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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
18/10/2023
Live Report
Flower Kings, 14/10/2023, Teatro Rosmini, Borgomanero
I Flower Kings non passavano dall'Italia da nove anni e hanno trovato casa a Borgomanero grazie all'associazione Veruno Musica, che usando come location il Teatro Rosmini ha permesso ai fan del prog di godere della bravura della band, che con poche concessioni al virtuosismo rimane sempre impeccabile a livello di feeling e intensità.

I Flower Kings non passavano dall'Italia da nove anni (l'ultima volta era stata al Bloom di Mezzago nel 2014, io li avevo visti un anno prima al Live Club di Trezzo, in compagnia di Neal Morse), un'assenza decisamente pesante ed anche piuttosto strana, se pensiamo allo zoccolo duro di fan su cui la band svedese ha sempre potuto contare dalle nostre parti.

L'uscita di Look at You Now, ennesimo disco in studio di una carriera ormai trentennale (per la cronaca è il sedicesimo, ma loro stessi sul palco non sono riusciti a ricordarsi bene quanti fossero) ha rappresentato per fortuna l'occasione per rimediare.

Dobbiamo ancora una volta ringraziare l'associazione Veruno Musica (nota ai più per lo splendido 2Days Prog + 1 di cui abbiamo parlato il mese scorso) che dopo averli portati nel 2012, è riuscita a deviare da noi questo nuovo tour europeo di Roine Stolte e soci.

 

La location prescelta è il Teatro Rosmini di Borgomanero, struttura piccola ma molto accogliente, perfetta per visibilità e resa sonora, ideale anche perché vicina ai luoghi dove l’associazione opera durante l’anno.

Dispiace purtroppo dover constatare come l'affluenza non sia stata degna di questa occasione: che un gruppo di tale caratura, che mancava da così tanto, non sia riuscito a riempire un posto così piccolo è un dato piuttosto significativo di come siamo messi.  

 

C’è stato qualche cambiamento, in questi nove anni. Innanzitutto la formazione: lo storico tastierista Tomas Bodin ha abbandonato nel 2015 e da pochissimo se n’è andato anche il suo successore Zach Kaminis. Questo è dunque il primo tour in assoluto per Lalle Larsson (Karmakanic, ma con alle spalle una nutrita produzione da solista), che gravitava già da tempo nella galassia di amici e collaboratori della band. Alla batteria c’è poi Mirko DeMaio, anche lui alla prima esperienza in Italia, visto che è entrato nel gruppo nel 2018. È italiano a tutti gli effetti, anche se da tempo vive all’estero, e i presenti gli tributano un’ovazione speciale, tanto che verso la fine, al momento delle presentazioni, Roine scherzerà rivolgendosi a lui come “l’uomo in assoluto più amato su questo palco!”.

È una line up che funziona benissimo, con Lalle perfettamente integrato nell’economia complessiva, che arricchisce il vecchio repertorio portando le proprie soluzioni sonore, e che è già parte collaborativa di quel sano e divertito cazzeggio che i nostri amano inscenare tra un brano e l’altro.

E ci sono ovviamente i membri storici, con Michael Stolt indefesso motore della sezione ritmica e Hasse Fröberg che è importante soprattutto dal punto di vista vocale: sue sono le parti più impegnative, suo è il grande lavoro di armonizzazione svolto sui ritornelli, in modo tale da permettere a Roine Stolt di concentrarsi maggiormente sulla chitarra.

 

Il nuovo album non viene preso troppo in considerazione: del resto, da una band come la loro non ci si aspetta più nulla sul fronte delle novità discografiche. Look at You Now non è molto diverso dai suoi più immediati predecessori: di nuovo molto Seventies nei suoni e nelle melodie (in questo sono sempre stati insuperabili, basta vedere le camicie fricchettone con cui anche stasera si sono presentati), questa volta è meno improntato alla dilatazione dei tempi tipica del Prog, con canzoni più brevi ed un’attitudine maggiormente Rock. In scaletta ci sono solo tre brani: i singoli “Beginner’s Eyes” e “The Dream” (lo stesso Roine in sede di Introduzione ne sottolinea ironicamente le potenzialità commerciali) e la suggestiva ballata “Day For Peace”, con Hasse ad eseguire le parti vocali che nella versione in studio sono di Marjana Semkina ("I Am The Morning").

È del resto abbastanza ovvio che una band con una tale carriera alle spalle punti soprattutto sui vecchi classici, piuttosto che sul materiale più recente. Ecco dunque che l’avvio del concerto è affidato a “Ghost of the Red Cloud”, direttamente da quello Stardust We Are che è all’unanimità considerato il loro capolavoro. Da lì arrivano altri due highlight assoluti del concerto, “Church of your Heart” e soprattutto i 27 minuti della title track, che rappresentano anche una perfetta sintesi di ciò che questa band è in grado di combinare sul palco.

Nel corso della serata abbiamo ascoltato anche la vecchissima “Big Puzzle”, quando ancora le influenze Jazz erano preponderanti nella scrittura di Stolt; poi la chicca di “Garden of Dreams”, la suite da un’ora che costituisce il pezzo forte di Flower Power, altro caposaldo della loro discografia. Ne vengono proposti solo i primi tre movimenti, ma è abbastanza per farci emozionare, visto che siamo di fronte ad una delle loro più grandi composizioni.

Infine, c’è spazio anche per un disco normalmente sottovalutato come Paradox Hotel, anche se a distanza di parecchi anni possiamo francamente ritenere esagerate le critiche che gli vennero mosse all’epoca. Ascoltare oggi una traccia come “What if God is Alone” ci riporta dritti ad un’epoca in cui la band svedese provava ancora con una certa energia a trovare soluzioni nuove, laddove oggi appare un po’ troppo impegnata ad autocitarsi. Ed è poi la stessa “Paradox Hotel” a chiudere il concerto come unico bis, un bel brano rock senza troppi fronzoli, potente, diretto e divertente quanto basta.

Nel mezzo, tutta la bravura di un gruppo che non ha certo bisogno di dimostrare niente a nessuno, pochissime concessioni al virtuosismo (da questo punto di vista appartengono a quella corrente del Progressive che predilige la presa melodica alle strutture intricate) ma sempre impeccabili a livello di feeling e intensità.

Peccato per chi non c’era e speriamo di non dover aspettare troppo per poterli rivedere.