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REVIEWSLE RECENSIONI
Everybody Knows
Stephen Stills & Judy Collins
2017  (Wildflowers Records)
AMERICANA/FOLK/COUNTRY/SONGWRITERS
6/10
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13/01/2018
Stephen Stills & Judy Collins
Everybody Knows
Nonostante fili tutto liscio da un punto di vista tecnico, il disco produce davvero pochi sussulti e l’impressione è quella di un’operazione nata per soddisfare un desiderio rimasto tanti anni nel cassetto, più che per reale ispirazione artistica

Cinquant’anni dopo, Stephen Stills e Judy Collins ancora insieme. Non è però lo strascico a effetto ritardato della loro appassionata storia d’amore. Quella, iniziata in California nel 1967, si concluse definitivamente due anni dopo, quando la Collins si innamorò perdutamente di Stacey Keach, un attore conosciuto a New York durante le lavorazioni per l’allestimento teatrale di un musical. Una relazione altalenante, quella fra Stephen e Judy, che però entrò di diritto nella letteratura rock per quella memorabile canzone, Suite: Judy Blue Eyes, che Stills dedicò all’amata e che finì nel primo disco dei CS&N. Oggi, i due, che nel frattempo sono rimasti amici e che non hanno mai smesso di stimarsi, decidono di tornare insieme per fare quel disco che già avevano pensato ai tempi della loro relazione. Everybody Knows, questo il titolo dell’album, contiene un solo pezzo originale a firma Collins, River Of Gold, e nove cover. Alcune sono reinterpretazioni di brani tratti dai reciproci repertori: Questions e So Begins The Task, sono a firma di Stephen Stills, mentre Houses e Who Knows Where The Times Goes, sono state scritte dalla Collins; altre, invece, sono cover di autentici evergreen: Girl From The North Country di Bob Dylan, Everybody Knows (che dà il titolo al disco) di Leonard Cohen, Handle With Care dei Traveling Wilburys e Reason To Believe di Tim Hardin. Un filotto di canzoni splendide, interpretate con grande professionalità da due artisti che, probabilmente hanno già detto tutto quello che avevano da dire, ma che, a prescindere dall’indubbia autorevolezza, sono tutt’altro che bolliti (è stupefacente come Judy Collins, che di anni ne ha settantotto, riesca ancora ad avere un timbro così cristallino). Tuttavia, nonostante fili tutto liscio da un punto di vista tecnico, il disco produce davvero pochi sussulti (l’episodio migliore è l’unico brano originale) e l’impressione è quella di un’operazione nata per soddisfare un desiderio rimasto tanti anni nel cassetto, più che per reale ispirazione artistica. Insomma, non si discute la perizia con cui queste canzoni sono state suonate e arrangiate, ma questa è anche l’unica partita all’attivo di un bilancio diversamente deficitario. Se il disco di Judy Collins dello scorso anno, trovava in Ari Hest un spalla perfetta per distribuire emozioni a palate, il connubio artistico con la vecchia fiamma ha, invece, prodotto un lavoro elegante ma senza anima. Nessun palpito, dunque, né canzoni memorabili, ma solo l’occasione per ricordare con molta nostalgia una storia d’amore conclusasi mezzo secolo fa.