Avevo il cuore duro, allora ero più amaro è più giovane...
...niente di niente, spiega alla gente cosa vuol dire,
cosa vuol dire amare... l'amore... senza mai fare neanche...
...un errore
(Paolo Conte, "Un vecchio eroe", 1989)
Scrutando in quella profondità oscura, rimasi a lungo
stupito impaurito sospettoso, sognando sogni
che nessun mortale mai ha osato sognar.
(Edgar Allan Poe, "Il Corvo", 1945)
Once upon a time.
C’era una volta uno spazio-temporale[1] in cui m’immergevo a leggere di mondi altrove, di un tempo post a cui era stato necessario dare una nuova datazione, dove un eroe custodiva in un hangar vecchi dischi a 33 giri, libri e altri oggetti appartenenti a un’epoca scomparsa. Ci troviamo nell’ambito della Fantascienza, vale a dire il “Luogo” che più di altri si apre a discorsi filosofici, genere a torto considerato come depositario di una narrazione lontana a venire. Questo poteva essere vero cinquant’anni fa, ma oggi? Forse sarebbe più corretto dire che certa Fantascienza ci ha sempre parlato del nostro presente camuffandolo con i robot dell’avvenire tecnologico. Proprio in quegli anni, alcuni illuminati (James G. Ballard e Philip K. Dick su tutti) avevano già visto il nostro tempo, profetizzando una realtà sempre più pervasiva nel controllare i nostri processi mentali.
Il Futuro: una dimensione lontana.
Così sembrava quando avevo l’età in cui il tempo sembrava non esistere (e la velocità dello sguardo era più lenta rispetto alla fruizione di oggi) mentre sprofondavo nei fumetti[2], opere che con il tempo ho imparato a stimare come Letteratura. Nathan Never, assieme a Dylan Dog e Dampyr, sono realizzazioni che mi hanno dato molto e che, oggi purtroppo, non coltivo più. Per quanto riguarda il primo, ripenso a me studente liceale alle prese con la Filosofia e con il cattivo di turno disegnato con volto e corpo ieratico dal nome Aristotele Skotos o affascinato da concetti tipo “Fratellanza Ombra”, “Multiverso”, oppure “I Venerabili”, “La Creatura”. Queste ultime parole in particolare rimandano ad un autore d’importanza cruciale, al quale accennerò più avanti; uno scrittore a suo modo fantascientifico.
Sono da sempre convinto che un modo per accedere ad una fruizione culturale alta, passi anche da disegni racchiusi in un albo di cento pagine. Anche il Cinema non è da meno; per forza di cose quando si va dalle parti della celluloide, se il genere è la Fantascienza, non si può non ricordare la pietra miliare che è Blade Runner. Il pastrano che indossa l’agente speciale Alfa Nathan Never, infatti, viene da lì, da quello di Rick Deckard, il cacciatore di androidi che s’innamora di Rachel[3], androide che forse è stato programmato per vivere più a lungo dello standard fissato in quattro anni. Tempo, tempo a scadenza.
Storia di un numero.
Prima di Nathan Never, il vero scossone va datato al 1986 e al comparire di due lettere - DD - tratte dal titolo dei racconti autobiografici di Dylan Thomas: Portrait of the artist as a young dog, Alfa e Omega, Dylan Dog; basterebbe questa menzione per rendere appieno il bagaglio culturale che può celarsi in un fumetto. Certo, bisogna aver letto un po’ di cose, prima di cimentarsi nella realizzazione di un prodotto che voglia sostenersi su basi culturali: questo mi porta a una considerazione legata al mio passato e che resta una domanda sull’oggi. Mi riferisco a quel momento di passaggio per cui, chi era interessato ai libri, una volta (once upon a time) prima o poi si imbatteva nell’oscurità dei testi di Edgar Allan Poe, dimensione tratteggiata nei suoi racconti dell’orrore e del grottesco. Oggi non so se la cosa continui o quantomeno se l’autore sia ancora un viatico letterario dalla tarda adolescenza ad un’altra età. Per quanto mi riguarda ci fu un fumetto che mi trasportò ad un livello di universo ancora più complesso e oscuro di quello di Poe, verso una zona dove regna una delle menti più oscure della letteratura fantastica: Howard Phillips Lovecraft.
Il numero dell’albo di Dylan Dog è il 18: Cagliostro. L’opera è un apice di creatività, citazionismo e surrealtà. Su tutte, la sequenza di vignette dove l’Indagatore dell’Incubo incontra il pazzo di Providence[4] che apre la porta della sua abitazione (eremo dal quale non usciva mai) e dopo aver congedato Dylan si dà in pasto a uno dei suoi mostri, che lo attende nella stanza accanto. Non conoscevo questo scrittore e da quel momento si è spalancata una porta, una visione su un mondo che non avrei più richiuso. La cosa che più mi ha colpito è la continuità tra i due fumetti: i mostri con cui lotta l’investigatore che ha il volto di Rupert Everett[5] sono gli stessi, per quanto più tecnologizzati, con cui spesso ha a che fare Nathan Never, come se in una sorta d’ideale Multiverso, avessimo al livello base Dylan Dog e a un livello superiore (livelli di universo) il buon Nathan Mai se mi si passa l’italianizzazione del cognome.
Mai, Mai più, come Nevermore. E si torna a Poe e al suo C orvo.
Una volta in una fosca mezzanotte, mentre io meditavo, debole e stanco, sopra alcuni bizzarri e strani volumi d'una scienza dimenticata; mentre io chinavo la testa, quasi sonnecchiando - d'un tratto, sentii un colpo leggero, come di qualcuno che leggermente picchiasse - picchiasse alla porta della mia camera-- «È qualche visitatore - mormorai - che batte alla porta della mia camera» -Questo soltanto, e nulla più. (Edgar Allan Poe - The Raven)
Chi è questo ospite che picchia alla porta e che una volta entrato non uscirà più?
Direi qualcosa che si è fissato nella coscienza dell’agente speciale Alfa e che da lì non si schioderà più; ma andiamo con ordine o, meglio, procediamo sempre nel segno del numero 18 che si caratterizza anche per Nathan Never come un numero speciale. Il numero (doppio, l’intensità della storia richiedeva più pagine) che pesca nell’oscuro passato del nostro eroe. Bastano le prime vignette a testimoniare i riferimenti fantascientifici di base: un uomo si reca in una struttura per parlare con la moglie defunta. La visione della donna in forma di ologramma rimanda (ovviamente per gli appassionati di Sci-Fi) ai Moratorium del capolavoro di Philip K. Dick, ubik; luoghi, questi, dove si può entrare in contatto con i propri cari con lo scotto che, ad ogni incontro, però, il tempo a disposizione per il defunto è sempre meno. Tempo, tempo a scadenza.
Qualche vignetta dopo, adottando un linguaggio da sequenza del Cinema, ci viene mostrata la lapide della moglie di Nathan: Laura Lorring (LL, NN di Nathan Never, DD di Dylan Dog…viene da pensare ai Doppelganger lynchani, esseri Mutaforma che vivono in un’altra dimensione, nella Loggia Nera, tanto per tornare a Lovecraft[6]).
Dentro la vita degli altri.
Un vecchio errore vuole inseguirmi e incatenarmi e trascinarmi lì davanti ad ogni specchio per dirmi: guardati…io non mi guardo, giro lo sguardo…la so a memoria fin troppo questa storia…è uguale che non ci sia o che ci sia. (Paolo Conte - Un vecchio errore, 1989)
Non c’è bisogno di ideare innesti cerebrali fantascientifici per radicare nella mente, nella psiche un’idea o un tormento: a volte basta un errore, per produrre un cortocircuito indelebile, un errore umano che cambi il corso della vita. Il tempo è caratterizzato in ogni istante dalle scelte che facciamo o meno. Nathan ha promesso alla sua figlioletta Ann di portarla nei boschi a vedere gli unicorni[7]; ma Nathan è oberato dal troppo lavoro e questa situazione genera una profonda crisi tra lui e sua moglie Laura. Essere di scorta al procuratore Sara McBain, poi, rischia di avere conseguenze umane, troppo umane. Una sera in cui è lontano di casa per intrattenersi con la sua amante, un criminale psicopatico con cui ha avuto a che fare in precedenza, irrompe nella sua abitazione, massacrando la moglie e rapendo Ann. Alla vista del corpo di Laura, i capelli dell’agente diventano di colpo bianchi per lo shock.
E ciascun tizzo moribondo proiettava il suo fantasma sul pavimento. Febbrilmente desideravo il mattino: invano avevo tentato di trarre dai miei libri un sollievo al dolore - al dolore per la mia perduta Eleonora, e che nessuno chiamerà in terra - mai più. (Edgar Allan Poe – The Raven)
Forse è per questo che Never conserva libri in formato cartaceo, vecchi dischi a 33 giri e altri oggetti di un’era che è stata resettata. Non si tratta solo di coltivare le proprie passioni o di feticismo: si tratta di conservare, quasi voler fermare il tempo per trattenere qualcosa di caro. Successivamente ai tragici fatti, si rifugia in un tempio Shaolin in cerca di una possibile pace spirituale e, probabilmente, per reggere lo strazio di una figlia rapita di cui non ha più traccia. Proprio lui che è un investigatore.
Tornare a vivere. Per non finire.
Tempo dopo l’agente viene a sua volta richiamato a vivere dal fondatore di una nuova agenzia: l’Agenzia Alfa.[8] Lo psicopatico Ned Mace è stato arrestato e la figlia ritrovata. Viene però ricoverata al Sinclair Asylum in quanto gli anni che ha trascorso con il criminale l’hanno resa autistica. Ann non vuole più comunicare con il mondo, tantomeno con il padre, che le porta spesso animali di peluche a forma di unicorno ai quali la bambina si affeziona. Nel corso del tempo tra padre e figlia ha inizio una comunicazione onirica: Never è tormentato da sogni dove la bambina dice di odiarlo per aver permesso la morte della madre, sogni che arrivano da un futuro di distruzione, il futuro che Ann rivela essere quello che li attende se il padre non s'impegnerà a cambiare lo stato delle cose in una lotta contro due entità pericolose: Aristotele Skotos e….Raven.
Scrutando in quella profonda oscurità, rimasi a lungo, stupito impaurito sospettoso, sognando sogni, che nessun mortale mai ha osato sognar. (Edgar Allan Poe - The Raven)
La storia è proseguita, anche se io l’ho abbandonata - così va il mondo - e ogni tanto in edicola mi succede di comprare qualche numero. Un giorno non credendo ai miei occhi vidi nei disegni una ragazza, cresciuta che aiutava il padre nelle sue lotte cosmiche; allora ho ripensato alle parole di Cormack McCarthy[9] contenute nel suo Città della pianura:
Eppure spesso capita nei sogni che le più grandi stranezze sembrino prove del potere di sbalordire, e che le chimere più inverosimili paiano del tutto accettabili. Il desiderio, che noi nutriamo nella veglia, di plasmare il mondo secondo la nostra convenienza, ci trascina a ogni sorta di paradossi e difficoltà.
Tutto ciò di cui siamo custodi ribolle di intima irrequietezza. Nei sogni, invece, ci troviamo in questa grande democrazia del possibile, e qui siamo davvero più pellegrini. Qui ci facciamo avanti per incontrare ciò che dobbiamo incontrare.
Questa grande democrazia del possibile (...) qui ci facciamo avanti per incontrare ciò che dobbiamo incontrare: Ann si è svegliata…ma questa è un’altra storia e forse l’agenzia prende il nome da Mister Alfa, inquietante figura che si cela nei sotterranei della base operativa (un mostro di Lovecraft?) e che pare controllare la vita degli agenti come se fossero dei burattini. [10]
To be continued…
Nel futuro.
Nota dell’ultimo minuto, mentre rileggevo quanto scritto.
Ho riflettuto a lungo se inserire come link musicale la canzone di Paolo Conte citata in esergo. Questo perché è stata la molla che ha generato tutto il pezzo e che nasce da un album, Parole d’amore scirtte a macchina, la cui titletrack parla di una separazione. Mentre ascoltavo musica, i suggerimenti di youtube mi hanno mostrato una song che si adattava meglio allo spirito dell’articolo. Dopo aver parlato di livelli, di porte che si aprono, di sogni e di incontrare quello che nei sogni abbiamo vagheggiato, beh…guardate il video.
Come non inserire la musica di un gruppo che proprio nel 2000, all’alba di un secolo e di un nuovo millennio, diede alla luce un meraviglioso album dai suoni fantascientifici dal titolo (abbiamo parlato di una bambina) Kid A, come Alfa.
Nel testo di Daydreaming, campeggia, poi, una frase che ci riporta alla tragedia che ha investito Nathan: the damage is done. A volte, però, ci viene offerta una seconda possibilità.
[1] Spazio, Tempo. Riceviamoli come categorie senza perderci troppo in riflessioni fisico-filosofiche. Teniamo conto di una sola cosa: si tengono per mano.
[2] Qualcosa di simile agli innesti nei sogni di Inception, di Christoper Nolan.
[3] Nome che rimanda alla Bibbia e in primis al suo significato etimologico di “pecorella di Dio”. Aggiungete che il libro di Dick, notoriamente interessato all’esegesi, si intitolava Do the androids dream of electric sheeps ed ecco che antico passato e contemporaneità si collegano.
[4] Questa nomea non rende giustizia alla sensibilità di Lovecraft che ebbe un crollo nervoso, ma che come racconta Michel Houllebecq nel saggio a lui dedicato, era stato capace di solarità e di un atteggiamento aperto verso la vita.
[5] Harlan Draka, alias il Dampyr invece, ha il volto del Ralph Fiennes di Strange Days di Kathryn Bigelow (ancora Fantascienza).
[6] Bisognerebbe aprire un altro livello di universo per parlare del legame tra il regista di MIssoula e Lovecraft. Una su tutte: Il confine tra sonno e veglia.
[7] Gli unicorni, ancora e sempre Blade Runner.
[8] Edward Reiser: giocando con i suoni potremmo pensare ai verbi arise, erase…sorgere e scomparire come accadrà al fondatore dell’Agenzia, il cui posto sarà preso dall’enigmatico Solomon Darver.
[9] Un autore a suo modo fantascientifico, dato che a 80 anni ha scritto The Road, grande libro post-atomico su un mondo raso al suolo, in tutti i sensi.
[10] Dato che abbiamo accennato a Blade Runner e agli unicorni, vale la pena di ricordare che proprio nella versione director’s cut si adombrava, molto fedelmente al pessimismo di Philip K. Dick, tramite un unicorno la possibilità che anche Rick Deckard fosse un androide.