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REVIEWSLE RECENSIONI
Eric Clapton's Crossroads Guitar Festival 2019
Artisti Vari
2020  (Warner, Rhino)
BLUES CLASSIC ROCK
8/10
all REVIEWS
23/02/2021
Artisti Vari
Eric Clapton's Crossroads Guitar Festival 2019
Il blues e la chitarra saranno destinati a scomparire nella musica del futuro? A giudicare dal Crossroads Guitar Festival proprio no. Garantiscono Marcus King Band, Lianne La Havas, Pedro Martins, James Bay e Tom Misch.

Il Crossroads Guitar 2019 potrebbe essere definito il Festival dei NON

Clapton nel 2013 lo annunciò per il 2016, ma per svariati motivi NON avvenne e, visto il passare degli anni e purtroppo la perdita di alcuni dei personaggi che caratterizzarono questa epopea -su tutti B.B. King- si pensava NON potesse essere più organizzato.

Ovviamente l’annuncio dell’evento, abbinato a quello della location, Dallas, fece sognare chi poteva assistere ai due show (20-21 Settembre) e pure coloro che non sarebbero stati presenti quei giorni, ma già assaporavano il DVD.

Ebbene all’epoca venne dichiarato che NON vi sarebbero state successive pubblicazioni, ma chiunque avrebbe potuto viverlo, se non direttamente, in streaming.

Diventa un colpo di scena quindi l’uscita, a più di un anno da quella due giorni dedicata alle chitarre, non solo del Blu-Ray (non del tutto convincente nel mix audio in alcuni frangenti, ben strutturato invece come regia), ma anche di un triplo cd che condensa parte delle varie performance.

E qui si giunge all’ultimo NON che mi riguarda da vicino.

Da parecchi anni sostengo che, persa gran parte degli storici Guitar Heroes, goduta la ventata di freschezza portata dai vari Gary Clark Jr, John Mayer, Derek Trucks, Doyle Bramhall II, Robert Randolph, Jonny Lang (presenti ovviamente al festival e in gran spolvero) e  Joe Bonamassa, NON vi siano sussulti degni di nota nelle nuove generazioni.

Ne parlai tempo fa, dopo un concerto di Jacob Dylan a Zurigo, con Audley Freed, pregiato chitarrista ai servigi dei Black Crowes, fra i tanti, e Fred Eltringham ingegnoso batterista protagonista in alcune incisioni dei Wallflowers. A quell’epoca si cimentavano nella live band del figlio di Bob.

La loro risposta fu confortante: “Forse in Italia non lo percepisci, ma cerca su internet, appuntati alcuni nomi…ce ne sono, vedrai, cresceranno…”.

Si poteva forse dar torto a questi due?

Quando me li sono trovati sullo schermo, per quest’opera di cui sto parlando, stavolta a fiancheggiare Sheryl Crow e si è unito a loro James Bay per suonare Everyday Is a Winding Road, sono trasalito.

Avevano ragione. E Bay sarebbe stato solo l’inizio della sfilata di nuove promesse.

Conoscevo James di sfuggita, mi sembrava il frutto di un indie pop fin troppo commerciale e invece ha infervorato la platea.

Quando si è esibito con la sua band, annunciato dal mitico Bill Murray, il suo pezzo più famoso Hold Back The River si è trasformato in un lamento rock fortemente guitar driven. La seguente When We Were On Fire, parafrasando il titolo, ha davvero messo il fuoco sotto i seggiolini dell’esigente e ben abituato pubblico dell'American Airlines Center…Standing Ovation!

Se a lui aggiungiamo un sorprendente Tom Misch, almeno per me, che lo avevo sottovalutato, ma soprattutto Pedro Martins, beh allora i miei figli potranno tirar fuori dal ripostiglio la mia vecchia Fender, che per pigrizia e inettitudine non ho mai imparato a suonare, per imitare questi nuovi dei della sei corde!!

Tornando a Martins: ventisette anni, brasiliano, mostra le sue virtù chitarristiche con Retrato, in compagnia di Daniel Santiago ed è pure ottimo vocalist nella fantastica B-Side, brano a metà strada tra Joao Gilberto e i Police con una spruzzata di Pat Metheny. E mi ha stregato anche per il look. All’improvviso ammirandolo mi è sembrato di avere un’allucinazione. Pareva il sontuoso Mark Knopfler degli anni 80, con i Dire Straits…

La Marcus King Band oramai non è più una sorpresa ed è capitanata da un venticinquenne tutto pepe. Goodbye Carolina è una cartolina musicale intrisa di rock blues da spedire a chi crede che questo genere sia morto.

E poi, sempre per parlare di gioventù, vorrei raccontarvi di una ragazza incredibile, già molto apprezzata in Inghilterra e USA, Lianne La Havas. Forse non è il massimo fare sempre paragoni, perché ogni personaggio è unico e a sé stante, ma serve a dare un’idea. E se vi dico che è un incrocio tra Joan Armatrading e Joni Mitchell forse, scusate la ripetizione, ma rendo l’idea. Voce calda e sicura, arpeggi precisi, a volte sincopati, una vera goduria per le orecchie. Performa senza accompagnamento, è dotata di una presenza scenica che la fa sembrare una veterana.

Chiariamo, in queste quattro ore e passa di spettacolo (e avrebbero potuto essere almeno due in più al fine di dare più ampia visibilità ad alcuni artisti) non mancano i mostri sacri. Jeff Beck picchia giù duro con la sua potente sezione ritmica, i Los Lobos aggiungono alla kermesse un tono chicano grazie al loro roboante latin rock.

Bonnie Raitt è una forza della natura e compare più volte, prima con il brillante Keb’ Mo’, poi con l’elegante Jimmie Vaughan. La sua slide la fa da padrona e infine si permette anche un duetto con Sheryl Crow.

All’interno del festival c’è anche un microfestival dedicato al bottleneck. Infatti anche Sonni Landreth, cui spetta sempre l’onore di aprire e Jerry Douglas, ospite del sempreverde Vince Gill, ci danno una stupenda lezione per come suonarlo.

Il sempre più istrionico Buddy Guy non delude, accoppiato a Jonny Lang per Cognac e ancora una volta, se ce ne era bisogno, la Tedeschi Trucks Band dimostra di essere una delle migliori live band al mondo con How Blue Can You Get seguita da Shame. E Doyle Bramhall II approfitta del loro valido contributo per illuminarci con una toccante That’s How Strong My Love Is

Ho volutamente lasciato per ultimo il padrone di casa, Eric Clapton. Essendo un claptoniano convinto vivo sempre un conflitto di interesse quando devo parlare di lui. Gli anni passano per tutti e per la prima volta devo ammettere che il suo tocco non è più quello di un tempo. Slowhand, tuttavia, sa sempre emozionare. Si trova chiaramente più a suo agio con l’acustica, sceglie due pezzi scontati come Wonderful Tonight e Lay Down Sally, però abbiamo l’occasione di rivedere dal vivo per l’ultima volta il compianto Jamie Oldaker.

Infine ci concede due chicche. La prima è Purple Rain di Prince, già da lui suonata a sorpresa in due date alla Royal Albert Hall nel maggio del 2019. Interpretazione da brividi.

L’altra è un’incredibile versione di While My Guitar Gently Weeps insieme allo scatenato Peter Frampton, alla prima presenza in questa manifestazione. Vedere l’autore di Baby I Love Your Way manifestare tutta la propria emozione per aver coronato il sogno di una vita e aver eseguito questo storico pezzo dei Beatles con chi era presente nella registrazione originale è impagabile. E dimostra anche che fare un mestiere con il cuore consente sempre di trovare stimoli ed entusiasmarsi, a qualsiasi età e situazione.

Il Crossroads Guitar Festival è unico nel suo format. L’importante causa benefica va di pari passo con la qualità artistico-musicale che mai è mancata anche nelle quattro precedenti edizioni. Ovviamente è il blues a farla da padrone, ma sono presenti varietà di ogni genere musicale. Rimane un appuntamento imperdibile per tutti gli appassionati di chitarra e ha dimostrato di avere un futuro sicuro, pieno di giovani promettenti.


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