«Tu, affogando per respirare
Imparando anche a sanguinare
Nel giorno che sfugge
Il tempo reale sei tu»
(Subsonica, "Tutti I Miei Sbagli", 1999)
Ci sono delle finestre nel nostro tempo in cui arriva un’opera artistica (o più di qualcuna, in settori diversi) che racconta con “perfetta imperfezione” il tempo in cui stiamo vivendo, oppure alcuni precisi periodi storici e sociali. La musica è un veicolo di emozioni ideale e regala delle fotografie che rimangono impresse nella memoria, senza perdere la loro urgenza, anche dopo molti anni. Se vogliamo parlare di come stanno oggi i giovani e la generazione a cui è stato dato in mano un mondo precario e fallace, tanti sono gli esempi di riferimento a cui ispirarsi; come in “Tutti I Miei Sbagli” dei Subsonica, in cui si dipingeva un disagio che si pensava fosse già in parte drammatico, per mancanza di punti di riferimento e certezze sicure. Senza voler fare paragoni scomodi, quello che sembrava complesso oggi è diventato quasi indecifrabile. Quale è la direzione da seguire per vivere rimanendo noi stessi?
L’urgenza di questo 2023 frammentato e confuso può solo essere raccontata da una voce nuova e diversa, di cui è giusto parlare, in un mondo che cerca sempre di andare sul sicuro, dove “l’esperienza” è richiesta anche per cominciare a lavorare e crescere. Ma come si può vivere di musica se l’unico modo di emergere oggi sono i talent televisivi? Qualcuno deve cominciare a spargere la voce e andare a prendere i talenti che cercano di emergere, e dare loro visibilità, nella loro purezza e libertà.
Donïa Nö è una cantautrice toscana che ha già fatto la gavetta e si è immersa in esperienze precedenti, come il progetto The Silence (trovate interessanti tracce sonore su Youtube, nella pagina Donïa Nö), tutto il bagaglio musicale e umano si è convogliato in questo nuovo misterioso nome e nella decisione di passare dalla lingua inglese a quella italiana, per portare messaggi più diretti e chiari.
Il precedente brano “The Queen” denunciava la violenza di genere e dietro a quel “silenzio” si celava il bisogno di ascoltare prima di parlare, unito alla necessità di creare silenzio per poter fare veramente rumore. Ora il volto distorto dell’artista è in primo piano e “Finchè Sono Viva” emerge spavalda, come una dichiarazione di “esistenza” che non potrebbe essere più cruda, sincera e urgente di così.
«L'ansia mi schiaccia il petto e mi toglie il respiro, spesso e da tanto. Ho cercato di ignorarla ma ho capito che evitare quello che sentivo non serviva a niente, anzi peggiorava le cose. Allora mi sono fermata ad ascoltarlo e l'ho buttato fuori come riuscivo.
Ho scoperto che avevo bisogno di urlare più di quanto pensassi. Sapevo già di non saper ballare ma farlo mi aiutava e aiuta a stare meglio, anche se lo faccio male. Allora ho urlato tanto e ho ballato molto, quasi senza riuscire più a smettere.
A una generazione di disillusi che nonostante non vedano futuro, non smettono mai di combattere per averne uno, consumandosi nel presente».
Se il linguaggio sonoro di The Silence era raffinato, rarefatto e nascondeva dietro ad una superficie moderna ed elettronica, mille influenze diverse e spesso piacevolmente dissonanti, ora Donïa Nö decide di ballare e farci ballare sul precipizio di mille incertezze che potrebbero schiacciarci e demolirci, una volta per tutte. L’atto del movimento mostra una volontà di vivere e di ribadire la propria unicità; nel ballo sono messe tutte le nostre emozioni più rischiose e vere: «la paura della morte, le pressioni sociali, la frustrazione, il senso di inadeguatezza che solitamente battono in testa prendono il suono della cassa in quattro (che ci si scrolla di dosso muovendosi a ritmo) e delle melodie e le urla che si alternano».
In un contesto di “Elettronica e suoni distorti, ansia, respiri e melodie ritmiche per ballare con gli scheletri”, il beat ballabile viene immerso in un’atmosfera dark e visionaria, e la voce (per inciso, magnifica nelle sue mille trasformazioni possibili e nascoste) si percepisce quasi distante, fino a entrare nella nostra testa con parole potenti ed evocative:
No, non è quello che ho dentro
Ma una fase di non so che,
Come un limbo da cui uscire senza me.
Se poi scavo e respiro a fondo,
Sì, io inspiro ed espir - hh
E ti giuro che non lo vedi ma li c’è.
Finché sono viva devo stare in ballo,
Ballo finché sono viva, realizzati e poi respira.
Finché sono viva devo stare in ballo,
Ballo finché sono viva, finché sono viva, viva.
É la paura che porto dentro
Del fallimento in verità
Che mi soffoca e mi consuma la realtà.
Finchè sono viva
Finché sono viva, viva
Finchè sono viva
Finché sono viva, viva
Finchè sono viva
Finché sono viva, viva
Finchè sono viva
Finché sono.
No, non è quello che hai dentro
Vedrai è una fase di non so che
Controlli tutto ma ti sei persa dentro te.
Ristagna dentro e fuori ma in fondo
Quanto vale un respir - hh?
Sono viscere riesumate dai miei “se”.
Finché sono viva devo stare in ballo,
Ballo finché sono viva, realizzati e poi respira.
Finché sono viva devo stare in ballo,
Ballo finché sono viva, finché sono viva, viva.
Vedo gli scheletri sullo sfondo,
Ballano ansie in quantità
I rimpianti, e i sogni persi nell’aldilà.
É la paura che scava dentro
Della morte in verità
Che mi soffoca e mi consuma la realtà.
Finchè sono viva
Finché sono viva, viva
Finchè sono viva
Finché sono viva, viva
Finchè sono viva
Finché sono viva, viva
Si balla per dimostrare che si è vivi, nonostante tutto. Il ritmo danzabile viene macchiato con influenze dark e rock, che arricchiscono e “sporcano” una canzone che può essere vissuta e ascoltata su piani diversi di lettura e comprensione. Un vestito moderno ed elettronico che potrebbe trasformarsi dal vivo, in un animale musicale sfacciatamente rock ed estremo, perché molte sono le anime vitali e tormentate di Donïa Nö.