I Puscifer non hanno mai chiesto l’approvazione di nessuno. Iniziati come progetto solista e parallelo di Maynard James Keenan – noto come cantante di Tool e A Perfect Circle, come performer che non ama farsi vedere in volto durante i suoi show e oramai anche come produttore vinicolo – i Puscifer, anno dopo anno, sono diventati a tutti gli effetti non un collettivo di musicisti al servizio di Maynard, ma un gruppo i cui membri (Carina Round, voce e Mat Mitchell, chitarra) si sono rivelati sempre più stabili e, sostanzialmente, dei compagni di giochi.
Dopo che per band di culto come quelle in cui milita mr. Keenan, ogni uscita è immediatamente osannata, posta sotto i riflettori o analizzata nei minimi dettagli da fan (molti) o detrattori (pochi), non stupisce che per un animo indipendente, ironico e cerebrale come quello di Maynard nascesse il bisogno di uno spazio sì personale, ma meno “sacro”, dove poter sperimentare, divertirsi e irridere tutti nei modi, fregandosene bellamente del giudizio altrui.
Se però con gli album precedenti, nonostante la sostanza fosse sempre piuttosto buona, il lato irriverente prevaleva sempre – vuoi con dei titoli provocatori come il primo "V" Is for Vagina (2007) e il successivo remix "V" Is for Viagra (2008), con delle copertine volutamente sgraziate e trash o con delle mascherate carnascialesche, in cui la storia dei personaggi che si divertivano a rappresentare spesso spazzava via la sostanza di quanto effettivamente realizzato nei suoni e nella struttura formale dei loro album –, con l’odierno Existential Reckoning, nonostante il lato giocoso permanga, le cose si fanno più serie.
La distribuzione, ad esempio, non avviene più solamente tramite Puscifer Entertainment ma si avvale della combo Alchemy Recordings/BMG; la produzione è molto più curata e pulita; e il gioco di ruolo che fa da sfondo all’album è sempre divertente ma di maggiore gusto. I membri della band sono questa volta degli agenti speciali alla Man in Black/X-Files, incaricati di ritrovare tale Billy D. che, con in mano solo una bottiglia di vino e una misteriosa valigetta, è scomparso senza lasciare traccia da qualche parte nei deserti degli Stati Uniti sudoccidentali. Gli agenti Mat, Carina e Maynard, grazie alle ricerche nel dark web, convengono che si tratta di un rapimento alieno e, al fine di ritrovare Billy, non possono che “costruire ponti tra intuizione e tecnologia, matematica e passione, arte e ordine, speranza e prova empirica, di modo da individuare l’esatta posizione di Billy D. e della sua misteriosa valigetta”.
L’immaginario tra il fantascientifico e l’esoterico è reso con eleganza ed ironia dall’artwork dell’album, che rappresenta un Billy D. in occhiali da sole e veste sacerdotale, affiancato da due alieni e circondato da simboli occulti e suggestivi delle più diverse fogge.
Quale gioco, copertina e storia migliore quindi, per raccontare metaforicamente, traccia dopo traccia, attraverso testi garbatamente sfacciati e solo apparentemente criptici, di una società sull’orlo del collasso, popolata principalmente da persone che non fanno che accontentarsi di essere manipolate e disinformate, a volte senza nemmeno rendersene conto, ignorando costantemente i fatti e la realtà che li circonda a proprio danno? Persone sempre più credulone, che si fanno ingannare da teorie complottistiche delle più fantasiose, da false religioni, da politici populisti e da tutto quello che il web dice, ripetendolo e diffondendolo senza alcuno spirito critico.
Siamo sempre più divisi e isolati, sempre più poveri e con sempre meno appigli, intellettuali prima ancora che materiali. Ed è per questo che Maynard coglie l’occasione di questo album per scuotere chi lo ascolta e ricordargli che dovremmo invece vivere in un mondo più inclusivo, ma che allo stato attuale non ci riusciremo affatto, e la cosa potrà solo peggiorare in maniera sempre più irrevocabile, a meno che ognuno di noi, in quanto individuo, non scelga ogni giorno di essere una persona migliore. Non è più tempo di rimandare questa assunzione di responsabilità individuale, perché in questo momento, più che mai, siamo alla resa dei conti esistenziale.
E per chi si fosse distratto, vorremmo ricordare il titolo dell’album dei Puscifer di cui stiamo parlando è esattamente questo: Existential Reckoning.
Il paesaggio sonoro del disco si rifà alle sonorità del precedente Money Shot (2015) – ma con una produzione più curata, qualche passaggio maggiormente electro-industrial ed electro-pop e qualche ottimo singolo in più (“Apocalyptical”, “Bread and Circus”, “The Underwhelming” e “A Singularity” su tutti) – e a lavori come quelli di Trent Reznor e Atticus Ross con i Nine Inch Nails e gli How To Destroy Angels, sempre a cavallo tra un gusto new wave anni Ottanta e un’atmosfera futurista che profuma di retrò, inzuppata di sintetizzatori e in costante equilibrio tra il gelo robotico e il calore della melodia.
Il viaggio interstellare tra razionalità ed esoterismo, voce femminile e maschile, delicatezza e rigore, scorre placido e affascinante: talvolta ci si ritrova a perdersi guardando una notte stellata fuori dalla finestra, non accorgendosi che nel frattempo è magari trascorsa una traccia o due, altre volte ci si ridesta colpiti da tracce che non si può fare a meno di voler ascoltare più e più volte, spinti dalla volontà di voler rivivere nuovamente la stessa magia.
Che siamo tutti sull’orlo di un baratro, ad un passo dalla resa dei conti esistenziale, è certo. Se questa è però la colonna sonora, affrontiamo allora il destino infilandoci anche noi un abito scuro da agenti speciali e andiamo alla ricerca di Billy D. e della sua valigetta, male che vada verremo rapiti dagli alieni. Ma in fondo è il 2020, e se questo è il peggio che potrebbe succedere, avremo anche qualche chance in più che accada.