Un concerto per chi, quando va ai concerti, non sa mai bene dove mettersi e preferisce starsene a lato, defilato. Un concerto per chi si vergogna a ballare in pubblico e preferisce farlo a casa, da solo nella propria stanza. Un concerto (dirà introducendo la conclusiva “Nero ardesia”) per pensare alle persone che si hanno accanto ogni giorno e che, proprio per questo motivo, rischiano di passare in secondo piano.
Un concerto che cade proprio il Giorno della Memoria, in un frangente storico in cui ricordarlo senza menzionare quello che sta accadendo a Gaza appare come un gesto coraggioso, nella misura in cui le parole che spende poco prima di una toccante versione di “Te ne sei andata per ballare” risultano sagge ed equilibrate.
Un concerto per chi, pur proveniente da un mondo differente, riesce a riconoscere nell’altro un compagno di cammino artistico, così come accaduto a Mecna, sul palco per cantare “Punto di domanda”, alla cui versione in studio ha preso parte.
E non è quindi un caso che le danze vengano inaugurate da “Pianopiano!”, col testo che dice che sì, prima o poi alla meta ci si arriverà, ma che nel frattempo è importante godersi la strada.
Che Emma Nolde sia maturata è fuorviante dirlo perché, in fin dei conti, matura lo è sempre stata. Chi scrive se la ricorda tranquilla e con le idee ben chiare quando, da poco uscita dalle scuole superiori, pubblicava Toccaterra. Dove, per inciso, c’era un brano, “Sorrisi viola”, che è tuttora uno dei suoi più belli e che aveva scritto quando aveva solo quindici anni o giù di lì (tra parentesi, sentirla in versione full band, dopo che nei primi tempi della sua carriera dal vivo non la suonava praticamente mai, è stata davvero una bella emozione).
Arrivata al terzo disco ha semplicemente dimostrato che le aspettative su di lei non erano mal riposte: Nuovospaziotempo spinge di più sulla dimensione Urban rispetto a quanto faceva già il precedente Dormi ma non si appiattisce mai su soluzioni convenzionali, mostrando un’abilità ed una versatilità nel songwriting che è poi il suo principale pregio sin da quando ha iniziato.
Al Bellezza ci ritorna poco più di un mese dopo, in una data che si è rivelata necessaria dopo il sold out del 13 dicembre, e che è andata esaurita altrettanto in fretta. Anche questo è un buon segno: certo, non stiamo parlando dell’Alcatraz o del Fabrique, ma il solco appare ormai tracciato, come dimostra anche il coinvolgimento di un nome del calibro di Niccolò Fabi, che è apparso in “Punto di vista” e a cui pare che adesso Emma restituirà il favore nel prossimo disco in studio.
Dal vivo non la vedevo da parecchio, perché il tour di Dormi non aveva avuto troppe date a Milano e dintorni e quelle poche me le ero perse. Ricordo comunque che sin dagli esordi la resa delle sue canzoni sul palco era ottima per cui sono stato ben felice di constatare che, almeno da questo punto di vista, la maturazione c’è stata e pure consistente.
È un live energico, fortemente basato sulla dimensione ritmica, spinto a meraviglia da una band affiatata e competente: Andrea Beninati (che si alterna tra basso e violoncello), Francesco Panconesi (tastiere e sax) e Marco Martinelli (batteria) accompagnano la chitarra di Emma (che lascia però da parte nei brani più groovy e al confine con l’Hip Hop) alternando un wall of sound irresistibile a momenti più cameristici, dove violoncello e chitarra mettono in mostra quel lato più emotivo ed intimista da sempre presente nella scrittura dell’artista toscana.
Sul palco Emma ci sta alla grande, la sua presenza scenica è notevolmente cresciuta e adesso balla disinvolta e tiene in pugno il pubblico con disinvoltura, esibendosi allo stesso tempo in una performance vocale di grande livello. Poi c’è un repertorio di prim’ordine, che vede il nuovo disco protagonista (“Sempre la stessa storia”, “Universo parallelo”, dedicata al padre, “Mai fermi” e “Sirene” quelle che mi hanno impressionato di più) ma che valorizza anche le cose più vecchie, a cominciare da Dormi (splendida l’esecuzione della title track, ma anche su “Voci stonate” ci si è divertiti parecchio) e riarrangia quasi completamente i pezzi di Toccaterra (“Berlino” è ancora più vivace e rumorosa, “Sorrisi viola” è impreziosita dal violoncello, “Nero ardesia” ha il primo ritornello completamente svuotato della sezione ritmica, a creare un bel contrasto con la seconda parte, “Toccaterra” è invece ridotta al solo ritornello, saturo e carico di Synth).
C’è forse qualche sequenza in più del necessario (sulle seconde voci soprattutto) ma è ugualmente un concerto con una forte componente rock, nel senso più lato del termine, e che dimostra ancora una volta la versatilità di una proposta musicale che, mai ingabbiata in incarnazioni troppo rigide, conserva al tempo stesso un marchio identitario che disco dopo disco si fa sempre più forte.
La dimensione mainstream è pericolosamente vicina ma credo che Emma Nolde abbia tutta la consapevolezza necessaria per poterla gestire al meglio.