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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
14/02/2022
Hania Rani
Esja
Una donna, il suo pianoforte, la musica che scorre fluida come i pensieri, evocativa come i ricordi, dolcemente triste, come il respiro affranto di un malinconico soliloquio.

Una donna, il suo pianoforte, la musica che scorre fluida come i pensieri, evocativa come i ricordi, dolcemente triste, come il respiro affranto di un malinconico soliloquio.

Esja è l’esordio solista della pianista polacca Hania Rani, e non contiene altro che un pianoforte a coda e l’emozione che si materializza nel battito del cuore di chi ascolta.

In accordo con l'estetica comune della musica neoclassica, ci sono alcuni rumori di sottofondo, come il piede che tocca il pedale del pianoforte, che creano quasi una sensazione di presenza fisica. Ma sono solo sfumature. Perché l’anima di questo progetto, sono canzoni che avvolgono l’ascoltatore, grazie a uno stile che alterna fluire liquido e tocco percussivo, con la Rani che usa gli accordi come pattern, aggiungendo limpide melodie minimaliste allo sfondo.

Esattamente come avviene nell’opener "Eden", un brano che suona fondamentalmente attorno alla stessa linea melodica, ribadita più e più volte, ma che diviene sublime grazie al tocco dinamico della pianista, che riesce a rendere scintillante una struttura compositiva quasi pop. Un gioco che funziona perfettamente e che farà la felicità di quanti hanno amato i primi lavori di Nils Frahm.

Rivoli di pioggia cadono letteralmente sull’esecuzione di "Sun", i cui arabeschi potrebbero ricordare l'impressionismo francese e compositori come Claude Debussy. Anche in questo caso Rani resta concentrica al cuore melodico del brano, mantenendo la sua musica minimalista, ma sempre innervata di dinamicità. "Glass", invece, suona in modo molto simile a un piacevole sottofondo, è una miscela di musica minimale che potrebbe evocare proprio Philip Glass, fino a quando, poi, una leggera distorsione del suono, da qualunque parte provenga, conferisce al pianoforte una sensazione spigolosa, e, quindi, la melodia, calma e paziente, inizia a schiarirsi, mentre le schegge di vetro feriscono in profondità, come è profondamente emotiva la sensazione che pervade l’ascoltatore.

La conclusiva "Now, Run" è un titolo perfetto per una canzone con il suo ritmo, il piano suona veloce e lavora su accordi jazz, incoraggiando una strana dicotomia interiore, un conflitto fra stasi e ricerca del movimento. Sei minuti e mezzo che si trasformano in un'esperienza di ascolto senza tempo, in un’esperienza fluttuante di opposti sentimenti.

In Esja le canzoni fluiscono l'una nell'altra, senza soluzione di continuità, ogni canzone è un tassello imprescindibile di un unicum coerente e omogeneo. Non servono stacchi o pause: è la musica di Hania Rani a essere un romito dal mondo circostante, una pausa dalla realtà che spinge in una parallela dimensione di cristallina bellezza.

Un ottimo album da meditazione, quindi, corposo ed evocativo come un vino rosso strutturato, uno di quei dischi che pretendo l’ascolto in solitaria, possibilmente in cuffia. Hania Rani dimostra di avere una grande conoscenza della composizione e della musicalità, e il suo stile è chiaramente influenzato dall'impressionismo francese, dalla musica neoclassica e dal suo background jazz. Una pianista straordinaria, dotata di grande tecnica e di nobile pedigree, quindi. Ma non basta tutto ciò a suggerire l’ascolto di questo gioiello. Esja è semmai un disco che raggruma in sé estasi ipnagogica, sogni ad occhi aperti, un meditabondo errare fra i tormenti dell’anima. Ci sono tecnica e passione, scuola classica e romanticismo. Ci si accorge di più dei sentimenti, però, che della tecnica della pianista: e questo rende Esja un disco imprescindibile per chi ama abbandonarsi a quella triste felicità chiamata voluptas dolendi.