Con First Cow la regista Kelly Reichardt ci mostra quella che in nuce avrebbe potuto essere una versione migliore degli Stati Uniti d'America (e di conseguenza una versione migliore delle civiltà moderne occidentali) se solo lo sviluppo del Paese più grande del mondo (metaforicamente) avesse trovato fondamento nell'amicizia, nella gentilezza e nella solidarietà invece che nella violenza. First cow è un western atipico ambientato in un Paese ancora tutto da farsi dove non si spara, non si cavalca a rotta di collo e i ritmi della vita sono lenti, ciclici, senza quelle emozioni forti derivanti da duelli al sole, pistolettate, saloon sfasciati, risse continue e grossi allevatori, anche perché in questo pezzo di ovest, quello ritratto nel film, di mucche ancora non se ne sono viste ed è proprio ora, nel momento in cui si svolge la storia dei nostri protagonisti, che arriva in zona la prima mucca, la first cow del titolo, un bell'esemplare di razza bretone. Ciò nonostante l'impressione che si ha di questa terra rigogliosa, ancora incontaminata, e della gente che si muove lì intorno in cerca di fortuna, non è quella del paradiso terrestre scevro di violenza e incorruttibile, tutt'altro, sono i due protagonisti, tre se contiamo la mucca, a rendere possibile una visione più gentile, educata, seppur non esente dal peccato e impossibilitata a non incrociare la strada del crimine, di ciò che avrebbe potuto essere l'America.
Oregon, metà del 1800. Siamo in un territorio ancora totalmente selvaggio, pochi gli insediamenti, la colonizzazione dell'ovest americano in questa zona è ancora agli albori. Otis "cookie" Figowitz (John Magaro) è un pasticciere che ha imparato il mestiere nell'est ora aggregato in qualità di cuoco a una rude spedizione di cacciatori di pelli; alla ricerca di cibo Otis si imbatte in King-Lu (Orion Lee), un cinese infreddolito e impaurito che si sta nascondendo dai suoi inseguitori. Otis aiuta lo sconosciuto e tra i due nasce una forte amicizia che li porterà a cercare di far fortuna insieme e di sfruttare le possibilità offerte da questo nuovo mondo. King-Lu, che ha girato mezzo mondo prima di arrivare in America, ha una spiccata mentalità imprenditoriale, ottimista, sposa il sogno ingenuo e non coltivato del più mite Otis di aprire un albergo, magari a San Francisco; per racimolare soldi sfrutteranno la bravura di Otis come pasticciere e inizieranno a vendere biscotti e dolcetti al mercato del vicino insediamento. Per cucinarli però a Otis serve il latte, non resta che rubarlo mungendo di nascosto l'unica mucca della zona di proprietà di un fattore benestante (Toby Jones) che, ironia della sorte, diverrà uno dei maggiori estimatori dei dolcetti di Otis. Ma si sa, prima o poi tutti i nodi vengono al pettine.
Le immagini di Kelly Reichardt ci riportano a un mondo antico, a partire dal formato di ripresa in 4:3 che ci fa tornare a uno stile di visione del passato, il west di First cow è molto verde, rigoglioso, dai ritmi lenti, non si vedono deserti e lande assolate, la fotografia di Blauvelt ci restituisce la sensazione di luoghi vividi e reali, all'apparenza più vicini di quelli che possono sembrarci i classici luoghi del western: i boschi, il fiume che corre, il paesaggio, hanno qualcosa di molto familiare seppur lontano. Anche l'incedere del racconto asseconda i luoghi, First cow scorre piano, come il fiume, le accelerate sono poche, ciò che ci mostra è un'alternativa a ciò che è stato e che non ha preso piede, seppellito sotto diversi metri di terra da una realtà più competitiva e violenta. C'è in embrione il discorso sul capitale; già allora, quando la civiltà occidentale era ancora tutta da fare, anche nel paese delle opportunità e del sogno di plastica, senza soldi non si andava da nessuna parte a meno di non rubare o peggio. Ma nella lentezza sconosciuta al sistema denaro rimangono altri valori: l'amicizia tra diversi, il rispetto della natura, una vita semplice, tutte cose che rendono possibile un'esistenza di valore in un mondo che va in tutt'altra direzione.