Gli Uriel (formazione pre-Egg), i progetti Khan ed Arzachel, collaborazioni con Clearlight, Kevin Ayers e Mike Oldfield, quindi i Gong: già questo poteva bastare al londinese Steve Hillage per campare di fama (meritata) per il resto della vita. Le prime due opere della sua carriera solista, tuttavia, perfezionarono quell'impasto libertario di space rock e progressive tipici delle formazioni in cui aveva militato, in special modo quello delle suggestioni galattico-orgasmiche di Daevid Allen; echi orientaleggianti, distese suite spaziali (in Fish Rising collabora, alle tastiere, Miquette Giraudy, già con Todd Rundgren; in L lo stesso Rundgren), interpretazioni vocali sommesse da elfo fricchettone, improvvisi e deliziosi cambi di ritmo su cui Hillage innesta assoli estesi eppur mai invadenti, sono la stoffa rara e pregevole che materia i due piccoli capolavori.
Egli possiede la capacità di rendere fluide tutte le tracce e attraversarle con tocco leggero e apparentemente svagato; la costruzione musicale è così perfetta da passare inavvertita: non si è mai in grado di indicare un brano o una strofa particolarmente memorabili per l'esecuzione, ma sono l'impasto e l'atmosfera a cattivare complessivamente l'attenzione dell'ascoltatore, in netto contrasto con certe ostentazioni barocche degli anni Settanta, in cui ogni assolo sembra reclamare meccanicamente l'inevitabile ovazione.
A distanza di anni Fish Rising (con la “Solar Musick Suite”) si fa preferire a L (con la “Lunar Musick Suite”); in quest'ultimo disco, infatti, uno stuolo di prestigiosi aiuti (Don Cherry, Rundgren e gli Utopia) e le rielaborazioni, pur ricche e caratterizzanti, di classici di Donovan (“Hurdy Gurdy Man”), Beatles (“It's All Too Much”), Byrds (“Eight Miles High”) finiscono per attutire la miglior qualità di Hillage, ovvero la spontaneità e la tendenza a non occupare stabilmente il cono di luce dei riflettori come star riconoscibile.
Il 1976, peraltro, è anno di svolta ideologico; Hillage si preparava, forse, inconsapevole, al silenzio degli Ottanta e alla svolta trance-ambientale di System 7, nei Novanta: con esiti che, pur non disprezzabili, attizzano però la nostalgia per il calore ingenuo dell'esordio.