Al principio c’era C86.
Scusate l’incipit tra l’Antico Testamento e Guerre Stellari, ma per i lettori più giovani a cui questa sigla può dire poco e nulla, C86 è stata una compilation su musicassetta rilasciata nel 1986 dalla rivista musicale britannica New Musical Express che, dopo la precedente C81, presentava nuove band provenienti da diverse etichette discografiche indipendenti britanniche dell'epoca.
Come termine, C86 è divenuto rapidamente un sinonimo per un genere musicale, che dopo i gray years della new wave ed il post-punk, si caratterizzava per un ritorno al passato basato su chitarre jangle e strutture di canzoni pop melodiche, sebbene, ad onor del vero, anche altri stili musicali fossero rappresentati nel nastro in oggetto.
La scena C86 con il passare degli anni è stata riconosciuta come un momento fondamentale per la musica indipendente nel Regno Unito, includendo band della scena indie pop britannica dell'epoca, passate alla storia come Primal Scream, The Pastels e The Shop Assistants, che hanno influenzato moltissime band anche sull’altro lato dell'Atlantico, le quali hanno assorbito le lezioni chiave di semplicità e naiveté della scena in oggetto.
Difatti, anche se il movimento C86 è stato di breve durata, ha avuto un impatto duraturo sulla musica indie, influenzando il genere "twee pop", ovvero quel sottogenere di indie che deriva da una pronuncia infantile della parola "sweet". Inizialmente usato in modo dispregiativo per descrivere qualcosa di eccessivamente pittoresco o sentimentale, si caratterizzava per la sua semplicità, l'innocenza, le melodie orecchiabili e i testi basati sulle pene e le delizie dell'amore.
Mentre in UK la label di riferimento divenne la Sarah records, negli Stati Uniti, il genere in oggetto guadagnò una certa popolarità nella scena di Olympia, in gran parte grazie al lavoro della K Records.
Il richiamo all’anorak-pop, altra definizione che qualificava tale scena, emerge sin dalla scelta delle cover dei singoli e degli album, caratterizzate dai toni pastello e dalle immagini d’epoca, elementi che ci permettono di capire subito da che parte batte il cuore musicale degli Umbrellas.
Fairweather Friend, l'ultimo lavoro della band, parte subito all’assalto con "Three Cheers", dove le chitarre jangle fanno da cornice ad un canto boy-girl che ci proietta subito nel mood dell’album.
Il quartetto di San Francisco propone subito un'altra possibile hit con la successiva "Goodbye", dove, scambiandosi le parti cantate girl-boy, il risultato è lo stesso: una melodia zuccherosa che ci si appiccica addosso e non si riesce a staccarsi di dosso.
Il tono del disco si fa un poco più movimentato e quasi power pop nella successiva "Toe the line", per poi acchettarsi di nuovo in "Echoes", dove gli accordi simil Smiths, ci accompagnano ad onorare un momento di nostalgia eighties.
E come non richiamare qui le movenze più tipicamente americane di "Games", per poi ballare al ritmo di "Gone" (il cui incipit richiama in maneria inquietante la sigla de I Cesaroni, sic).
Il disco volge infine al termine con il trittico "When you find out", "Blue" e "PM", dove in un tripudio di canti e contro-canti di sapore sixties, The Umbrellas ci ricordano come e perché queste sonorità saranno sempre oggetto di culto: l’immediatezza pop dei riff, il sapiente uso dei vocal, gli stop & go, gli accordi semplici ma efficaci, i ritornelli che sembra di avere in testa da sempre; sì, il guitar pop di classe non ha età.