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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
17/09/2024
Live Report
Fat Dog, 16/09/2024, Arci Bellezza, Milano
Grande show quello dei Fat Dog, che hanno incendiato la perfetta venue del Bellezza con quell’irresistibile mix di elettronica spinta e Post Punk che caratterizza la loro proposta. Uno show che ci ha donato per una sera l’illusione di essere in un club di Londra e ha visto sotto palco un pubblico magnifico che ha ballato e pogato come se non ci fosse un domani, per una serata tutta da ricordare.

Sull’esordio dei Fat Dog, Woof, abbiamo già detto tutto in sede di recensione. Oggi il collettivo di South London arriva a Milano, seconda tappa di un mini tour nel nostro paese che ha toccato anche Trento (nell’ambito del Poplar, un festival in costante crescita negli ultimi anni) e Roma (Spring Attitude). Li avevamo visti per la prima volta a Ypsigrock quest’estate, prima dell’uscita del disco e ci avevano convinto a tal punto che abbiamo deciso di tornare. Del resto l’Arci Bellezza rappresenta la venue ideale per valorizzare l’impatto di una formazione che, seppure già potentissima in studio, ha sin dalla sua nascita fatto del palcoscenico la propria dimensione ideale.

Questa sera non c’è nessun gruppo di apertura e sono le 21.40 quando Joe Love e compagni fanno il loro ingresso on stage, sulle note ironicamente solenni di “Vigilante”. L’apocalisse evocata nell’intro si riversa immediatamente sui presenti sotto forma di quell’irresistibile mix di elettronica spinta e Post Punk che caratterizza la loro proposta, con batteria e cassa dritta che si fondono con grande efficacia.

Rispetto a nomi a cui li si potrebbe in qualche modo accostare, vedi Viagra Boys e Yard Act, qui l’irruenza brutale è stemperata da un utilizzo maggiore dei Synth e delle basi, che spingono molto di più il suono sul versante EDM.

Certo, la batteria di Johnny Hutch picchia a dovere e dona al suono quella dinamicità analogica indispensabile in un live di questo tipo. È tuttavia evidente come il ruolo principale sia del tastierista Chris Hughes, che funziona benissimo anche come uomo immagine, visto che già alla seconda canzone lo vediamo giù a pogare in mezzo al pubblico.

 

Il lato goliardico, del resto, è più di un vezzo di contorno e lo si sapeva, bastava solo leggere le interviste strampalate che hanno rilasciato in questi mesi. Il già citato Hughes conquista tutti con una danza dinoccolata, le mani in alto a mimare l’aprirsi e il chiudersi del muso di un cane, che scommettiamo diventerà presto l’elemento più iconico di questa band. Joe Love è poi un mattatore assurdo, frontman coinvolgente, cantante discreto (non che gli sia richiesto chissà cosa ma fa comunque bene la sua parte), attitudine che definire istrionica sarebbe un eufemismo, bravissimo nel coinvolgere il pubblico, anche lui scendendo più volte in mezzo ai fan.

Il compito di mantenere un minimo di disciplina e regolarità spetta dunque alla bassista Jacqui Wheeler, che se ne sta defilata sul lato destro del palco ma è autrice di una prestazione quasi aritmetica. E poi c’è Morgan Wallace, con i suoi piacevolissimi inserti di sax dal sapore klezmer, anch’essi fondamentali nel definire il sound del gruppo. Poca chitarra, che viene suonata un po’ da Love e un po’ da Hughes, ma che risulta perduta in mezzo al magma sonoro messo in piedi dai cinque.

 

In tutto questo, lo show è breve e senza pause, con Woof che viene suonato per intero e che dimostra tutte le qualità positive già evidenziate, anche se episodi come “All the Same”, “Wither”, la lunga e strabordante “King of the Slugs”, o ancora “Running”, incalzante e senza respiro come il titolo lascia suggerire, sono quelli che hanno suscitato il gradimento maggiore; va comunque segnalato che anche quando si rilassano un po’, abbandonando le pulsazioni ritmiche e concentrandosi maggiormente sull’aspetto orchestrale e bombastico, risultano efficaci: “I am the King”, che sembrava avere meno potenziale in sede live, ha invece convinto molto.

Nota di merito, infine, ad un pubblico magnifico, totalmente conquistato dall’inizio alla fine, che ha ballato e pogato come se non ci fosse un domani, incendiando l’atmosfera del locale e donandoci per una sera l’illusione di essere in un club di Londra.

 

Nel corso del breve set (meno di un’ora ma era ovvio, data la scarsità del repertorio) vengono proposti anche una manciata di brani inediti, tra cui una che è stata presentata ironicamente come “French Eurovision world peace song” e che ha mostrato un convincente lato Pop che in futuro potrebbe essere esplorato con successo.

Come bis, assolutamente inaspettato, visto che era già ripartita la musica dai diffusori, è arrivata una sgangherata e divertentissima versione di “Satisfaction”, la hit di Benny Benassi che, non ce ne siamo stupiti poi molto, non ha mostrato così tanta discontinuità col materiale originale.

Grande show quello dei Fat Dog, che hanno senza dubbio margini di crescita ma che hanno dimostrato ancora una volta che l’hype che si sta creando attorno a loro non è niente affatto esagerato.