Will Oldham, alias Palace Music, Palace Songs, Palace Brothers, dà un riferimento definitivo alla sua identità sfuggente con il moniker Bonnie “Prince” Billy, il suo alter ego più prolifico con il quale pubblica una serie di dischi fino ai giorni nostri. Ease Down the Road, uscito nel 2001, rimane probabilmente il suo lavoro maggiormente rappresentativo, quello per cui può essere definito il capostipite di un genere particolare, il cantautorato “in bilico”.
In bilico sono le melodie, sempre fragili e tremolanti, portate senza remore in brani venati volontariamente da un andamento sghembo e alticcio, a volte tristissimi, altre volte ameni, sempre pervasi da lentezza (qualità oramai rara ai nostri tempi mordi e fuggi) e impalpabilità. In bilico è anche la sua voce, sorta di sussurro dai mille colori vicino a certe interpretazioni del mai troppo compianto Shane McGowan, una voce adorata da artisti del calibro di PJ Harvey e apprezzata dai suoi seguaci Bill Callahan (a tal proposito è interessante ripensare a Supper, il suo bellissimo lavoro di quel periodo) e Jason Molina.
Ease Down the Road, tuttavia, riesce nell’impresa di infondere serenità, rivestendo di una leggerezza scevra di banalità l’intero lotto di canzoni, tutte bellissime, dall’intimità dell’opener “May It Always Be” all’ammaliante chiusura di “Rich Wife Full of Happiness”, i due pezzi più rappresentativi, posti strategicamente all’inizio e alla fine.
“May It Always Be” è una composizione d'amore in tutto e per tutto, una dichiarazione di devozione a un partner, che, sostiene il narratore del brano, lo rende completo, lo fa sentire quello che è, senza vergognarsi dei propri difetti. La partenza è dolce, con un ritmo morbido, un gorgoglio di chitarra e alcuni accordi di pianoforte. Bonnie “Prince” Billy canta in toni tenui, chiedendo: “Sono stato con te per un tempo abbastanza lungo / Posso chiamarti... mia?”. Tutto ciò si trasforma in un desiderio di permanenza: “Che sia sempre così / Ti prego, non lasciare il mio fianco, ricorda che ti amo”.
“Rich Wife Full of Happiness” è una composizione accattivante e ricca di spunti di riflessione: analizza la complessità delle relazioni e la dicotomia tra ricchezza materiale e appagamento emotivo. Con la sua melodia seducente e il testo poetico, offre una profonda esplorazione dell'amore, del matrimonio e della ricerca della vera felicità.
In mezzo a queste due vette il disco scorre velocemente, mentre Oldham continua a raccontare storie delicate, cantate con il sorriso sulle labbra (anche se a volte sembra quasi essere un ghigno), lasciandosi apprezzare pure per la veste musicale finissima, confezionata senza comunque raggiungere lo sfarzo, e per l’eleganza del registro compositivo. “Careless Love”, “A King at Night”, “Just to See My Holly Home” e la stessa title track ne sono fulgido esempio, a metà strada tra il country bislacco e la ballata tradizionale, così anche “Mrs William” e “Sheep”, ove si evocano antiche memorie folk come cornice all’interno della quale dipingere bozzetti fragili e monumentali.
“But if their tune is told
Then we can age and fall away
To meet again some golden day”
("Grand Dark Feeling of Emptiness")
Sono canzoni che fanno venir voglia di cantare, quali “At Break of Day” e “After I Made Love to You”, fino al delicato valzer di “The Lion Lair” e a un altro apice poetico dell’opera, “Grand Dark Feeling of Emptiness”, in cui “Bonnie” parla dei dilemmi esistenziali che si affrontano nei vari momenti della vita, con la conclusione che la crescita personale avvenga facendo tesoro di tutte le esperienze. Nei momenti più bui, c'è comunque sempre speranza e la possibilità di trovare un significato. Il songwriter americano esorta a riconoscere il vuoto dentro di noi e a usarlo come carburante per forgiare il nostro percorso unico.
Ease Down the Road è un emozionante tragitto all’interno della mente geniale di un autore dalle mille anime: un percorso a tratti giocoso e illuminante, ombroso e destabilizzante, sempre “in bilico”, come già detto, ma genuino, sincero, vero. A chiusura dell’analisi meritano una citazione alcuni musicisti che hanno reso speciale il progetto di Bonnie “Prince” Billy, imperturbabile dietro a chitarre, synth e percussioni. Spiccano i nomi del compagno di mille avventure Matt Sweeney (voce, chitarra e banjo), di Jon Theodore (batteria), Todd Brashear (voce e lap steel), Mike Fellows (basso), Matt Everett (violino), del factotum David Pajo (voce, synth, basso, percussioni) e della bravissima corista Catherine Irwin. Musicisti veraci, perfettamente introiettati nelle canzoni del disco, capaci, insieme al padrone di casa, di lasciare un che di indimenticabile nel cuore dell’ascoltatore, e la cosa non è da poco in quest’epoca liquida dove tutto scivola via velocemente. Evergreen.