Nel mezzo dell’ottava edizione del Festival BA Classica Dialoghi Musicali che l'Associazione Musicale G. Rossini ETS da otto anni organizza in collaborazione con la Città di Busto Arsizio e con numerosi sponsor istituzionali e privati, abbiamo avuto modo di ascoltare, nella splendida cornice di Villa Ottolini, il giovane (classe 2000) pianista piemontese Emiliano Blangero.
All’interno di un cartellone che presenta delle vere e proprie chicche per gli appassionati di musica classica, vedasi il concerto con il quale il celebre pianista Louis Lortie eseguirà l’integrale degli Studi pianistici (opera nr. 10 e opera nr. 25 di F. Chopin) o ancora L’Offerta Musicale di J.S. Bach, nella versione pianistica e per quartetto d’archi e flauto eseguita dal pianista Ramin Bahrami, non deve stupire la presenza di un esponente della cosiddetta new classical music.
Emiliano Blangero si è formato musicalmente in tenera età e, dopo alcuni incontri con maestri quali Ezio Bosso e Roberto Cacciapaglia, è assurto agli onori delle cronache musicali per la collaborazione con musicisti pop come Lazza (Sirio Concertos) e Rose Villain, oltre che per la sincronizzazione di un suo brano (ovvero l’abbinamento di una traccia musicale a una produzione televisiva, ndr) nella serie tv coreana Heart Signal – Friends.
Il concerto tenutasi a Busto Arsizio è stato un’occasione per sentirlo all’opera anche con due rappresentanti del We.Ensemble (Lucia Lago al violino e Chiara Torselli al violoncello), un ensemble di formazione classica attivo oramai da oltre dieci anni, che si è specializzato nell’eseguire musica pop con una strumentazione classica.
Proprio partendo da questa definizione si apre un mondo: non vorrei per l’ennesima volta ritirare fuori la oramai annosa polemica sull’“aurea” da cui è ravvolta da tempo la cosidetta modern classical, genere oramai ricco di interpreti sia a livello nazionale (Einaudi in primis, poi Paterlini, o, per rimanere nelle terre piemontesi, Federico Albanese e lo stesso Blangero) sia a livello internazionale (Hania Rani, vedasi report qui, Olafur Arnalds, Max Richter, Nils Frahm e via discorrendo), corrente assunta oramai agli oneri decennali della cronaca (e della critica) musicale per le atmosfere rilassanti e ripetitive (aggettivi che, secondo il punto di vista personale, possono essere intesi in una accezione positiva o negativa).
Personalmente apprezzo il genere, che trova uno dei suoi fondamenti nella musica minimalista di Glass o Riley - rendendola tuttavia più semplice e immediata - e, seppur non confondendolo con la complessità armonica e semantica della musica classica, penso che questi musicisti stiano facendo qualcosa di sicuramente utile per il futuro della musica classica. Da qui, immagino, la ragione della loro accoglienza in un cartellone come quello di BA Classica.
Ho già scritto in altre pagine di Loudd come nel corso dei secoli si sia creata una dicotomia tra l’ascolto musicale e il fare musica: mentre ancora nel Settecento e Ottocento esisteva una grandissima cerchia di persone che sia ascoltava sia suonava uno strumento, negli ultimi duecento anni la capacità e la conoscenza dell'arte di fare musica sono state relegate via via ai professionisti, con un divario sempre crescente rispetto all’esecutore di musica “dilettante” e l'ulteriore conseguenza che solo una piccolissima percentuale dei fruitori di musica risulta in grado di apprezzare pienamente ciò che viene composto ed eseguito in ambito classico (e non solo).
Risulta tuttavia inutile attardarsi in rimpianti, il dato oggettivo è il seguente: nell’era contemporanea la maggior parte delle persone semplicemente non ha una connessione con la musica classica tradizionale (e ultimamente anche con la musica rock).
Tuttavia, al contempo, tantissime persone trovano una loro connessione con la cosiddetta modern classical music, ciò per diverse ragioni: innanzitutto perché, nella sua semplicità (e nel mantenersi in ambito tonale) parla loro perché è a loro contemporanea; in secondo luogo perché induce in uno stato di relax (e ditemi chi nel quotidiano stress non aneli ad un poco di relax); successivamente perché, a prima vista, sembra così basica che ci si immagina che la si potrebbe quasi imparare da soli; ed infine perché offre un'esperienza tattile, una ode al puro suono che non si ritrova nel mondo digitale da cui siamo oramai accerchiati.
Per questo motivo, al di là dei termini non propriamente entusiastici scritti da Baricco in un articolo presente nella sua celebre raccolta Barnum sulla musica minimalista, credo che al netto delle progressioni armoniche da molti intenditori considerate limitate, il genere musicale in oggetto abbia una sua ragione d’essere, perché, in ultimo e comunque, apre a una dimensione del cuore alla quale certamente molta della musica moderna non riesce ad attingere.
Ecco quindi le ragioni per le quali, passando al live report, sin dall’introduttiva "Pensieri", seguita da "Quel che resta del giorno" e da "Oltre", il concerto del giovane musicista piemontese ci permette di entrare in una dimensione musicale lirica e suggestiva.
A seguire la parte introduttiva della serata, Emiliano Blangero ha offerto al pubblico tutti i brani della sua ultima fatica discografica, Someplace, composta da 12 tracce, con qualche brano posizionato in modo differente rispetto alla scaletta dell’album.
L’arista piemontese ha definito questo LP come un percorso musicale che invita all'evasione dalla realtà attraverso un viaggio emotivo tra i ricordi e le sensazioni del compositore, collegate ad alcuni luoghi della sua storia e della sua vita.
Il viaggio (ed ecco una delle ragioni della popolarità di questo genere, che introduce l’ascoltatore in un viaggio interno attraverso luoghi intimi e personali) inizia con l’evocativa "Someplace", seguita dalla bellissima "Believe in you", con le sue progressioni pianistiche puntellate dagli archi, indicata quale monito da parte del compositore nel credere sempre in quello che si è e che si pensa.
A seguire ecco "Wedding Thoughts", ovvero la rievocazione dei matrimoni in cui Blangero suonava per racimolare i soldi utili a pagarsi le prime registrazioni. Emiliano ricorda come rimaneva colpito da due sentimenti contrastanti: il tema della fortuna di essere amati e di ritrovarsi tra volti e persone che ti vogliono bene, e il contrasto con la solitudine che vivono molte persone.
Il concerto è proseguito con "Lungomare" e "All’imbrunire", ideate su un molo in riva al mare sul finire di una estate, col sentimento ambivalente di un momento al contempo dolce e amaro (Righeira docet).
Spazio quindi a "Invisible boy" e "Room 15", accomunate dal ricordo del tempo passato nella stanza 15 del Conservatorio a seguire la propria ispirazione, un posto dove talvolta si sentiva fuori luogo e invisibile. "Come back home" significa il ritorno a casa tra i volti che ami e che ti amano, per poi lasciare spazio a "Far far away", concepita come una fiaba sonora all’interno di una valle incantata.
"Departures" e "Rail 1", sono brani concepiti in una stazione ferroviaria e il pianista ha invitato l’audience a chiudere gli occhi e immaginare le persone che sono dovute partire e alle quali abbiamo dovuto dire addio.
Il concento si è chiuso con "Nowhere", ovvero un non luogo che per il musicista piemontese deve essere evocato come una notte piovosa inglese, dove, seduti su di un muretto, vediamo un anziano musicista uscire da un pub e suonare, sotto un lampione, un ultimo valzer con la sua tromba.
Su richiesta del pubblico, infine, il giovane pianista ha offerto un encore improvvisato, chiedendo a una persona del pubblico di suonare sul piano delle note (ben cinque) sulle quali ha sviluppato un brano.
Come già scritto nel live report dedicato al concerto di Elijah Fox (vedasi qui) l’improvvisazione è sempre un momento magico e Emiliano non poteva non offrire questa degna conclusione ad una bellissima serata.