare di volta in volta il modo più congeniale per dire quello che è per lei urgente dire. Fossora esce dopo 5 anni di silenzio ed è uno dei dischi più riusciti della sua carriera, senza dubbio il migliore dal post Vespertine.

In un'epoca in cui ogni venerdì escono decine di dischi, molti dei quali degni di essere presi in considerazione, e in cui lo strapotere dei Social ha trasformato qualsiasi utente in un recensore, con la modalità tripadvidor (quella polemica e degenerata, ovviamente, per come era nato poteva anche essere utile) assurta ad unica possibile se si vuole esprimere un parere, recensire un disco non serve assolutamente più a nulla ed album come il nuovo di Bjork rischiano di essere fatica sprecata. 

Probabilmente oggi sono più pessimista del solito, però diciamolo chiaramente una volta per tutte: abbiamo una delle più grandi artiste del nostro tempo che pubblica un disco di inediti dopo cinque anni di silenzio; il disco dura quasi un'ora e non suona esattamente come Dua Lipa, in quanto ad immediatezza. Ciononostante, una decina di minuti dopo la mezzanotte del 30 settembre, eccoli lì, gli immancabili leoni da tastiera a sputare sentenze, come se avessero già ascoltato una trentina di volte quelle canzoni. “Capolavoro” o “Palla al cazzo”, queste le uniche opzioni possibili; perché si sa, nell'era dei contenuti virali, c’è bisogno di essere rapidi e, soprattutto, c’è bisogno di essere netti, le sfumature e i distinguo sono un lusso inutile: una manciata di secondi per concentrarsi sul proprio commento e poi via, si passi pure ad altro. 

La mia inutile recensione partirà proprio da qui: ha senso, nel 2022, mettersi ad ascoltare un nuovo disco di Bjork, sapendo che prima della prossima tornata di pubblicazioni non ne saremo senza dubbio venuti a capo? È una domanda che mi sono posto anche per i Verdena, di cui ho parlato negli scorsi giorni, e credo che la risposta debba essere per forza di cose negativa. Seguendo la logica del mondo, non c’è nulla che sia davvero destinato a durare, a guadagnare anche solo la minima importanza culturale e sociale, neppure un nuovo album di Bjork. L’unica forma di contrasto potrebbe essere quella di lasciare perdere l'inarrestabile flusso delle uscite, prendere questo disco e lasciarselo crescere addosso poco a poco, permettere a lui di dettare i tempi, non il contrario. 

 

Fossora è il decimo disco dell'artista islandese, arriva a cinque anni di distanza da Utopia e, almeno ad un livello superficiale, suona esattamente come tutto ciò che ha pubblicato da Medulla in avanti: ostico e a tratti incomprensibile. 

Il problema di Bjork, per come la vedo io, è lo stesso di tutti quegli artisti che hanno avuto un impatto deflagrante coi primi dischi, salutati come capolavori in un non troppo frequente unanime coro di critica e pubblico, che hanno poi giustamente deciso di mettersi a fare altro, esplorando nuovi linguaggi. Debut, Post, Homogenic, Vespertine: il peccato originale sta tutto in questo quartetto iniziale da storia della musica. Da qui in avanti, a partire dal controverso Medulla, è stato un infinito susseguirsi di: “Che due palle! Ma vuoi mettere coi primi dischi?”. 

Parlo in generale, eh! Che poi in tantissimi hanno apprezzato, e soprattutto a livello di vendite e tour non è che se la sia passata male, ancora oggi è un nome di primissimo piano, non certo una vecchia gloria che nessuno considera più. 

Eppure, ad ogni nuova uscita il ritornello è sempre quello, ogni tentativo di analisi più approfondita scompare di fronte alla forza del pregiudizio per cui “è una che fa dischi noiosi”.

In realtà, se paragonato ai due diretti predecessori, Fossora è un lavoro decisamente più accessibile, se non altro più variegato, laddove Vulnicura puntava su una generale atmosfera di cupezza ed Utopia su una leggerezza solare frutto di un ritrovato legame affettivo. 

Anche questa volta le vicende personali hanno influenzato direttamente la musica dell'islandese: la morte della madre nel 2018, la nascita di un nipote l’anno successivo, un ciclo di nascita e morte che va di pari passo con la preoccupazione per la crisi climatica. Il risultato è un disco che si muove in una dimensione disturbante e a tratti apocalittica, un “sottosuolo” di inquietudine dove tuttavia si spalanca l’orizzonte della continuità generazionale, nel quadro del più ampio palpitare della natura. 

Un disco prodotto per la maggior parte da lei stessa, che si avvale di una larga serie di collaborazioni con artisti molto diversi tra loro, a mio parere il principale fattore alla base della varietà intrinseca di questo lavoro. 

 

Partiamo da quello che ritengo l'elemento più riuscito, la combinazione di fiati ed elettronica alla base di tracce come la title track, l’iniziale “Atopos” e la breve strumentale “Trölla-Gabba”: decisivo il contributo di Kasimyn, vale a dire metà del duo indonesiano Gabber Modus Operandi, nel creare atmosfere dissonanti ed esplosioni improvvise di beat, sulle quali la voce di si staglia come sempre espressiva e lacerante. 

L’utilizzo dei fiati, soprattutto degli ottoni, rende speciale anche “Ovule”, nata in collaborazione col trio islandese Side Project, a cui Bjork ha chiesto un contributo che andasse ad evocare i Modal Nodes, il famoso gruppo di alieni che in Star Wars: Una nuova speranza vediamo esibirsi in un malfamato bar del pianeta Tatooine. Più melodica rispetto ai titoli già citati, conserva comunque un certo grado di sinistra difficoltà, per le sue linee vocali ardite e gli arrangiamenti vicini al Free Jazz. 

Sono invece i flauti a caratterizzare “Allow”, scritta assieme alla cantante norvegese Emilie Nicolas, un brano che a tratti possiede la stessa atmosfera serena che si respirava su Utopia (infatti, se non ho capito male, risale proprio a quel periodo). “Victimhood” e “Fungal City” sono forse i due brani dove l'elettronica viene impiegata maggiormente, in particolare la seconda, col contributo di serpentwithfeet, risulta particolarmente interessante, forse il miglior esempio di quanto la cantante islandese provi soluzioni nuove senza rinunciare alla propria identità. 

C’è poi “Ancestress”, in cui compare il figlio maggiore Sindri Eldon, che è un’altra delle tracce più rappresentative: costruita come una lunga litania, unisce elementi tribali ad un arrangiamento orchestrale che la riempie in maniera graduale, andando a variare le intenzioni laddove la struttura si ripete sempre uguale, nella costante alternanza strofa/ritornello. È il suo pezzo più “roots” da molto tempo a questa parte ed è quello che incarna maggiormente la componente spirituale di questo lavoro, inserendo il ricordo della madre scomparsa all'interno della più vasta vicenda della sua famiglia, fino ad abbracciare l’orizzonte dell'intera storia umana. In questa prospettiva si muove anche “Her Mother's House”, delicato quadro notturno cantato assieme alla figlia Isadóra, che riporta il disco sui binari di una rinnovata speranza, l’ultimo saluto alla madre che sfocia nella gioia di accogliere chi è appena venuto al mondo. 

 

È decisamente arduo, Fossora, perché Bjork ha da tempo rinunciato alla componente melodica del proprio sound, per concentrarsi su un lavoro di ricerca pura, che non bada all'effetto finale o al gradimento del pubblico, bensì cerca di trovare di volta in volta il modo più congeniale per dire quello che è per lei urgente dire. Come sempre curatissimo a livello visivo, la copertina e i video di “Atopos” e “Ancestress” segnano ancora una volta la creazione di un mondo che è un tutt’uno con la musica e che è impossibile da bypassare, se davvero si vuole cogliere l'essenza di quello che abbiamo davanti. 

Ci vorrà tempo per assimilarlo ulteriormente e sarebbe davvero un delitto liquidarlo coi giudizi sbrigativi di cui parlavo all'inizio. L'impressione di queste prime settimane è che Fossora sia uno dei dischi più riusciti della carriera di Bjork, senza dubbio il migliore dal post Vespertine, almeno per quel che mi riguarda.