Come spesso è accaduto in questi anni, anche Exul, quarta fatica in studio dei progressive metaller australiani No Obliviscaris ha avuto una genesi assai complicata. Annunciato nel 2019, i lavori per la registrazione dell’album sono stati poi rimandati a causa della pandemia e del lockdown, aprendo un periodo di incertezze che ha portato il gruppo alla soglia dello scioglimento e ha registrato l’abbandono dello storico batterista Daniel Presland, che ha salutato tutti lo scorso anno per dedicarsi ad altro. Ciò nonostante, la band ha portato a termine il disco che, al pari dei suoi tre predecessori, ha mantenuto intatta quella chimica ingegnosamente frenetica ed elegantemente sinfonica, che li ha portati a essere una delle band più amate dagli appassionati del genere.
Exul è, forse, un disco meno eccentrico dei tre album già pubblicati, ma per converso è eccezionalmente coeso, maturo e focalizzato con precisione in ogni minimo dettaglio. Soprattutto, è un disco più cupo, il cui nucleo è oscuro e minaccioso, trasuda tormento e disperazione, e riflette, quasi inevitabilmente, i sentimenti nati in questi anni di isolamento e incertezza.
La band, come dicevamo, ha perso il proprio batterista, il cui drumming, impetuoso e feroce, ha dato un contributo decisivo nel forgiare il sound Ne Obliviscaris. Se Exul racchiude, dunque, l’ultima performance di Presland dietro le pelli, per converso vede esordire nella line up il nostro Martino Garattoni, un bassista straordinario per tecnica, potenza e fantasia, vera e propria architrave su cui si posano le complesse architetture progressive death metal della band.
Exul è un disco crepuscolare, in bilico tra ferocia e orchestrazioni, e attraversato da un senso melodrammatico per la malinconia, reso incisivo dalle parti di violino suonato da Tim Charles, elemento, questo, che rende il suono del gruppo così evocativo e originale. La ritmica da assalto all’arma bianca e i riff di chitarra di "Equus", il brano che apre la scaletta, trasudano furia e disperazione, elementi che permeano tutta la scaletta di Exul e che vengono portati al parossismo dal perfetto interplay tra il growl luciferino e catacombale di Xenoyr e il cantato pulito di Charles, che a tratti tocca vette angeliche. Un contrappunto emotivamente eccitante, per un brano che racchiude il ruggito del metal estremo e parti melodiche tratteggiate dal suono dolce di archi e chitarra acustica. La successiva "Misericorde", divisa in due parti ("As The Flesh Falls" e "Anathomy Of Quiescence") rappresenta il nucleo dell’opera, è il brano più sperimentale e ben testimonia dell’universo musicale dei Ne Obliviscaris: la prima parte è scossa da arrembante brutalità e accelerazioni tech-death metal, declinate attraverso un adrenalinico andamento di sali e scendi, mentre la seconda parte, più morbida e dolente, è aperta dal violino di Charles che sbriciola il cuore per intensità, a cui si aggiunge, poi, la chitarra elettrica che percorre orizzonti pinkfloydiani fino a un crescendo che evoca i Sigur Ros di "Untitled 8". Diciassette minuti di musica di una bellezza che lascia senza parole.
La seconda metà del disco è forse meno sorprendente, pur mantenendo altissima la qualità di scrittura: "Suspyre" e "Graal" rappresentano la formula più collaudata dalla band australiana, e ribadiscono l’immensa caratura tecnica dei Ne Obliviscaris, esibita, però, senza mai gigioneggiare in inutili orpelli (in Graal il lavoro al basso di Garattoni è pura poesia), mentre lo strumentale conclusivo "Anhedonia" (il brano dal minutaggio più breve) è un’inquietante coda dagli accenti ossianici, che si perde tra le brume di cupi accordi di pianoforte, lamenti vocali e disarmonia sinfonica.
Exul è, in definitiva, l’ennesimo grande disco di una band che non sbaglia un colpo, e si pone, in modo diverso, ma sullo stesso piano dei suoi celebrati predecessori. La differenza risiede nell’approccio maggiormente tenebroso e malinconico, reso perfettamente dal mix fra rabbiosa belligeranza e tetre orchestrazioni, mentre il surplus è rappresentato in alcuni momenti in cui gli avventurosi arrangiamenti alzano ulteriormente l’asticella, facendo così di Exul un disco imperdibile per chi ama il genere.