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REVIEWSLE RECENSIONI
10/05/2021
Gojira
Fortitude
Dopo cinque anni di silenzio i Gojira tornano con “Fortitude”, un disco necessario, in cui la band sposta ancora più in là i confini del propri sound e racconta senza sconti il mondo pre-apocalittico che stiamo vivendo.

Non c’è dubbio che Fortitude, il settimo album in studio dei francesi Gojira, sia una delle uscite metal più importanti dell’anno. Attivo ormai da venticinque anni, quando ancora con il nome Godzilla ha registrato il suo primo demo, il combo di Ondres (Nuova Aquitania) composto dai fratelli Joe (voce e chitarra) e Mario Duplantier (batteria), Christian Andreu (chitarra) e Jean-Michel Labadie (basso), album dopo album ha saputo imporsi come uno degli act più rilevanti del panorama metal, raggiungendo una dimensione mainstream prima con L’Enfant Sauvage (2012) e poi con Magma (2016), candidato a due Grammy.

Dopo aver cementato la loro reputazione di virtuosi con lavori ambiziosi come From Mars to Sirius (2005) e The Way of All Flash (2008), dove affrontavano tematiche filosofiche e sposavano cause legate all’ambientalismo e la salvaguardia delle specie a rischio, a partire da L’Enfant Sauvage i Gojira hanno iniziato a snellire il loro sound, continuando a occuparsi di argomenti come il rapporto tra natura e cultura, oppure, come hanno fatto in Magma, rielaborando il lutto affrontato dai fratelli Duplantier in seguito alla prematura scomparsa della madre.

Quando è uscito, Magma è stato fin da subito definito il Black Album dei Gojira, sia per la semplicità maggiore delle canzoni sia – soprattutto – per le atmosfere plumbee che lo caratterizzano. In Fortitude, invece, la band ha scelto consapevolmente di guardare nella direzione opposta, lasciandosi alle spalle la malinconia e l’inquietudine di Magma in favore di un approccio più estroverso, cercando di incamerare nel proprio sound nuovi colori e nuove influenze sonore, alla ricerca di quella libertà che è sempre stata la caratteristica principale di ogni lavoro dei Gojira. «Non ci sono regole!», ha detto Joe Duplantier in una recente intervista, citando come fonti d’ispirazione per la realizzazione di Fortitude da un lato l’esempio di band come Radiohead e Portishead, celebri per la continua ricerca di nuovi paesaggi sonori, e dall’altro un’illuminante conversazione avuta con Brent Hinds dei Mastodon, che gli ha consentito di guardare sotto una nuova ottica i generi musicali con i quali è cresciuto – il rock tradizionale, il blues, l’Americana, il progressive – e l’energia primigenia che questi sanno ancora trasmettere.

Registrato ai Silver Cord Studio, la sala di registrazione di proprietà di Joe nel Queens, a New York, città nella quale il maggiore dei Duplantier vive con la famiglia da una decina di anni, Fortitude ha iniziato a prendere forma nel 2018, quando la band si è ritrovata alla fine del lungo tour di Magma e ha iniziato a buttare giù le prime demo con il fonico di sempre Johann Meyer. Facilitati dal fatto di poter comporre e registrare sempre nello stesso spazio, i Gojira si sono così potuti permettere la tranquillità di fare le cose con calma, giocando con gli arrangiamenti e introducendo qua e là qualche elemento di novità, come un paio di assoli suonati da Joe, una cosa che fino a qualche anno fa non sarebbe stata possibile. Concluse le lavorazioni del disco a gennaio 2020, ad aggiungere un tocco finale di magia è stato chiamato il leggendario Andy Wallace, già al mixer per album del calibro di Reign in Blood (Slayer), Nevermind (Nirvana) e Roots (Sepultura). Seppure in pensione da qualche anno, Wallace ha deciso più che volentieri di fare un’eccezione per i Gojira. Purtroppo però la pandemia da Covid-19 ha bloccato per diversi mesi l’uscita del disco, prevista in origine per giugno 2020. Dopo un primo rinvio a settembre, la data definitiva è stata trovata nel 30 aprile 2021, quando – almeno negli Stati Uniti – si è iniziato a capire c’erano concrete possibilità di far ripartire la musica dal vivo.

Inaspettatamente, i mesi trascorsi tra la fine delle registrazioni e l’uscita del disco hanno fatto assumere alle canzoni di Fortitude – pensate e composte ben prima della pandemia – un significato molto più profondo, tanto che lo scorso agosto, quando la band ha pubblicato il singolo “Another World”, il video animato che lo accompagna – che vede i Gojira nelle vesti di scienziati che sfuggono da un mondo ormai inabitabile lanciandosi a bordo di un’astronave all’interno di un wormhole che li porta su un pianeta incontaminato, prima di un amaro finale ispirato al Pianeta delle scimmie – è stato un pugno allo stomaco piuttosto forte. E questa sensazione si ripete anche con gli altri brani del disco, come per esempio la bellissima “Amazonia”, che aggiorna al 2021 le contaminazioni etniche di Roots dei Sepultura e tratta il tema del disboscamento indiscriminato («The greatest miracle | Is burning to the ground»), supportando la causa degli indigeni che vivono in quelle terre. E lo stesso si può dire di “The Chant”, che racconta – aiutata da un toccante video – la difficile situazione dei bambini rifugiati dal Tibet, fuggiti dalla loro patria nel tentativo di preservare la loro cultura dopo l’invasione del paese da parte della Cina nel 1949. Tre canzoni e tre temi molto diversi, ma che fanno capire ancora di più come l’umanità sia un unico grande organismo che ha bisogno di unità, comprensione e collaborazione, soprattutto in un periodo dai contorni incerti come quello che stiamo vivendo. Insomma, ci dicono i Gojira, c’è bisogno di «fortitude», di «forza d’animo», proprio come recita il titolo dell’album.

Nel disco non mancano le digressioni filosofiche, come quelle dedicate all’esplorazione del concetto di mortalità (“Born for One Thing”), oppure riflessioni sulla disobbedienza civile, come in “Into the Storm”, dove Joe incita l’ascoltatore a non aver pura di lottare per ciò che gli sembra giusto, dal momento che le leggi possono essere piegate di fronte alle ingiustizie, a costo di prendersi dei rischi. Proprio come fanno i Gojira in Fortitude, che non hanno paura a contaminare il proprio sound monolitico con influenze che vanno dai Nile (“Sphinx”) ai Porcupine Tree (“Hold On”), passando per i Deftones (“The Trails”) e i System of a Down (“The Chant”), fino ad arrivare alla musica etnica (“Amazonia” e “Fortitude”).

Insomma, Fortitude è un album importante, necessario, non solo per i messaggi che lancia ma soprattutto per come sono veicolati: senza compromessi, con grande dedizione alla causa e un’invidiabile integrità. E con quel pizzico di risonanza emotiva, essenziale a farli arrivare al cuore dell’ascoltatore ancora più velocemente. Ecco, forse Fortitude non è il capolavoro dei Gojira, non è il coronamento di un percorso artistico e molto probabilmente non sarà il loro maggior successo commerciale. Ma di sicuro è il disco di cui abbiamo terribilmente bisogno in questo momento.


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