Come notammo a proposito dei lavori di Steve Roach, in particolare riguardo a The Dream Circle (apostolo, consapevole o meno, delle sperimentazioni della Third Ear Band), la musica occidentale ha, dagli anni Settanta in poi, poche vie d’uscita che le consentano la sopravvivenza artistica: una è l’indipendenza produttiva, da attuare grazie alle nuove risorse web e digitali; l’altra è l’attenzione verso quelle sacche di spiritualità che ancora resistono allo sfruttamento massificato ed intensivo della pubblicità, della moda sfacciata, dell’utilitarismo più gretto che si regge ormai sulla continua e pervicace opera di destrutturazione e banalizzazione delle creazioni passate.
Nell’attuale sistema ogni più viva opera dell’ingegno umano viene decomposta nei suoi elementi primari, lavata da qualsiasi riferimento etnico, filosofico e tradizionale (onde renderla appetibile al consumatore globalizzato), eviscerata di qualsiasi problematica (l’utente anela al relax), levigata da qualsiasi asperità, resa innocua e riproducibile all’infinito. Tale offensiva è accortamente diversificata: la maggioranza avrà il pastone (masscult), la fascia medio-alta la nouvelle cuisine con retrogusto in plastica (midcult medio), l’alta borghesia i migliori cuochi e ristoranti (con colonnine corinzie di polistirolo stile Las Vegas, però; midcult alto per supergonzi): tutti soddisfatti e addirittura convinti di aver delibato l’ambrosia della vera arte o dell’intrattenimento.
Le manifestazioni più profonde della creatività popolare, l’artigianato, le tradizioni, le storie culturali delle singole nazioni sono tutti ridotti ad immensi territori di caccia da cui predare temi, idee e personaggi; prede da cucinare ed imbandire con le salse più rancide e grossolane, servite da camerieri che, ormai, neanche si preoccupano di nascondere le patacche sullo sparato da cerimonia. La figura del vampiro, ad esempio, che affonda, giù per li rami, nel folclore dell’Europa orientale sino all’Asia, è buona per il masscult alla Pattinson, per il midcult alla Anne Rice, per i ‘palati fini’ di Coppola, per i documentari della pay-tv, per escursioni transilvaniche.
Tale genocidio ha un prezzo altissimo: l’impossibilità, per le generazioni future, di accostarsi con mente aperta alle vere fonti che hanno ispirato questi pervertimenti; d’altra parte perché affaticarsi su tali reperti aspri di secoli e sangue, la cui maschera semplice, ma ingannevole, rimanda ad un fondo misterioso di saperi e miscele di popoli, irto di contraddizioni e lacune, stratificato da millenni di fede e disinganno, quando l’industria ci serve queste comode cotolette da asporto?
Non è più possibile recuperare l’innocenza del passato; possiamo farlo solo per via dotta, grazie all’intelligenza e alla sensibilità dei singoli artisti; è doveroso ritrovare quei sentieri che hanno guidato i nostri passi nel tempo passato, dove il gusto era imposto da canoni estetici alti e condivisi.
Dobbiamo appropriaci della libertà di diffondere la musica dei migliori ampliando così la conoscenza musicale, unico metodo per disarmare le operazioni del Sistema che prospera sull’ignoranza delle proposte alternative – presenti e passate – ignoranza ottenuta grazie ad una legislazione e ad una propaganda plasmate dai loro scherani proprio nei consessi in cui l’informazione, la politica e la giustizia dovrebbero amministrarsi secondo il bene comune.
Sarà una lotta tesa ad imporre una diversa idea del mondo, in cui non mancheranno minacce tali da scoraggiare o indurre rassegnazione; in cui si avranno alleati discutibili e, per nemici, alcuni per cui tale battaglia viene combattuta.