Cerca

logo
SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
11/05/2022
Le interviste di Loudd
Due chiacchiere con... Verano
"Supra (parte prima)" è un EP di tre canzoni; canzoni nuovissime, che lasciano intravedere una notevole maturazione nella scrittura e una voglia di mettersi in gioco non scontata. Se ci saranno altri brani, se ci saranno concerti, ce lo ha raccontato Verano stessa.

Verano è tornata e noi siamo molto contenti. Anna Viganò mancava da poco meno di tre anni, visto che “Simmetrie”, il singolo realizzato assieme a I Quartieri, era uscito la vigilia di Natale del 2019. La pandemia non ha rappresentato per lei quell’occasione di gridare (in modo troppo spesso velleitario e disperato, ci duole dire) il diritto di continuare ad esserci e la voglia di ripartire che moltissimi dei suoi colleghi hanno invece manifestato. Una lunga pausa, voluta più che forzata, per riflettere sul ruolo dell’artista nel mondo contemporaneo e sulla effettiva necessità di fare musica in una società sempre più performativa e poco attenta ai contenuti reali.

Alla fine la passione è stata più forte di ogni cosa: Supra (parte prima) è un EP di tre canzoni; canzoni nuovissime, che lasciano intravedere una notevole maturazione nella scrittura e una voglia di mettersi in gioco non scontata, quando si pensa che fino a poco tempo fa desiderava smettere. Se ci saranno altri brani, se ci saranno concerti, ce lo ha raccontato lei stessa il giorno dell’uscita, quando l’abbiamo raggiunta al telefono.

 

 

Innanzitutto complimenti! Questo nuovo EP mi è piaciuto molto e, siccome ti seguo dagli inizi, mi ha fatto molto piacere averti ritrovato così in forma dopo tutto questo tempo. E quindi partirei da qui: come mai ci hai messo così tanto a ritornare (sempre che poi sia tanto, in effetti. Forse si tratta solo di una percezione)?

Ci ho messo un po’, è vero, però alla fine da Panorama sono passati tre anni e mezzo: ci può stare, considerando anche che non faccio solo questo nella vita. Sicuramente, e su questo non ho nessuna remora a dirlo, ho avuto un periodo di grande distacco, mi sono sentita cannibalizzata, masticata e non digerita da tutta una serie di fattori che poco c’entrano con la musica in sé bensì con ciò che ci gira attorno: parlo delle storie sui Social, di questa follia collettiva di gridare al sold out anche se poi c’erano 30 persone. Mi sembrava di stare correndo a tutta velocità contro un muro, è una situazione che mi ha davvero appesantita, mi sono resa conto che non avevo voglia di correre, che non era il mio. Sono arrivata al classico punto di sbrocco in cui ho detto: “Basta, io di dischi non ne faccio più!” anche perché tra una band e l’altra sono al mio tredicesimo quindi ho già dato, “in tutti i luoghi in tutti i laghi”, insomma (ride NDA)!

 

E poi cos’è successo?

Nella maniera più pura ed inaspettata possibile quella fiammata creativa è tornata a trovarmi e ho capito che quello che avrei dovuto fare era togliermi da un’equazione in cui io avessi dovuto gestire tutto ciò che non fosse la canzone. Banalmente, Supra nasce in questo modo: la prima parte è uscita ieri, nel corso dell’anno ce ne saranno altre due ma queste non esistono ancora, perché la regola che mi sono data è che inizierò a scrivere dal giorno immediatamente successivo all’uscita della precedente. Questo mi dà la massima libertà: non devo mettermi a pensare ad un disco che mi butta in un loop per cui devo programmare tutto ma mi offre la possibilità di andare dentro me stessa a recuperare cose che, se ci riuscirò, porterò in superficie (da qui “Supra”). Ho scelto questo modo di lavorare anche perché questo non è il mio lavoro, posso quindi permettermi di essere libera e di non sottostare a certe regole.

 

Mi colpisce perché normalmente questa cosa di far uscire i lavori a pezzi la stanno facendo un po’ tutti, anche nomi grossi come Beach House e Big Thief. Se però normalmente tale scelta è orientata alla necessità di permettere la fruizione di lavori lunghi e complessi oltre che venire incontro alla pigrizia dell’ascoltatore, nel tuo caso è invece molto diverso. 

È un processo creativo nudo e crudo, in inglese si direbbe “raw”, per cui se si trattasse solo di un rilascio graduale saremmo punto a capo. Ho anche scelto di uscire di lunedì e con tutto l’EP non solo con il singolo, proprio per essere libera del tutto. Ed è bellissimo che da domani potrò dedicarmi alla parte seconda così, senza sovrastrutture. Ho un tempo a mia disposizione per capire che cosa uscirà fuori e se varrà la pena di farlo uscire.

 

Prima hai già accennato al significato del titolo ma vorrei che facessi un affondo ulteriore…

Supra vuol dire “in superficie”, perché mi piaceva l’idea di creare queste finestre che durante l’anno si aprono e fanno vedere che cosa è affiorato. In termine farmaceutico, però, “Supra” è tutto ciò che ti tira su, e in effetti ancora una volta la musica ha avuto questo effetto su di me; mi piaceva dare questa doppia chiave di lettura.

 

Sono solo tre pezzi, forse è presto per giudicare però mi pare che tu ti sia discostata dalla tua solita scrittura per realizzare dei brani più “adulti”, nel senso di più complessi, a tratti sofisticati. C’è un’eco di un certo cantautorato elegante e poi i finali strumentali sono insolitamente dilatati, come se avessi voluto dare più spazio ai paesaggi sonori…

Assolutamente sì. Parto dalla fine: le code strumentale hanno sempre contraddistinto i mie live e questa volta volevo farlo anche in studio, anche se sono ben conscia dei rischi: a bocce ferme, uscire con un brano da cinque minuti di cui due sono di coda strumentale, non te lo consiglia nessuno. Volevo comunque farlo, è uno dei miei tratti caratteristici, suonare dal vivo è l’aspetto che mi piace di più, ho voluto quindi portarmi dentro ciò che prima tendevo ad escludere per dei preconcetti che avevo. Anche sulla scrittura sono evoluta. Io suono da tantissimi anni, da molto prima di iniziare a scrivere, e sono sempre stata una chitarrista. Ho iniziato a lavorare ai miei pezzi quando già avevo un’esperienza di band. Credo quindi che tutta questa evoluzione sia il frutto dei dischi che ho fatto prima, piano piano ho affinato il modo in cui riesco a fare le cose.

 

Che cosa rappresenta l’armatura che dà il titolo al primo brano? È una misura di protezione?

Sì. Mi sono immaginata di avere un dialogo con questa persona a cui chiedo di togliere tutte le barriere e di lasciarsi andare nell’acqua, che è l’elemento a cui ti puoi abbandonare, in cui sentirti protetto.

 

C’è una certa dimensione cinematografica in tutti e tre i pezzi, i testi hanno una componente visiva molto forte…

Ti dico la verità, me ne sono accorta solo alla fine. Certo, guardo i film come tutti ma non sono mai stata una persona con la mania del cinema. Mi sono però resa conto che questi tre brani avevano in comune un approccio molto visivo, contengono vere e proprie immagini cinematografiche. Sai quando si dice che il cervello elabora su strati, informazioni? Ecco, alla fine mi sono scoperta molto visiva, nella scrittura.

 

“Film” contiene un campionamento del muezzin di una moschea di Torino. Nelle note di presentazione hai stuzzicato la mia curiosità, visto che hai scritto che a questo elemento è legato un episodio incredibile: me lo racconti?

Questa cosa qua è pazzesca, davvero, quando me l’hanno detta ho pensato: “Non è possibile, mi stanno prendendo in giro!”. Con “Film” volevo partire da un episodio della mia vita, dove due persone si stanno lasciando, laddove vedere l’altro all’interno di un film indica quel distacco necessario a cui devi portare la relazione in modo tale da trovare la serenità necessaria per lasciarti tutto alle spalle. All’inizio del brano abbiamo campionato il muezzin di una moschea di Torino che stava sotto il nostro studio. Ovviamente in quel momento avrebbe potuto dire qualsiasi cosa, non c’era modo di capire cosa stesse dicendo. Una sera ero con amici, ho fatto sentire il brano e c’era con noi una ragazza tunisina che mi ha detto: “Ma tu lo sai che cosa sta dicendo il muezzin?” E mi ha raccontato che quella è una formula che viene usata per dire ai fedeli che in quel momento sono tutti chiamati a lasciare andare, a purificarsi da certi pensieri. E quindi c’è stata questa connessione fortissima col brano, senza neanche averla cercata!

 

Hai lavorato assieme a Marco Di Brino e ad Alessio Sanfilippo: mi dici qualcosa di loro?

Alessio Sanfilippo è il batterista storico di Levante e Marco è il mio bassista da un po’ di anni ma ha tutta una serie di progetti, suona anche con Daniele Celona. Nel mio accingermi ad entrare in una fase nuova scevra da ogni tipo di meccanismo ho voluto lavorare con gente che non fosse entrata in precedenza nel mio mondo compositivo; è stato un grandissimo atto di fiducia, dato che non avevo mai realizzato dei brani con loro, però devo dire che mi hanno riportato alla musica, ad aver voglia di fare delle canzoni. Abbiamo sempre lavorato a sei mani e credo sia abbastanza eclatante che questo piccolo EP sia molto centrato, rotondo, l’opera di tre persone che non hanno aderito a delle logiche: eravamo tutti vergini, da questo punto di vista.

 

Ti farai aiutare da loro anche per i prossimi due EP?

Sì, ma non mi precluderò di aprirmi ad altri, ad esempio domani mi incontrerò con un’altra persona ma non dico nulla perché non è detto che vada bene (ride NDA)!

 

Sei sempre sotto 42Records che è davvero un’etichetta speciale in Italia: sono tra i pochissimi a mettere al centro il singolo artista, a fare un lavoro sul lungo periodo, che non contempli per forza un discorso di numeri e logiche di mercato. Sei d’accordo?

Certo. Considera che Panorama è stato prodotto da Lorenzo (Colapesce NDA), che è l’esempio migliore di crescita costante, passo dopo passo. In questo momento 42 ha dei veri Big nel proprio roster (Colapesce, Dimartino, Cosmo) ma è tutta gente che non ha mai smesso di lavorare, di migliorarsi, non sono risultati che ha raggiunto dall’oggi al domani. È un’etichetta che non ha mai smesso di far uscire produzioni molto diverse tra loro, sia per numeri, sia per intenzione. Sono orgogliosa di far parte di questa cosa, è un’etichetta che ha avuto momenti di grande hype ma l’hype funziona solo se gestito bene, altrimenti diventa un mostro che si gonfia e che imploderà su se stesso. Penso che 42 abbia gestito molto bene anche quello e che non abbia mai perso di vista il fatto che un’etichetta la fanno le persone, oltre che i numeri, e quindi non ha mai smesso di nutrirla con artisti diversi.

 

Prima mi parlavi della tua stanchezza e della tua disillusione: come la vedi oggi, la scena musicale italiana? Siamo arrivati alla frutta oppure c’è ancora spazio per fare qualcosa di bello?

C’è spazio sempre, secondo me. Credo che ci siano sempre delle cuspidi, dei momenti di grandi fiammate dove sembra che stia per finire tutto e invece poi non succede. Certamente al momento sembra che ci siano più content creator che musicisti/artisti, visto che il focus è spostato su tantissima roba che non ha a che fare col contenuto. Di contro però vedo tanta musica nuova che arriva, che da qualche parte fluisce e che serve tantissimo in questi momenti di grande caos. Ovviamente avverto anche del disagio e non credo di essere l’unica, ma è comunque un momento interessante, forse anche di normalizzazione, dopo due anni di pandemia dove era tutto urlato, tutto esagerato, un cazzodurismo insopportabile, tutto molto performativo per cui immagino che in tanti si siano sentiti schiacciati. È giusto promuovere se stessi, per carità, ma vedo che le canzoni spesso passano in secondo piano rispetto al piano promozionale. Adesso sono positiva, però, penso che ci sia sempre qualcosa di nuovo da cui ripartire.

 

Di sicuro sono ripartiti i concerti. Suonerai da qualche parte quest’estate?

Ho deciso di non suonare, almeno per ora. Sono estremamente felice che sia tutto ripartito ma personalmente voglio prendermi ancora un attimo. Vorrei almeno scrivere la parte seconda di Supra per poter avere una narrazione un po’ più completa, per cui probabilmente farò un tour a partire da ottobre.

 

Quando uscirà la seconda parte?

Credo per fine agosto, anche se di preciso non lo so.

 

Hai detto che vuoi essere libera da ogni logica ma te lo chiedo lo stesso: ci saranno sempre tre brani per EP?

Tendenzialmente sì, vorrei mantenere la struttura ternaria ma non lo so, starò molto a guardare quello che accade: magari ci saranno tre pezzi, magari quattro, magari addirittura due…