Bologna, tardo giugno dell’anno domini uno nove nove due: il vecchio Alex è l’ombra di se stesso. A ridurlo in ruina, la partenza per l’America di una ragazza diversa da tutte le altre: la soave Adelaide è ormai approdata in una remota contea della Pennsylvania, e resterà laggiù per l’intero anno scolastico. Come sopravvivere alla sua mancanza per dodici lune? Per fortuna ci sono gli amici.
È l’anno dell’Europa unita e dei confini che cadono, l’estate perfetta per raggranellare denari e partire in interrail, incontro alla libertà. Frattanto, dall’altra parte dell’oceano, Aidi prende le misure al Nuovo Mondo e fronteggia un’inattesa solitudine. L’estate trascolora in autunno, arrivano il Natale e un anno nuovo dallo sghembo finale dispari. Nessuno dei due sa dimenticare l’altro, ma la nostalgia rischia di mandarli a fondo entrambi. La distanza è una condanna senza appello? Si può crescere restando fedeli a se stessi? Cosa si può raccontare e cosa invece va taciuto?
Sono domande che tanto lui quanto lei si pongono, consegnando la propria voce all’archivio magnetico, alle pagine del diario e a lettere struggenti che impiegano tre settimane per arrivare a destinazione. Un giorno, forse, non serviranno più le parole; basterà tornare a guardarsi negli occhi e all’istante sarà tutto chiaro.
Quando nel 1994 uscì nelle librerie Jack Frusciante è Uscito Dal Gruppo (il titolo per chi non lo sapesse, fa riferimento al chitarrista John Frusciante dei Red Hot Chili Peppers, che lascia la band all’apice del successo), noi, allora giovani e pieni di speranza, ci perdemmo nelle pagine di quel romanzo apparentemente innocuo, che, invece, nascondeva nel profondo più cose di quelle che sembrava raccontare. Il libro divenne un caso editoriale, intercettando il consenso trasversale di più generazioni, affascinate da una storia d’amore delicatissima fra due adolescenti bolognesi, e da quel piglio rock, che sapeva di condivisione appassionata, in un momento storico in cui la musica era ancora importante, perché rappresentava, più di ogni altra forma d’arte, il legame che teneva insieme amicizie e amori, e una delle poche certezze in giovani vite confuse dall’approccio a un mondo adulto, complesso e respingente.
Un romanzo che, in tempi non demenziali come quelli odierni, invitava il lettore alla ribellione, a uscire dalla propria comfort zone, ad allontanarsi dal gruppo, costi quel che costi, per ricongiungersi alla propria natura e costruire il proprio futuro, lontano dai condizionamenti e dall’ipocrisia della società.
E poi, c’erano loro due, Aidi e il vecchio Alex, due anime fragili e contraddittorie che s’innamoravano di un amore ingenuo, puro, un amore di abbracci innocenti, di dialoghi a perdifiato, di sincerità e speranze condivise, di libri, di musica, di film, quegli strumenti inossidabili che la cultura ci regala per costruire la consapevolezza.
Per trent’anni ci siamo chiesti che fine avessero fatto i due nostri eroi in cui, sfido chiunque a dire il contrario, finimmo per identificarci, in un’immedesimazione emotiva che ci accompagnò a lungo, ben oltre l’ultima pagina del romanzo. Ora lo sappiamo, perché Enrico Brizzi, attraverso le pagine di questo nuovo Due, regala ai suoi lettori il seguito della storia, ritornando esattamente al 1992, a quei giorni in cui Alex, Aidi e tutti noi cercavamo di dare un senso alle nostre inconsapevoli esistenze.
E come solo i grandi romanzieri sanno fare, Brizzi compie un vero e proprio miracolo, ci restituisce la nostra giovinezza, quella vera e concreta che vivevamo sulle pagine di Jack Frusciante, e che oggi, invece, ritorna, emotivamente, grazie a uno di quegli strani artifici di cui solo la nostalgia è capace.
Le prime pagine di Due confondono, lasciando il lettore disorientato rispetto a una storia quanto mai lontana dalla nostra quotidianità di persone ormai mature (cosa mai potrà importarci delle pene d’amore di un diciassettenne?), che si trovano, oltretutto, in impaccio con quello slang giovanile che sembra non appartenerci più. Superata l’esitazione iniziale, però, finiamo per ritrovare qualcosa che è sempre stato nostro, quei vecchi Alex o le “splendenti” Aidi che sono rimasti sopiti per tre decenni nei nostri cuori, e che ora spingono per tornare in vita, con un’urgenza che non avremmo mai immaginato. Perché, in fin dei conti, noi siamo esattamente quelli lì, a dispetto del tempo che passa e del grigiore delle nostre vite.
Così, il romanzo ci risucchia, e ogni pagina è un ricordo condiviso, una lacrima che ci riga il viso di rimpianti e di rimorsi, un groppo in gola quando ciò che eravamo viene a chiedere il conto a ciò che oggi siamo diventati.
Brizzi contorna i suoi eroi di uno scenario che rispecchia alla perfezione quel mondo antico, ormai scomparso (le cabine telefoniche, le trattorie a conduzione famigliare, le lettere, etc), sfiora, riportandole alla luce con efficacia, la vicende politiche del momento (Mani Pulite), ultimo fermento vitale di un popolo che, qualche anno dopo, diventerà gregge alla ricerca di un pastore, e rievoca quello straordinario e coloratissimo mondo culturale, di cui è eccitante riconoscere, pagina dopo pagina, la miriade di citazioni musicali (Cure, Clash, Pogues, etc), letterarie (una da Terra Desolata di Thomas Stearns Eliot è da brividi) e cinematografiche.
E poi, ovviamente, ci sono loro, Alex e Aidi, e il loro amore tormentato e incredibilmente puro che, diciamolo pure senza filtri, emoziona alle lacrime. Perché nella vita, l’amore prende forme inaspettate e percorsi accidentati e cervellotici, e in età adulta, ogni sentimento è inevitabilmente condizionato da scelte, retropensieri, paure, ipocrisie, tutti steccati esistenziali che non siamo più in grado di scavalcare. E allora, è un attimo perdersi nei palpiti di due diciassettenni impulsivi, inconsapevoli e ingenui, che portano il loro amore sull’orlo dell’abisso, persuasi dai moti di un cuore troppo acerbo per comprendere la forza di un legame, la cui aspirazione di eternità confligge con i tormenti del non detto e di un’invalicabile distanza.
Due voci che si rincorrono, spesso perdendosi nel vuoto che separa Bologna dalla Pennsylvania, e che la prosa di Brizzi riesce a modulare perfettamente sui tratti psicologici dei suoi giovani eroi: istintiva, recalcitrante, disperatamente nichilista, quella di Alex, romantica e malinconica, quella della dolce Aidi.
Credetemi, e qui chiudo, Due non è solo un romanzo imperdibile per chi si era innamorato perdutamente di Jack Frusciante è Uscito Dal Gruppo, ma anche una delle letture più emotivamente coinvolgenti dell’anno. Mai altri, finora, come Brizzi sono riusciti a mettere in moto gli ingranaggi della nostalgia, regalandoci ciò che nessuna magica alchimia, se mai esistesse, potrebbe fare: restituirci, in trecentodieci palpitanti pagine, qualche attimo della nostra perduta giovinezza. Preparate i fazzoletti, allora, preparate a emozionarvi come non vi capitava da tempo: leggete Due, leggete chi eravate.