Un pomeriggio alternativo presso la sede di Sony a fare due chiacchiere con i Lacuna Coil. Una roundtable con Metal Hammer, Spazio Rock, True Metal, Metallus, Lound and Proud e chiaramente Loudd (le domande sono a cura di tutti i giornalisti presenti).
Cristina e Andrea si riconfermano “due di noi”: sono gli amici con cui passeresti ore a bere una birra al pub, a chiacchierare di qualsiasi cosa e a sentire buona musica. E, come ho sottolineato in una delle mie domande, i Lacuna Coil sono per noi la band della porta accanto, la band di amici che ce l’hanno fatta, e per cui non possiamo che fare il tifo essendone fieri.
Ho giochicchiato in passato un po’ alla Play Station, ho ben in mente i nomi dei vari giochi e qualche parola da “vera nerd”, ma in effetti mi sono sentita abbastanza ignorante in materia, loro sono davvero preparati sul tema! Poliedrici e interessati a tutte le forme artistiche, si riconfermano speciali e allo stesso tempo semplici e alla mano. Grandi, ragazzi! In uscita il loro Sleepless Empire, decimo album della band.
Ho ascoltato il vostro nuovo disco, Sleepless Empire, e la prima cosa che mi è saltata all'orecchio è che ci sono tanti intro molto atmosferici; un'opzione anomala che non mi aspettavo. Come mai questa scelta? È stato qualcosa di organico emerso nello sviluppo delle canzoni o è stato qualcosa che cercavate nello specifico?
CS - Non abbiamo cercato nulla. Di solito, quando componiamo, tendiamo a raccogliere tutte le idee perché solitamente Marco, il nostro bassista, si occupa della musica e noi ci occupiamo delle linee vocali e poi dei testi, poi mettiamo insieme tutte le idee nel calderone e selezioniamo quello che ci piace, quello che non ci piace e quello che può suonare bene nell'insieme, anche per rendere una certa dinamicità nel disco. Gli intro lunghi secondo noi sono molto cinematografici, che è una cosa che ci piace. Mentre scriviamo ci piace pensare al disco, non alle canzoni singole. Nonostante adesso vada insomma di moda questa cosa di rilasciare i singoli separati tra loro, ci piace l'idea di lavorare creando un disco unico. Secondo noi un intro lungo ti trascina all'interno di una canzone in maniera diversa, non è una cosa voluta però è accaduto,anche se non per tutte le canzoni.
AF - Forse è accaduto anche inconsciamente. Il primo pezzo che abbiamo lavorato prima di andare a registrare il disco era stato "Never Dawn" perché era stata usato per il gioco Zombiecide White Death. Allora serviva. Mi ricordo anche un intro più lungo per quel pezzo perché doveva essere usato per i trailer. Marco ha provato a farlo più in stile cinematografico, come si usa per i trailer dei film. E all'inizio abbiamo detto: ma magari potremmo fare due versioni, una con l'intro, una senza, o con un altro intro più breve, più diretto. E invece è piaciuta proprio perché l’intro era lungo, che è una cosa anomala perché ormai invece si tende a tagliare tutto. Quello era piaciuto, quindi alla fine, magari anche inconsciamente, li abbiamo messi senza preoccuparci. Se poi fossero una cosa un pò vecchio stile o meno, non l’abbiamo valutato, abbiamo pensato più a fare il disco: quello che stava bene nel disco l'abbiamo messo, perché se stai troppo a pensare, poi la formula perfetta ormai non esiste neanche più. Anche se una volta il singolo doveva avere il ritornello che arrivava dopo un minuto, alla fine nel metal chi se ne frega...
CS - Anzi, una volta le canzoni erano molto più lunghe e abbiamo cominciato a stupirci quando le canzoni si sono accorciate, perché magari si pensava che alcuni pezzi erano forse troppo lunghi ed era meglio arrivare subito la strofa, insomma, ogni tanto è bello anche invertire l'ordine.
Andando un po' più sul concept. Parlate in particolare del rapporto tra uomo e tecnologia e penso che sia un tema assolutamente odierno, soprattutto vedendo cosa sta succedendo negli Stati Uniti: la corsa verso quasi un post-umanesimo, le idee folli di Musk che vuole creare un'umanità che sia una sorta di ibrido tra tecnologia e uomo… sono tematiche veramente molto presenti nella società attuale. Vorrei sapere un po’ come vi collocate all'interno di tutta questa discussione, anche perché tra tutti questi estremismi in realtà c'è di mezzo poi la popolazione, la gente comune, che in realtà da un certo punto di vista mostra una tendenza quasi più all'analogico, no? Un po’ questa retromania di andare, (anche se pensiamo alla musica) verso il vinile, il merchandising, verso tutte queste cose che hanno assunto un ruolo sempre più centrale nel rapporto tra i fan e gli artisti. Volevo sentire da voi una riflessione generale, dove vi collocate e cosa sperate in realtà per il futuro?
CS - Quello che hai detto è interessante, proprio questo cercare di ritrovare quello che c'era prima, le radici di quello che sta succedendo oggi. La nostra visione non è di critica, perché noi ci troviamo proprio al 100% dentro la generazione digitale, noi stessi facciamo largo uso dei social media, ce ne avvaliamo ormai da anni. La nostra riflessione è venuta proprio dal fatto che noi abbiamo veramente iniziato in tempi analogici, in cui si registravano dischi su nastri in cui non si poteva ritoccare nulla, sia nella musica che negli artwork, e tutto è cambiato fino ad un presente in cui molte canzoni vengono generate dall'intelligenza artificiale, in cui tutto è digitalizzato. Quindi per noi era più una volontà di analizzare come siamo arrivati a oggi, in tutti questi anni insieme: come abbiamo attraversato i vari periodi, come siamo passati attraverso le varie correnti cercando di capire che cosa succedeva. Non dico adattandoci, perché per noi non è neanche stato uno sforzo, siamo sempre stati estremamente curiosi di scoprire che cosa succedeva attorno a noi, anche in generi diversi dal nostro, in mondi diversi, per poi cercare di inglobare tutto nella nostra musica. In linea di massima secondo noi la tecnologia è meravigliosa. È bello avvalersene per facilitare magari dei compiti "superficiali", per risparmiare tempo per delle cose che prima facevi, magari attraverso ricerche su libri e libri. Magari adesso viene più facile ricercare un vocabolo che può essere un'alternativa ad un altro, perché in quel momento non ti viene in mente, o semplicemente cercare dei voli più comodi per viaggiare dall'altra parte del mondo. Però siamo contro la tecnologia quando cerca di rubare la creatività umana, perché molto spesso purtroppo succede questo: l'intelligenza artificiale attinge dalla creatività umana per creare un mischione che dovrebbe ricreare qualcosa di nuovo. Su questo non siamo molto d’accordo.
AF - Diciamo che il problema non è mai la tecnologia ma è sempre l'uso che ne fai, no? Con il nucleare puoi produrre energia ma puoi anche distruggere una città, dipende da come lo usi tu. Quindi se hai uno strumento e la tecnologia per espandere le tue possibilità, ben venga. Se invece deve essere una cosa per abbreviare i tempi o per risparmiare quattro soldi da non dare a un disegnatore o da non dare un artista per scrivere qualcosa, allora è sbagliato; è un modo di usare la tecnologia che poi comunque non paga nemmeno, perché alla fine quello che viene generato dall’intelligenza artificiale, si vede che è generato dall’intelligenza artificiale. Anche perché molto spesso le cose creative nascono dagli errori degli esseri umani. Anche noi quando facciamo una canzone proviamo una cosa, ci viene una nota strana che magari è a metà tra il giusto e lo sbagliato, che però in realtà sta benissimo su quella parte ed è quello che rende la canzone unica o rende il disegno unico; sbagli e vai in una direzione che non pensavi e poi invece ti trovi a fare tutt'altra cosa, che è una figata. Però questo l'intelligenza artificiale non lo fa, perché teoricamente non sbaglia; quindi, viene a mancare proprio il fattore umano, che rende speciale una cosa, almeno al momento. Ma magari un domani sarà talmente perfetta da sbagliare. Sbagliare è umano.
CS – Oggi comunque serve il ragionamento umano anche semplicemente per impostare delle cose, per dargli dei comandi.
AF - Tornando alla domanda iniziale, il concetto del disco è partito da qui, che poi non è mai un concept album, nel senso che non è che noi scriviamo una storia unica che si sviluppa in tutto il disco, ma è una visione di partenza.
CS – Sai, descrivere l’album è difficile, non sai neanche come nasce davvero una canzone, perché hai usato determinate parole o perché ti è fuoriuscito quel riff.
AF - Però diciamo che è partito appunto da un'osservazione della società; l’abbiamo notato tanto dopo la pandemia, anche perché ovviamente in quel periodo molta gente si è spostata nel mondo virtuale perché non potevi fare nient'altro e quindi tutta una serie di cose si sono amplificate, e poi, finita la pandemia, gente magari come noi che ha vissuto sia nel mondo pre-Internet che nel mondo post-Internet ha comunque continuato ad avere un bilanciamento tra vita reale e digitale, bilanciando tra quello che puoi mettere nei social media quello che non è il caso di mettere, vivendo con un senso di equilibrio tra le due realtà. Invece, soprattutto molti giovani, non hanno la capacità di distinguere tra queste due aree, perché sono cresciuti in un mondo che è da sempre prevalentemente virtuale. Questa osservazione ci ha fatto partire con l'idea di questo impero gigante, potentissimo, con tanta offerta, streaming, service, YouTube, film da tutte le parti, serie tv da tutte le parti, giochi. Però le persone che lo popolano sembrano degli zombie, sono sempre attaccati a questo telefono, non dormono mai perché sono sempre collegate, 24 ore su 24 on-line, e a volte lo facciamo anche noi, quindi in questo senso è un'osservazione e non una critica, perché ci siamo dentro anche noi, lo facciamo, anche se non tanto come altre persone.
CS – Il fatto di non dormire mai viene da quello, dal fatto che devi sempre essere comunque presente per non scomparire, perché sembra che se non fai vedere quello che fai, tu non esisti.
AF - Questa era l'osservazione più o meno in generale. Poi da lì siamo partiti. Invece in ogni canzone ha un po’ la sua storia, ovviamente.
Vi chiedo una cosa un po’ più generale. Per noi che siamo della zona, qua a Milano siete un po’ la band della porta accanto, perché comunque può capitare, mi è capitato Cristina diverse volte, di vederti bere una birra nel mio stesso pub. Poi in realtà voi partite per un tour mondiale, siete famosissimi, quindi, come convivono Cristina e Andrea “della porta accanto” insieme a Cristina e Andrea che partono per il super tour mondiale e sono super famosi?
CS – Sono le stesse persone. Non penso che ci sia una divisione. Cioè, secondo me la trasformazione avviene nel momento in cui sali sul palco perché ti immergi completamente nello show, nelle canzoni, nella tua musica. Però giù da un palco non c'è bisogno di prolungare lo show. Non abbiamo mai sentito di dover far vedere che eravamo delle rockstar, e a quanto pare è una cosa abbastanza rara, perché ogni volta che abbiamo a che fare con qualcuno, anche lavorativamente, magari non nel mondo della musica, ci dice “cavoli, ma siete alla mano!”. Cosa dovremmo fare? Per noi è sempre stato assolutamente così.
AF - E poi forse c'è anche il fatto che in Italia il metal è prevalentemente un genere underground. Noi magari siamo uno dei pochi gruppi che ogni tanto è un po’ uscito nel “mainstream” per alcune cose che abbiamo fatto, come "Enjoy the Silence", da un certo punto di vista è anche bello che a casa tua tu possa essere anche più tranquillo. Perché magari se fossi sempre con qualcuno che ti fa una foto, potrebbe essere anche non così bello nella vita di tutti i giorni. Capita che ci riconoscano, però non è una cosa tale da non poter uscire di casa perché ci sono i paparazzi. Quindi magari il fatto di essere comunque non così conosciuti in Italia non è nemmeno così negativo tutto sommato.
CS - Anche perché poi interpretare una parte sempre e comunque deve essere una cosa super stressante. Noi ci sentiamo super tranquilli perché siamo esattamente come ci vedi, quindi non dobbiamo mantenere un contegno costante. E secondo me è una bellissima libertà che abbiamo.
Io vado un po’ più sui massimi sistemi. Se noi prendiamo una linea temporale immaginaria che va dal vostro esordio ai giorni nostri, l'album attuale è sicuramente un album molto maturo, sia a livello compositivo sia a livello musicale. Qual è stata la vostra sensazione e con quale spirito vi siete poi approcciati al componimento in questa in questa situazione?
CS – In merito a quest'album ci sono diverse cose curiose che l'hanno orientato nella direzione che ha preso. La prima è che era il primo disco dopo praticamente cinque anni dal precedente, in mezzo c'è stata una pandemia e questo ha cambiato ovviamente un sacco di cose, quindi già lì l'approccio era diverso, perché ci trovavamo dopo tanti anni a riscrivere dei pezzi nuovi. E l'altra componente particolare, è che noi abbiamo riscritto un disco di vent'anni prima, quindi abbiamo analizzato quello che avevamo fatto vent'anni prima per fare una nuova versione di un disco classico, un classico dei Lacuna Coil. Questo ci ha portato a ritrovarci, riascoltare pezzi vecchi, ricantare le stesse linee vocali; ci siamo trovati io, Andrea e Maki in montagna da lui, abbiamo ricantato tutto il disco, alcune canzoni quasi le avevamo, non dico dimenticate, ma non erano nei radar da parecchio tempo.
AF - E anche Maki si è ritrovato a rifare delle parti basandosi su un disco che esisteva già. Tra parentesi il disco era registrato in analogico, quindi su bobine e quindi non avevamo nessun file digitale separato delle tracce solo di tastiera, solo di chitarra, quindi Marco si è dovuto riascoltare tutto e reinventare un po’ come facevamo le tastiere; ha dovuto proprio rielaborare tutto il disco perché non c'erano tracce digitali separate da poter dire "ok, questa è la parte". E quindi riascoltandolo lo ha riscritto tutto.
CS – Però non l’abbiamo riscritto perché non ci piaceva l'originale, tanto che poi quando lo abbiamo fatto uscire abbiamo incluso anche la versione originale, ma volevamo semplicemente dargli un abito nuovo, vedere e immaginare come sarebbe potuto essere scritto nel 2022. Quello secondo me ha riportato inconsciamente delle vecchie “vibes” nel disco nuovo, senza che nemmeno ce ne accorgessimo; è una cosa che ci hanno fatto notare in tanti, noi non ce ne eravamo nemmeno accorti.
AF - Ci siamo accorti dopo.
CS - Effettivamente il fatto di aver iniziato a buttare le basi di un disco nuovo nel momento in cui stavamo riscrivendo Comalies, perché quello è il momento in cui abbiamo iniziato a raccogliere le prime idee (poi ci siamo fermati per fare il disco) è stato è stato un fattore importante che ha un po’ caratterizzato l'album.
AF- È stata anche un po’ dura ripartire dopo il lockdown, il periodo del COVID non ci ha dato nessuna ispirazione, ci ha proprio appiattito a livello creativo. Noi eravamo abituati a fare il disco, poi il tour, quindi vai in tour, conosci altre band, ascolti cose nuove girando il mondo, mangi cibi nuovi, conosci nuove culture e tutto questo ti dà molta ispirazione. Quando torni fai una sorta di riepilogo di tutto quello che hai vissuto e ti viene un nuovo stimolo per ripartire. Invece, non avendo fatto questo ciclo, perché interrotto dal COVID, è stata dura trovare un focus per dire “adesso ripartiamo con un disco”, anche perché all'inizio cerchiamo sempre più o meno un titolo che non per forza sarà quello definitivo, ma che ti dà una strada e un'immagine, e definiamo anche un'immagine visiva. Soprattutto Marco, per iniziare a scrivere, ha bisogno di vedere il disco in un'immagine e da lì poi parte; ovviamente magari ha già dei riff, degli arpeggi, delle parti, delle tastiere, anche noi abbiamo delle frasi, delle idee raccolte prima. Per mettere tutto insieme nel disco c'è bisogno di questo focus per qualche motivo, per il modo in cui lavoriamo, e quindi è stata dura trovare quel focus lì. Ci abbiamo messo tanto tempo e poi pian piano siamo tornati a girare bene. Abbiamo ricominciato a lavorare.
Direi che il risultato merita.
AF - Sì, però devo dire che forse è stato il disco più difficile, abbiamo faticato per trovare la giusta quadratura. Non tanto per scrivere una canzone, non è quello il problema, ma per avere una direzione, una visione di come sarebbe stato il disco, che per noi è importante, anche per poi immaginare come sarà dal vivo, come sarà la scenografia. Noi lavoriamo già proiettando tutto il più possibile. Anche con Roberto Toderico, che è il ragazzo che ha creato l'artwork, ci siamo sentiti per mesi perché volevamo un disegno per ogni canzone.
CS - Tra l'altro un disegno reale, ha disegnato tutte le canzoni. Ho avuto in regalo un'illustrazione ad inchiostro su carta. Poi ovviamente ci si è avvalsi della tecnologia, magari per sistemare i disegni.
AF – Sentivamo tutti i giorni anche lui, anche se in realtà magari di alcune canzoni avevamo solo il titolo e quindi era difficile dargli un'ispirazione. Di cosa parla, visto che c’è solo il titolo? O c'è questa musica con dei cantanti che non ha nessun significato, quindi dare anche a lui le informazioni è stato un processo lungo, però alla fine molto bello. Secondo me è venuto molto compatto nell'insieme.
Una cosa che mi piace tanto quanto la musica sono i videogiochi: siamo team PlayStation entrambi, meno male. E appunto a questo mi aggancio. Non so se avete mai fatto caso, ma voi siete nati ufficialmente, così mi dice Wikipedia, nel 1994 e nel 1994 uscì anche la PlayStation uno.
CS - In realtà nel 1995 è arrivata in Italia, nel 1994 in Giappone è uscita ufficialmente.
AF - In realtà nel 1994, sì, io e Marco suonavamo, ma eravamo in casa, quando non potevamo andare in skate che pioveva, con il nostro amico che suonava con la bacinella, io che canticchiavo e Marco che strimpellava la chitarra. Quindi sì, abbiamo iniziato a suonare.
CS - Però ci siamo conosciuti nel 1993.
AF - Sì, ci conoscevamo già, però diciamo che come gruppo vero e proprio abbiamo iniziato a lavorare nel 1996-1997.
CS – Il primo promo è del 1996, ma conteneva due canzoni.
Come è nata questa partnership, visto che siete ambasciatori ufficiali, e come la vivete?
CS - Io sono playmaker, non la band, ma diciamo che siamo un po’ tutti coinvolti
Comunque sei tu l'immagine della band, la gente va a cercare chi è Cristina Scabbia nel mondo, questo ha portato dei benefici? Il fatto che tu sia un riferimento italiano per il mondo dei videogiochi e il fatto che avete scritto anche una canzone.
CS - Noi siamo nerd da sempre. I primi ricordi della PlayStation, oltre al fatto di giocarci a casa, sono legati anche alla prima registrazione che facemmo a Dortmund, in Germania, perché noi registravamo ad Hagen, che era a una mezzoretta da Dortmund. Pernottavamo sempre nell'ufficio della Century Media, non proprio nell'ufficio, ma in un palazzo in cui avevano creato delle stanze, quindi avevamo questa stanza piccolissima con tre letti a castello in cui c'erano un tavolo due sedie e una tv a tubo catodico.
AF - In verità dormivamo in 6 in una stanza e c'erano un cesso, una cucina in comune.
CS – Si, c’era un altro ragazzo che viveva in un'altra stanza, che lavorava in Century Media e che si svegliava e andava giù, e noi facevamo lo stesso, a rubare il caffè e i cd. E noi partivamo da Milano, proprio come i classici immigrati. Ci portavamo il vino da casa, la conserva di pomodoro e ci portavamo anche la PlayStation. Ricordo tornei di Tekken in cui la band ha rischiato di dividersi fin dall’inizio, ha rischiato grosso. Portavamo le prime versioni dei giochi da tavolo, magari ridisegnate.
AF - Insomma c’è sempre stata la PlayStation, litigavamo di brutto, e poi abbiamo chiamato anche una canzone di Comalies come una mossa di Tekken che era "Tight Rope".
CS – Un EP lo abbiamo chiamato Halflife. Ci sono tanti riferimenti al mondo dei videogiochi e comunque il mondo dei videogiochi e il mondo metal sono sempre stati molto molto connessi: tante colonne sonore di videogiochi sono di fatto metal, vedi Doom, ma ci sono anche altre soundtrack che comunque sono di fatto metal, come Hellsinger, Call of Duty. Ce ne sono tantissimi di esempi, solo che tanti ragazzi della nuova generazione non lo sanno e magari dicono "ah figa la canzone di Doom", però non sanno che c'è una produzione dietro e non riescono ad accostarlo al metal. Magari ti dicono "ah, ma il metal non piace", però poi ti dicono "bella la soundtrack di Doom" e tu gli dici "sì, però è Metal…". Sicuramente ci ha ci ha aiutati in tempi più recenti anche ad allargare un pochino il nostro parco fan, perché magari persone non vicine al metal ma vicine al mondo nerd e al mondo dei videogiochi hanno scoperto i Lacuna Coil. Andiamo spessissimo a Fiere, abbiamo suonato al Lucca Comics.
Quindi benefici effettivi li avete visti?
CS - Sì, da un mondo che seguiamo comunque con amore, da un mondo del quale ci sentiamo comunque parte.
AF- Sì, siamo stati anche a San Diego al Comicon. Quando abbiamo fatto la collaborazione abbiamo fatto "Never Dawn", la canzone per il gioco Zombicide: White Dead. Mi hanno fatto spiegare perché noi siamo finiti dentro il gioco. Avevamo fatto un fumetto in cui c'era una storia in cui noi veniamo rapiti da questa nebbia che ci trasportava nel mondo fantasy del gioco, e poi da lì i nostri strumenti si trasformavano in armi, tipo un'ascia, tipo la mazza, eccetera; a San Diego lo abbiamo distribuito e fermavamo le copie per la gente lì allo stand del gioco.
CS - Ci hanno anche fatto le miniature! Abbiamo anche delle miniature nostre, sono un'edizione speciale del gioco!
Complimenti per il lavoro super bello. Anch'io faccio una domanda leggermente laterale, nel senso che ho trovato (confermate o correggetemi) molta correlazione tra i temi che affrontate, quindi di questa voglia di disconnessione, di rallentare, e il tipo di artwork e di immagine che avete voluto abbinare all'album. Un ritorno anche lì al manuale, con tutta una serie di illustrazioni che trovo molto legate. Mi piace molto anche come riuscite a chiudere il cerchio, musicalmente parlando, tra la comunicazione e l’arte visiva. C’è correlazione tra questa scelta di una tecnica slegata completamente, non solo dall’intelligenza artificiale, ma anche tutto quello che è la tecnologia, e quindi la scelta di illustrare "alla vecchia" l’album?
CS - Sicuramente volevamo un lavoro fatto da un umano. Mi sono sempre piaciuti gli artwork originali, certo. Abbiamo un po’ (almeno parlo per me) di antipatia nei confronti dell'intelligenza artificiale intesa come utilizzata per la creazione artistica, rubando quindi idee di altri. Però siamo anche consapevoli che comunque la tecnologia serve, ce ne avvaliamo tutti ed è giusto anche farne uso. Ci piaceva molto l'idea di fare questo disco con molto materiale made in Italy e Roberto lo conoscevamo già da tempo. Volevamo già collaborare, ma il fatto di vedere dei disegni ispirati dalla nostra musica, disegnati da mano umana su carta è stato emozionante, perché tra l'altro Roberto ha donato ad ognuno di noi metà dei disegni che ha fatto. Ha regalato ad ognuno la canzone che era più significativa per lui in qualche modo e il fatto di avere un artwork ispirato da una canzone che tu hai scritto umanamente è comunque emozionante, no? È un modo di trasmettersi delle sensazioni in modo diverso. Lui comunica con il disegno, noi invece comunichiamo con musica e parole.
AF - Infatti Marco e noi tutti abbiamo fatto quasi più riunioni con lui per l'artwork che non per la musica, perché comunque non è facile far capire quello che vuoi, dargli solo un testo da cui lui deve capire, ovviamente ognuno poi lo interpreta a modo suo. Quindi sono stato in contatto con lui tantissimo, anche solo per l'artwork e alla fine secondo me ha azzeccato tutto. Ovviamente anche noi abbiamo dato le nostre opinioni, ma ci siamo trovati molto bene a lavorare ed è bello vedere anche l'interpretazione di un'altra persona della tua creazione, perché ovviamente è qualcosa che tu non faresti così, ma che è bellissimo vedere interpretato da un'altra persona. È un po’ come quando il fan viene e ti dice perché quella canzone è stata importantissima per lui. In realtà il testo non parla di quello che dice lui, però è proprio il bello: che la musica la crei, la metti lì e poi ognuno la usa a modo suo. Tu la puoi usare per andare in palestra o la puoi usare perché sei triste o sei allegro. Alla fine non è detto che perché io ho scritto una canzone per un certo motivo tu la debba interpretare per forza, come dico io. Infatti, quando ci chiedono di spiegare i testi, è sempre la parte un po’ più brutta, perché non è detto che quello che ci ha motivato a scrivere quelle parole poi tu lo interpreti allo stesso modo. Magari ci rimani male. Perché non facciamo le descrizioni delle canzoni? Come faccio a dirti come questo riff mi è venuto in mente? Anche perché noi partiamo da una sensazione o da un'esperienza personale e poi la scriviamo in maniera più aperta, più poetica, in modo che poi ognuno ci possa anche ricavare quello che vuole dalla canzone.
Dicevate prima che Marco si occupa più del lato musicale, vuoi del lato vocale. In questo album abbiamo due ospiti alla voce, se non sbaglio, sono per la prima volta. Avete già avuto altri ospiti ma mai alla voce. Come è stata questa collaborazione, questa novità? E come vi siete rapportati con questi musicisti? Avete dato indicazioni molto strette o avete lasciato completa libertà? Com’è stata questa collaborazione?
CS - No, le parti erano già state scritte da noi, sia nel caso della collaborazione con Randy Blythe dei Lamb of God, e di Ash Costello dei New Years Day. Sono state diverse le modalità di contatto, perché Randy è un amico di vecchia data, quindi eravamo in contatto, non dico quotidiano, però insomma molto spesso ci sentiamo, ci parliamo.
AF - Abbiamo la chat delle stronzate!
CS - Perché noi odiamo il cilantro e lui lo adora, allora giochiamo su questa cosa, ci mandiamo tutti i meme sul cilantro. Avevamo questa idea di averlo su un pezzo che secondo noi era adatto per la sua voce, volevamo vedere come suonava effettivamente. Non avevamo mai pensato prima ad altri ospiti forse perché già siamo in due a cantare, non avevamo mai pensato a questa eventualità, invece questa volta abbiamo detto ok, facciamolo! Però, insomma, in una maniera che abbia senso, non perché bisogna fare featuring, perché siamo nel 2024 (quando abbiamo scritto il disco) e quindi gli abbiamo mandato un messaggio, consapevoli anche che avremmo potuto ricevere un rifiuto. Perché al di là dell'amicizia, al di là del desiderio di un'artista di collaborare o no, ci sono anche delle altre cose che magari possono impedire la collaborazione: può essere la label che decide di non farti collaborare, le tempistiche, magari non hai voglia tu, magari non ti piace il progetto, anche se sei un amico puoi dire “preferirei non farlo” ma lo fai comunicare magari alla casa discografica. E invece ha risposto subito. Ha detto “non vedevo l'ora di collaborare con voi, era ora, con i miei fratelli, gli amici”! E quindi gli abbiamo consegnato la canzone, le basi, la parte che avrebbe dovuto cantare e ha fatto un lavoro pazzesco perché era perfetto per il pezzo, si è gasato tantissimo si è divertito, ha portato la carica di Randy e si sente. Ha aggiunto. Secondo me ha aggiunto!
AF – Si poi ha anche messo dei piccoli arrangiamenti suoi che non c'erano nella versione originale. In alcune parti, nelle piccole parti, sia lui che Ash hanno fatto questo.
CS - Invece Ash non l'avevamo mai incontrata prima. Ci siamo scritte più volte, ci seguivamo un po’ tutti sui social con commenti alle foto, messaggi "speriamo di incontrarci presto" ma non succedeva mai e abbiamo pensato a lei anche perché ha una voce che come stile è simile alla mia. Considerando anche altri amici che abbiamo nel business musicale, molte donne avevano una voce che non era adatta a quel pezzo, che era abbastanza ritmato e non adatto ad alcune cantanti alle quali avevamo pensato; così abbiamo pensato a lei e abbiamo detto "cavolo, ma lei è perfetta e comunque lavora nel nostro genere, proviamo a chiederglielo". E anche lì abbiamo mandato un messaggio. L'ho scritto su Instagram: "Guarda, avremmo piacere di averti sul nostro disco". Lei, impazzita, ha detto "cavolo, assolutamente sì, vi adoro…" e anche lei ha accettato volentieri. Poi abbiamo avuto l'occasione di fare di fare il pezzo insieme durante il tour che abbiamo fatto in America e quella è stata la prima volta che ci siamo incontrati di persona, tanto è vero che alla prima data non abbiamo fatto il pezzo perché non l'avevamo mai provato prima. Quindi il primo giorno del tour è stato dedicato praticamente a provare il pezzo.
AF - Il primo giorno è sempre il peggiore per fare qualunque cosa, perché arrivi in ritardo e devi montare tutto e sicuro qualcosa non funziona.
CS - Devi riprovare tutto, e in quell’occasione abbiamo provato anche la canzone. Per fortuna abbiamo fatto un paio di prove!
AF - Poi infatti tante volte quando pensi “mi piacerebbe mettere quella persona perché è un mio amico, perché ha una bella voce”, però poi devi avere anche la canzone dove ha senso mettere quella cantante lì o quel cantante lì, perché magari ha una voce bellissima, ma non c'entra niente con la canzone che hai fatto. Quindi devi trovare sia la persona giusta, disponibile al momento giusto da mettere la canzone giusta.
E a proposito del tour, qualche spoiler a livello di produzione? Su cosa state lavorando?
CS - Adesso stiamo lavorando al Tour in Sud America, Centro America e Nord America, tutti ci chiedono ma nel tour europeo cosa porterete? Non lo sappiamo ancora.
AF - È già tanto se siamo usciti a chiudere le date in tempo, quindi ci penseremo poi. Il tour è anche una cosa che si sviluppa un po’ man mano che fai il tour. Nel senso che adesso abbiamo fatto un tour in UK, qualche mese fa, e abbiamo portato dei video e dei visual fatti apposta da degli artisti italiani e li abbiamo proiettati. Era la prima volta che usavamo i visual, non ne avevamo mai usati, quindi magari si può pensare di riproporli, però magari in Sud America è complicato perché lì voli ogni giorno quindi non hai il tour bus, non hai un camion con cui ti puoi portare i materiali, ma devi usare un po’ quello che trovi nei posti e quindi non puoi usare i visual o li puoi usare solo se già c’è uno schermo nel locale. Anche in Nord America.
CS - Non vale la pena perché comunque avremo un set anche a livello proprio di tempistiche ridotto prima di altre due band, quindi non ha non ha molto senso.
AF - Non avresti il tempo di montare, sarebbe un casino. Quindi proveremo delle cose che poi nel tour europeo magari avremo più tempo di sviluppare bene. Sicuramente vorremmo incorporare nella setlist le canzoni nuove, i classici e qualche canzone vecchia, magari ripescata così. E poi noi avremo abbigliamento ovviamente nuovo per ogni tour, la scenografia più o meno sapete cos'è, insomma. E poi, se riusciremo, ci piacerebbe incorporare qualche visual anche nel tour europeo, magari diverso da quelli che abbiamo usato in UK. Però ovviamente anche lì dobbiamo vedere un attimo in base alle varie date, però sicuramente ci saranno delle sorprese.
Passiamo a "Gravity", visto che se n'è parlato tanto e avete fatto il video, in generale come è andata la registrazione del video appesi e nella bara di vetro? E poi, visto che parlate di resilienza nel messaggio, cosa consigliereste a una band che sta iniziando invece adesso?
CS - Partiamo dalla domanda difficile, cosa consiglieremmo? Ci risulta molto difficile dare dei consigli perché quando abbiamo iniziato noi le cose erano completamente diverse. Adesso è un altro mondo, proprio un altro mondo. Quindi anche dare consigli basandoci sulla nostra esperienza di tanti anni fa è inutile. Sicuramente consigliamo di cercare di essere se stessi e cercare di offrire qualcosa di nuovo, perché è difficile trovare una propria identità. Anche noi ci abbiamo messo un po’ per trovare la nostra, quindi ci rendiamo conto che è una cosa che richiede tempo. Però allo stesso tempo è molto più pericoloso cercare di proporre qualcosa che fanno tutti perché si rischia di andare nel calderone e di non uscire, quindi bisogna cercare proprio di capire la propria identità e rischiare anche un po’ di uscire fuori dal coro, perché di solito sulla lunga distanza paga questa cosa.
AF - Sì, è la cosa che manca sempre, praticamente tutti i giorni c'è qualche gruppo che mi scrive (italiano o straniero) per chiedermi dei consigli; io ovviamente ascolto magari anche i loro pezzi e il problema non è mai la bravura. Ci sono tantissimi musicisti bravissimi, cantanti bravi. Non è mai un problema di bravura, a volte sì, ma molto spesso non è il talento che manca, non è la capacità di suonare o di scrivere una canzone. Molto spesso il problema principale, che è la cosa più difficile da sviluppare, è l'identità della band. Cioè, quando tu ti siedi davanti a me e dici “Questo è il mio cd” io ti chiedo “Qual è il messaggio? Qual è il cliché? Perché suonate?”. Nessuno sa mai dirti perché suonano, perché vogliono fare una carriera, non c’è chiarezza sul perché dovrebbe interessarmi la tua band perché tu mi comunichi qualcosa di diverso, che sia qualunque cosa di cui tu voglia parlare. Ad esempio, "io voglio fare una band che parla solo di cibo". Va bene, hai il tuo cliché, che è la band che parla di cibo e siete tutti vestiti da cuochi. Magari non è interessante, ma è una cosa unica che ti distingue dagli altri. Invece la maggior parte delle band ti fanno sentire delle cose generiche, fatte bene, ma che non hanno un pubblico perché non interessa a nessuno una cosa generica o l'imitazione pari pari del gruppo straniero. Tante volte mi dicono anche i media: guarda, noi abbiamo un Pantera per ogni paese, abbiamo il Pantera belga, olandese, italiano e non ce ne facciamo niente, perché i Pantera già ci sono, sono enormi, sono texani, cattivi, grossi, drogati e tu arrivi da Bergamo e vuoi fare i Pantera. Non hai la credibilità per fare quella roba lì, non sei i Pantera. Quindi tu stai soltanto riproponendo una cosa fatta magari benissimo, altrettanto bene di quella proposta dai Pantera, ma che non crea nessun interesse, e questa è la cosa che non capiscono molti gruppi. Ti portano dei prodotti fatti bene ma che non creano nessun interesse perché non c'è niente di particolare. Puoi fare un genere che esiste, e quello è ovvio, perché a inventare un genere sono ben poche le band che possono cimentarsi, però lo devi fare nella maniera più personale possibile ed è questo il messaggio.
Prima di fare il nostro demo di due canzoni nel 1996 abbiamo comunque lavorato in sala prove un anno su quelle due canzoni lì prima di uscire, perché a noi piaceva il Death Metal tecnico, ci piaceva Doom, Type o Negative, Paradise Lost e abbiamo mescolato tutto, i nostri pezzi erano una macedonia di tutta questa roba qua, canzoni da 6 minuti con 20 riff. Era un prodotto fatto molto bene per l'epoca, anche molto personale, ma anche molto immaturo, perché eravamo dei ragazzi giovani che provavano a scrivere senza esperienza di sound writing. Quello che però ci ha distinto è il fatto che abbiamo comunque trovato una strada nostra, anche perché la discografia all'epoca te lo permetteva di più. Se io faccio il primo disco che assomiglia un po’ ai miei gruppi preferiti, il secondo lo personalizzo un po’ di più e di solito una volta era il famoso terzo disco, che diventava conosciuto. Infatti, il nostro terzo disco era Comalies, che ha fatto successo e se lo senti secondo me è il primo disco vero, dove c'è un'unità e uno stile più personale, il disco ha una sua personalità. Poi nel tempo l'abbiamo anche ampliata. Quello che manca adesso forse è questo tempo di crescere. Ovviamente adesso è tutto molto veloce e quindi non c'è questo tempo per una band da dedicare alla crescita. Quindi in partenza dico, cerca subito di lavorare soprattutto sulla personalità della band, soprattutto i cantanti che sono molto spesso avanti rispetto ad altre cose. Se parti già col cantante, che è bravissimo ma uguale a tutti gli altri cantanti, è piuttosto meglio uno meno bravo ma che non è uguale a tutti gli altri cantanti. Se tu vedi, le voci più riconoscibili del metal non sono i cantanti più bravi, sono i James Hetfield, gli Osbourne, che non sono i migliori. Cantano, ma non sono i Ronnie James Dio. Però alla fine sono i cantanti che tutti si ricordano, come Lemmy. Non sono cantanti incredibili, sono bravi cantanti, ma ognuna di queste voci la riconosci immediatamente quando la senti.
CS - Il video di "Gravity" invece è stata un'esperienza, per i nostri video dobbiamo quasi sempre soffrire in qualche modo, no? Rischiamo di affogare, e questo era il momento dell’aria. E quindi Martina, la regista del video, ha pensato che noi dovessimo giustamente, come con l’assenza di gravità, fluttuare in qualche modo. Solo che per farlo dovevamo essere sospesi nel vuoto e c'erano delle scene di caduta, e come si fanno le scene di caduta? Si fanno a testa in giù con le gambe in alto e la testa in giù con due spara foglie in faccia per tre o quattro ore, e così è stato.
AF – Sono stati due giorni tosti, abbiamo fatto una giornata io e lei solo per le parti del cantato, un giorno abbiamo fatto tutta la band e un giorno solo i cantanti, siamo stati appesi proprio per quattro o cinque ore di seguito e il giorno dopo avevano veramente tutti i segni neri qua… il video più doloroso di sempre!
CS – Abbiamo anche dovuto indossare un corsetto tattico super costoso che ovviamente era iper sicuro, ma per essere sicuro doveva essere stretto ancor di più, perché non ti doveva neanche permettere di respirare, se riesci a respirare non va bene, perché significa che ti resta dello spazio che può farti in qualche modo cambiare la posizione. Oltre a quello, avevo un altro vestito col corpetto, perché non era abbastanza, e la posizione, gli strappi per girare le immagini… per alcune immagini dovevamo fare delle cose… è stato abbastanza sofferto, però devo dire che alla fine il risultato ci ha fatto capire che ne è valsa proprio la pena.
AF - Sì, tra l'altro abbiamo girato un altro video che uscirà presto per la canzone “I Wish You Were Dead”. Lì non abbiamo sofferto, però abbiamo fatto delle cose che non avevamo mai fatto prima, quindi c'è voluto… beh, anche quello è stato impegnativo per altri motivi.
Vi rompo le scatole di nuovo per un massimo sistema, nuovamente legato alla vostra evoluzione come band. L'equilibrio tra le vostre voci è andato chiaramente maturando. Trovo, ma questa è un’opinione mia personale chiaramente, che negli ultimi tre album si sia assodato un equilibrio comunque molto forte, una sinergia estremamente importante per il vostro sound o per quello che producete, perchè rende perfettamente l'idea di un amalgama, insieme a tutta la parte musicale e a tutto il resto. Cosa potete dirci in questo senso?
CS – Che la fortuna di avere due voci è che possiamo veramente toccare ogni angolo dello spettro musicale, a livello vocale possiamo permetterci di fare un po’ tutto, perché c'è la parte più melodica, più armoniosa, con note più alte, più basse e la potenza. Abbiamo due approcci differenti, due modi anche di scrivere sia le linee vocali che i testi che poi confrontiamoì e abbiamo poi il risultato finale nella canzone, questa è una cosa bella, lo è anche la fortuna di avere lo stesso gusto musicale applicato ai Lacuna Coil. Non ci sono discussioni del tipo “ma questo lo volevo cantare io, questo invece lo dovresti cantare tu”, perché avendo proprio due tipologie di voci diverse ci viene molto naturale capire dove è meglio mettere la sua voce, dove è meglio mettere la mia. Quindi non abbiamo mai discussioni.
AF - No, ma forse un pochino di evoluzione c'è stata, un po’ perché la direzione musicale è andata anche un po’ "verso l’estremo" e quindi già da Delirium c'è stato comunque un certo indurimento del sound delle parti, anche strumentali, quindi il tutto si prestava di più a reggere una voce potente. Abbiamo comunque due range di voci diversi, quindi a volte in passato abbiamo fatto un po’ fatica perché magari delle parti che erano perfette per lei, se io dovevo cantarle sulla strofa prima di lei erano troppo alte per me o in una tonalità scomoda, quindi anche questa è una cosa che abbiamo dovuto un po’ imparare ad equilibrare nel tempo. Ovviamente, avendo due range diversi, o si tende a favorire uno o si tende a favorire l'altro e uno dei due si deve in qualche modo sacrificare. Invece, con le parti più potenti, più ritmiche, c'è molto meno questo problema perché ci sono meno problemi di tonalità, anche questo ci ha portato nel tempo a sviluppare meglio questa armonia. Però, in generale, il fatto che la musica si è andata un po’ in direzione estrema, non solo per noi, in realtà lo abbiamo notato anche intorno a noi, nel senso, mi sembra che in generale se si guarda quello che è successo nel metal, adesso, tolte le cose classiche, c'è un certo indurimento del sound, non spaventa più così tanto la doppia cassa o la voce growl. Sono cose parallele: un po’ la musica è andata indurendosi, e un po’ forse la società è andata un po’ in una direzione più estrema.
CS - Lo stesso growl da parte di una donna.
AF - Anche se i gruppi come Jinjer o Spiritbox, ormai se possono dire decine, sono andati in quella direzione. Ormai è la normalità, è strano se non fai quello. Però in realtà noi ci siamo arrivati, beh, un po' abbiamo anche recuperato cose già fatte, perché io il growl lo facevo già nel demo, se vai a vedere, quindi non è che una nuovo per noi, però in realtà per un periodo non l'abbiamo usato così tanto.
La mia domanda riguarda invece la città di Milano, perché io non ci sono nato, però ci sono cresciuto, ho visto qui tutti i concerti fin da quando avevo 17 anni e in circa quindici, vent’anni ho visto un'evoluzione in peggio dal punto di vista della musica live e anche un po’ di quello che è il sistema musica. Per quel che riguarda anche e soprattutto il post pandemia, come la chiusura di Buscemi e di Mariposa, che per me erano i due must prima di un concerto, andare da Mariposa e spendere i miei soldi. Voi, da musicisti e soprattutto come cittadini di Milano, come avete vissuto l'evoluzione da metà anni 90 ad oggi?
CS - Male, male, male. Perché hanno chiuso tantissimi, tantissimi locali, soprattutto di media capienza, quindi anche le band che stavano uscendo non avevano la possibilità di suonare perché c'erano i bar con quattro persone oppure si parlava di Forum. Perché comunque anche l'Alcatraz, insomma, è abbastanza grande. A parte poi anche la chiusura del Rolling Stone è stato una sconfitta un po’ per tutti, perché è brutto vedere quando uno non viene dato il giusto spazio alla musica.
AF - C'è stato un cambio culturale anche, forse non nel modo in cui la musica viene fruita, però adesso secondo me abbiamo attraversato una fase totalmente negativa in cui si è passati da tutti i locali a zero locali. Poi, secondo me piano piano in realtà si sta un po’ ravvivando la cosa: non ce ne sono magari tanti come allora, ma ci sono il Legend, il Fabrique, l’Alcatraz, piano piano delle realtà hanno preso un po’ piede, un po’ più underground anche. Però è vero che è proprio cambiato il modo di fruire la musica. Io mi ricordo che una volta andavo al sabato sera al Laboratorio Anarchico in via De Amicis e con 5.000 lire bevevo una birra e ascoltavo gruppi che non conoscevo: metal, hardcore, così, gruppi che non avevi mai sentito nominare. Però per noi era così, andavamo là, sapevamo che c'erano i gruppi che suonavano, pagavamo, ci andava bene così, non ci interessava chi fosse a suonare. Poi se ci piaceva la band compravamo il cd, la maglietta, se no amen. Non ti era piaciuto? Amen. C'erano tanti posti così, più o meno autogestiti, ma non solo autogestiti. Poi c’era il Leoncavallo, ci visto i Biohazard, gruppi anche non prettamente da centro sociale, però comunque che c'era più apertura in questo senso. Non dovevo andare a vedere per forza la cover band, le cover band non sono mai andato a vederle. Non perché abbia niente contro nessuno, ognuno fa quello che vuole, però a me non interessava. Sono sempre andato a vedere gruppi originali, che poi mi piacessero o meno era un altro discorso, però questa cosa ormai non esiste quasi più, ormai si è tutto spostato sul fare lo show. Anche i gruppetti che vedi nei bar hanno già i banner, le luci, che sono cose inutili se alla fine poi non hai niente da dire: lo puoi incartare bene come vuoi, ma resta sempre una cosa che non interessa. Quindi piuttosto, e torniamo al discorso di prima, è meglio lavorare sul fare un live che spacca, che per qualche motivo tira in mezzo alla gente, piuttosto che stare lì a fare in modo si sembrare perfetti, ma alla fine piatti e non interessanti.
CS - I negozi di dischi, anche quelli sono lo specchio dei tempi. Purtroppo non ci sono più. Perché? Perché la gente non compra dischi ed è tutto digitalizzato. Anche se devo dire che all'estero ci sono molti negozi di dischi che vendono vinili e cassette. Adesso sono tornate, sono ritornate le cassette. Noi abbiamo fatto un set con le cassette di tutti i dischi che abbiamo fatto ed è andato benissimo. Comunque c'è anche quel fenomeno del collezionismo che è ancora molto vivo qui in Italia. Meno, però qualche negozietto si trova: non è più in larga scala come prima. Si formavano le file per aspettare di comprare l'album il giorno dell'uscita.
AF - Diciamo che quello è un po’ una conseguenza, secondo me, ancora più che per i locali, del digitale: ormai la gente che compra i biglietti li compra su Internet, i CD, se li compra, li compra su Internet e quindi i negozi sono diventati dei musei per collezionisti, dove vai a trovare i vinili vecchi o i vinili nuovi. Ma non c'è più il significato di prima, quando aspettavi il sabato per andarti a comprare. Mi ricordo che da ragazzini ci compravamo un vinile in due. Però ogni sabato andavamo a comprarne uno. Era anche l’unico modo per scoprire musica nuova. Non esisteva Internet, quindi ovviamente i tempi sono cambiati e non puoi tornare indietro, nel senso che non si tornerà mai più al CD in quanto formato principale di vendita della musica. Per fortuna il metal ha ancora una grossa parte di riscontro sul formato fisico. Noi di fisico vendiamo ancora parecchio. Parliamo di decine di migliaia di dischi comunque, tra vinili, edizioni, soprattutto edizioni speciali, ovviamente cose più da collezionismo, però comunque si vende ancora tanto. Anche ai concerti per esempio vendiamo sempre magari 20 o 30 CD a ogni concerto, magari firmati, però li vendi sempre. Il metal è uno dei pochi generi dove ancora il formato fisico ha un significato. Diciamo che spesso anche la stessa Sony di tanti artisti non stampa nemmeno il formato fisico perché non c'è interesse; di comprare magari un disco trap su vinile… il vinile non è proprio il suo formato, diciamo.
Noi nel metal abbiamo anche la fortuna di essere tutti collezionisti da 50, 100, 150 dischi.
AF - Anch'io a casa ho un lettore, in realtà però non lo uso mai neanche io. Però in realtà quando poi sono in tour con un gruppo magari poi vado a comprare il CD e me lo faccio firmare dal gruppo e me lo tengo di ricordo. In ogni caso, anche se poi non lo ascolto da cd, è un ricordo. E’ un po' come il merch, un'altra cosa che per fortuna nel metal funziona tanto.
Questo album è stato definito un po’ una colonna sonora cantata, nel senso che se fosse senza voci avrebbe tutti i numeri per essere una colonna sonora. Ho trovato molto evocativo l'uso del latino in determinati pezzi e ho visto anche l'attenzione e la cura che avete avuto nel realizzare i video. Quanto vi solletica il mondo del cinema, visto che vi piace anche lavorare su side projects come potrebbe essere il gioco in scatola? Insomma, lavorate tanto su cose di contorno alla musica, se e quanto potrebbe stuzzicarvi un giorno l'idea in qualche modo di avvicinarvi ancora di più al mondo del visivo, al cinema?
CS - Ci piacerebbe sicuramente scrivere qualcosa per un film, questo può anche piacerci e stimolarci. Attori non credo proprio. Nel senso che comunque è una bella sbatta fare gli attori, noi lo vediamo quando ci capita di fare i video e gli attori hanno tutto il mio rispetto, dagli orari, le ore di trucco, quello che devono fare di continuo, le scene ripetute all'infinito… hanno veramente tutto il mio rispetto e non mi azzarderei mai a dire sì, voglio provare a fare l'attrice, perché comunque anche lì c'è un lavoro grosso dietro. Però sicuramente ci divertiamo un casino a fare i video, nonostante le varie sofferenze nei vari momenti.
Recitate la parte del dialogo...
CS - Ma sono comunque sessioni ridotte, nel senso che comunque non ci metti e mesi, non ti devi sottoporre a settimane di trucco. Sicuramente ci piacerebbe scrivere una vera e propria colonna sonora, Maki compone tenendo sempre la tv accesa, sia che siano documentari, gameplay, film, gli piace avere proprio un riferimento visivo sul quale scrivere per farsi ispirare.
A livello di scrittura non vi piacerebbe provare a creare qualcosa, non a livello musicale, perdonami, ma a livello proprio di storia?
CS – Tantissimo. Un po’ forse il primo esperimento è stato “Never Dawn”, perché di fatto abbiamo scritto una piccola colonna sonora per delle immagini che erano già presenti e per un gioco che aveva già una sua lore. Quindi anche per noi è stato più facile trovare anche le frasi descrittive che riportassero alla storia del gioco. E Maki aveva il trailer già pronto senza musica, quindi poteva comunque farsi ispirare dalle immagini. Poi lui è un amante dei giochi da tavolo, quindi sapeva esattamente in che direzione andare ed è stata una bellissima esperienza perché anche noi abbiamo detto, cavolo, che bello comunque scrivere quando sai già esattamente di che cosa stai parlando, no?
AF - Sì, è più facile scrivere quando hai già un argomento, ovviamente. Noi invece, cantando, magari a volte facendo i demo delle canzoni, abbiamo delle frasi belle che ci piacciono, la mettiamo nel ritornello, poi dopo gli devi dare un significato. A volte quella frase l'hai messa perché ti piaceva tanto, però non hai per forza già in mente il significato chiaro del messaggio della canzone, quindi da lì devi poi cesellare, arrivarci a costruirlo, dargli un senso. È quello il lavoro più difficile. Capita di fare un testo che magari suona male perché alcune parole non hanno il suono che tu vorresti. Allora ti ritrovi a pensare “come possiamo dirlo in maniera che suoni bene?”.
CS - Forse un'altra cosa diversa che abbiamo noi rispetto ad altre band è che noi consideriamo le nostre voci come se fossero due strumenti da aggiungere, non scriviamo un testo prima per poi incastrarlo nella composizione. E quindi anche le parole devono avere un determinato suono che ci piace. Ed è un lavoro doppio, perché comunque trovare delle frasi che abbiano quel tot di sillabe, che abbiano il finale della parola che magari ha quella vocale che è una a piuttosto che una i, richiede un po’ più di tempo, che ci perdiamo super volentieri, ma abbiamo un processo lavorativo un po’ strano.
AF - Diciamo che noi in generale non è che siamo partiti con la musica pensando “un giorno diventeremo il gruppo più famoso, bla bla bla”. Noi siamo partiti con la musica perché era una delle passioni che avevamo. Però alla fine il cinema o i giochi sono sempre nostre passioni. Siamo cresciuti negli anni '80, quindi i film horror e simili erano e sono il nostro DNA. I fumetti e le graphic novel, l'arte visiva in generale, poi la musica è capitato che fosse la cosa che è andata meglio e a cui ci siamo dedicati di più magari. Tante volte vediamo gruppi giovani che partono tutti ultra determinati “un giorno diventeremo così”, ma noi non siamo partiti pensando che un giorno saremmo diventati famosi. Noi vivevamo quello, uscivamo al pub metal con gli orecchini, col chiodo, vivevamo quella roba lì. Eravamo quello che ascoltavamo, era il nostro stile di vita, ed è diventato un lavoro, una passione e un lavoro. Però non lo avremmo mai pensato, anche perché, arrivando da Milano, non è che ci sia tutta questa storia di grandi gruppi metal con una carriera decennale o ventennale in giro in tour per il mondo.
Leggevo giusto ieri un’intervista a un’artista inglese che diceva, anzi più che intervista era praticamente un articolo che rispondeva alla domanda: “Cosa provo a cantare davanti a 10.000 cellulari?”. E la cosa principale era: capisco, perché mi trovo anch’io dall’altra parte e voglio portarmi a casa un ricordo, però davanti a tutti quei cellulari c’è un po’ di ansia, toglie spontaneità, perché mi rendo conto che nel momento in cui vengo in ripresa, anche senza farlo apposta, tiro dentro la pancia, inclino la testa per evitare il doppio mento, tutta una serie di accorgimenti. Leggendo questo, e anche pensando al fatto che oggi sarei venuto qua, mi sono subito ricordato il vostro concerto qualche anno fa al Fabrique, quando sei scesa a un certo punto in mezzo al pubblico, e io non ti vedevo perché c’erano tutti sti cellulari.
AF- Dovevi guardare attraverso i cellulari che avevi davanti.
Infatti, è proprio quello che ho fatto. Volevo chiedervi se questa è una sensazione che capita anche a voi di provare e se, dato che ultimamente ha fatto notizia il fatto che i Ghost adesso, come altri gruppi hanno fatto in passato, hanno annunciato un concerto col divieto di cellulari, se pensate che sia una cosa che si diffonderà, o che a voi piacerebbe implementare.
CS - La censura è sempre brutta, però è veramente brutto vedere qualcuno che guarda l'intero concerto tenendo tutto il tempo il telefono in mano. Non mi disturba se lo vedo magari all'inizio dello show, perché ovviamente, come dicevi prima, ognuno si vuole portare a casa un ricordo, qualche piccolo momento, magari la tua canzone preferita; me la porto a casa perché voglio ricordarmi che io ero lì in quel momento. Però da fastidio anche a quelli che sono dietro, molte volte proprio blocchi la visuale ed è fastidiosissimo. Sono andata al concerto dei Wardruna in teatro, un’atmosfera della Madonna e quello seduto davanti a me è stato col cellulare costantemente in mano ad ogni canzone, ha ripreso tutte le canzoni. Volevo mandarlo a f*** perché mi sono detta: ma che cazzo sei venuto a fare? Cioè, se te lo guardavi online? Come puoi avere il desiderio di guardarti uno show così, invece di viverti proprio l'emozione. Quindi forza Ghost, grandi!
AF - Diciamo che è un metodo un po’ difficile da applicare, magari con i Ghost, con un'organizzazione molto grossa, poi riuscire a farlo come vuoi tu. Ho sentito che lo vogliono fare, però in una realtà più da club è un po’ più difficile.
CS - Una volta, quando vedevano una videocamera nel pubblico, la security arrivava e la spaccava. Adesso il problema è che con il cellulare è più difficile, perché è un telefono, ma negli anni passati c'era la security che ti bloccava immediatamente appena vedevano una lucina, ma anche gli altri del pubblico che li indicavano e quelli della sicurezza correvano a prendergli la telecamera.
Pure Axl Rose una volta si è buttato nel pubblico per spaccarlo a qualcuno.
AF – Si, diciamo che secondo me è sempre una questione di buon senso, no? Se tu filmi il tuo pezzo preferito perché te lo vuoi tenere e riguardare, va bene, ma filmare dieci canzoni non ha senso, perché poi tanto non guarderai mai tutti quei video. Hai il cellulare pieno di video che non guarderai mai.
CS - Chi era? Danzig che ha calciato il telefono?
AF - L’ho visto quando abbiamo suonato a Las Vegas, un paio di anni fa al Sick New World. Il giorno prima c’era Danzig in teatro che faceva i pezzi di Elvis.
CS - Nel nostro hotel.
AF - Siamo andati a vederlo e la voce in teatro ha detto mille volte “non filmate il concerto”.
CS - Era uno show speciale, era uno show “one of a kind”.
AF - Poi lui è fissato contro la tecnologia, contro i microonde. Allora, c’era uno, al primo pezzo, che proprio si è alzato ed è andato davanti al palco col cellulare. Danzig, che ha fatto così (prende la rincorsa e calcia l’aria) un calcio e ha fatto volare via il telefono subito, appena è iniziato il concerto!
CS - Ha fatto subito capire chi fosse. Però sì, è brutto. Dov’è che abbiamo suonato ultimamente, che non abbiamo visto telefoni? C’era la gente che si divertiva, ora non mi ricordo dove, ma ho detto “Ma che bello!”, c’erano pochissimi telefoni. C’erano veramente pochi, pochi, pochi telefoni, ed è stato bellissimo.
AF - Diciamo che si torna al discorso di prima, che la tecnologia non è né buona né cattiva, dipende da come la usi: se la usi con buon senso, generalmente non è un problema, se poi la usi senza senso è ovvio che diventa un problema.
Sì, l’ho vissuto l’anno scorso al concerto di Bob Dylan, ti facevano mettere il cellulare in un sacchettino chiuso a chiave ed è stato quasi straniante, però devo dire molto bello. No luci, no distrazioni. Che ormai siamo così abituati ad avere sempre il cellulare in mano che a volte ti viene da guardarlo anche se non devi fare niente. Invece, nel momento in cui è bloccato, ti concentri al 100% sulla musica.
AF - È un po’ il discorso di Sleepless Empire, che sei connesso anche quando non ce n’è bisogno, alla fine con tutta questa disponibilità ti distrai senza motivo, ti perdi a guardare video e alla fine cosa ti è rimasto di tutti questi video che hai visto?
CS - Poi quante volte li riguardi, sinceramente, cioè, li fai al momento, dici, “Oh che figata!” e poi dopo…
C’è anche questo aspetto del "devo far vedere che ero in quel posto" non solo me lo guardo a casa, ma anche ti faccio vedere che c’ero.
CS - Esatto, se non ti fai vedere non esisti.
AF - Sì, comunque è una delle problematiche della società moderna, non solo dei concerti. Anche quando sei al ristorante con gli amici, comunque ti viene automatico, se in per un attimo non si parla vai subito sul cellulare.
CS - O momenti di silenzio con tutti col cellulare in mano, ma ci mettiamo dentro anche noi, perché anche noi siamo così, a volte proprio ce ne rendiamo conto.
AF - Noi in tour avevamo una regola, dovevamo mettere tutti i cellulari impilati all’inizio della cena, quando avevamo il day off, e se qualcuno lo prendeva, pagava per tutti.
CS - Il primo che prende il telefono (a meno che non ci sia una telefonata) però il primo che prende il telefono paga per tutti.
AF - No, è durata pochissimo come regola, perché ovviamente…
In Italia siamo tutti esterofili e, stranamente, tutte le band italiane fanno sempre cagare. Vi siete mai chiesti se foste nati in Svezia come sareste stati considerati? Notate questo odio nei vostri confronti? Perché ogni volta che si pubblica qualcosa ci sono sempre una sfilza di commenti negativi…
CS - Ma io mi gaso tantissimo, cioè io li amo gli haters perché sono i nostri followers più accaniti. Con TrueMetal io mi diverto un casino, cioè, è proprio il mio pane, mi gaso da morire. Impazzisco perché poi li fai impazzire perché non possono tollerare che tu sia lì a leggere, perché non si aspettano mai che tu dia una risposta, si aspettano sempre di rimanere impuniti, di mettere lì la loro opinione, per fare i fighi al momento, e poi nel momento in cui scrivi o cancellano o ti dicono “ah, ma io stavo scherzando”. Ultimamente c’è stata una persona che mi aveva offeso e sono andata sotto al commento, uccidendola con la gentilezza. Perché io non rispondo mai all’offesa con un’altra offesa, che è ancora peggio, perché se uno ce l’ha su con te, si incazza per il fatto che tu non ti inviperisca. E se invece sei carino e gentile, rimangono spiazzati perché dicono “Come contrattacco questa cosa?”. E poi saltano i “cani”, ovvero gli altri fan che distruggono questa persona. Perché secondo me non è giusto: una persona che spreca tempo per andare su un social a parlare male di una persona, di una band, gratuitamente, non deve rimanere impunita. Se scrivi “non mi piace il disco dei Lacuna Coil” non me ne frega niente, perché sei liberissimo di amare la nostra musica o di odiarla. Però se tu lasci un messaggio in cui attacchi la persona, inventandoti cazzate, toccando il personale, non avendo neanche idea di quello che hai letto. Leggono direttamente il nome e vanno contro perché sembra che abbiamo rubato il posto a qualcuno, come se il mondo musicale non avesse spazio per tutti. Di base è veramente un modo o di fare i fighi o di esternare il fastidio perché una band è riuscita a fare qualcosa che tu avresti voluto fare, perché nove volte su dieci questi hanno una band che suona nello scantinato che non farà mai un cazzo, e quindi la colpa è nostra, no? E quindi internet è un posto dove scaricare la frustrazione. Ma io mi diverto da morire con gli haters.
AF - Però diciamo che l’hating… beh, sono due discorsi un po’ separati, nel senso che l’Italia è vero che non è mai orgogliosa delle proprie band, vale sempre meno il gruppo italiano del gruppo straniero. Un po’ perché in effetti l’Italia non ha mai avuto, come dicevamo prima, band che storicamente hanno fatto una carriera e quindi non si è costruita quella cosa che anche in Italia può essere come in Svezia, o come negli altri paesi, e avere delle band che fanno carriera, lo fanno di professione, eccetera, manca la credibilità della struttura proprio, non solo della band. Invece l’hating online c’è un po’ dappertutto alla fine, anche se vai su Blabbermouth o da altre parti, certi gruppi sono sempre massacrati e verranno sempre massacrati. Perché è così che funziona Internet. Vale la stessa cosa se vai su una pagina di calcio o di qualunque altra cosa. E poi quello che fa ridere è che la maggior parte delle volte cercano di spiegarti come funzionano le cose, ma in realtà non hanno la minima idea di come funzionano le cose o di come sono andate veramente.
CS - No, io mi diverto da matti, perché è anche un segno positivo: nel momento in cui dai fastidio a qualcuno vuol dire che stai facendo qualcosa di buono. Poi sanno tutto gli hater, sanno tutto, cazzo! Ti odiano però sanno quando esce il disco, che canzoni ci sono, cosa hai fatto, cosa hai detto, si vanno vedere tutte le interviste per estrapolare quello che vogliono loro, però sono presentissimi.
AF - Ma poi c’è da dire che se non c’è una sorta di successo non c’è neanche l’invidia. Se sei un piccolo gruppo underground nessuno ti scrive “stronzo”.
CS - C’è stato un tour tanti anni fa, c’era questo ragazzo che continuava a parlare male di noi. Ma male, proprio “fanno cagare”, eccetera. Abbiamo fatto tre date in Italia e a due era in prima fila. Date headliner! E questo scriveva sempre, però la sua intenzione era farsi notare, praticamente. Perché nel momento in cui comunichi, cominciano a diventare tutti più buonini o rimangono comunque imbarazzati, non sanno come rispondere. Perché non si aspettano che tu sia lì a dire “ah ok, ho letto questa cosa, parliamone”.
Volevate mettere i video nel prossimo tour, potete mettere una raccolta di screenshot di commenti di haters.
AF - Su una canzone, tipo “I Wish You Were Dead”. Potremmo mettere tutte le critiche.
CS - Come Ronnie Radke: “Pezzo di merda!”, “Che cazzo vuoi?!”
Screenshotta le foto… tagga la gente.
CS - Però il principio è giusto. Cioè, lui forse esagera, però il discorso di base è giusto. Se uno ti offende, perché tu devi stare zitto? Solo perché sei un personaggio pubblico ti devi prendere la merda da uno che non ti conosce e che non conosci? Non è giusto. Io intanto rispondo, ti rimetto al tuo posto.
AF – Ma è il solito discorso: in faccia non te lo direbbe mai, perché poi in faccia c’è la dimensione vera.
È quello che ha detto Mike Tyson, che internet ha normalizzato il tirare merda alla gente senza prendersi uno schiaffo.
AF - Esatto. Ma è così. Ma poi è vero anche che molte persone non si rendono conto della potenza del social media. Quando tu lasci un commento pensi che l’hai scritto sulla pagina dei tuoi quattro amici, invece quella è una cosa che vede “tutto il mondo”. Quindi un commento su un social è molto più forte di un commento detto al pub alla sera con i tuoi amici: “ah, lui è uno stronzo, fa cagare”. Non succede niente. Però se lo scrivi e rimane scritto ha una potenza, e molte persone non si rendono conto del mezzo che stanno usando. Vedo anche mio papà, le prime volte che usava Internet non si rendeva conto che se scriveva quello che pensava non è come se lo dici al bar. Non è proprio politically correct!