Ciao Jared, sono felice di avere l’occasione di parlarti e di intervistarti dall’Italia.
Ciao, è un piacere per me, grazie mille!
So che a giugno ti sei esibito a Milano. Cosa ne pensi del pubblico italiano, dell'atmosfera e soprattutto di questo tour con The Winery Dogs?
Esatto, abbiamo suonato a Milano un paio di settimane fa, è stato lo spettacolo più bello del tour, il migliore. Non potevo crederci. Ero già stato a Milano e ho suonato in Italia anche in altre città, ad esempio a Vicenza, ma questo spettacolo a Milano è stato davvero incredibile. Mi ricordo l’enorme energia percepita quando siamo usciti sul palco, tutti erano così impazienti di sentirci suonare, non vedevano l’ora! E volevano semplicemente farmi continuare a suonare ad oltranza… ma ovviamente dovevo fermarmi. Il tour con i The Winery Dogs è stato fantastico. Sono persone così gentili e sono stati molto accoglienti con me e la mia band, ci hanno fatto sentire davvero i benvenuti: ogni spettacolo è stato fantastico durante il tour, ma quello di Milano è stato di gran lunga lo show migliore.
Tornando indietro nel passato, invece, come ti sei innamorato della musica e come è iniziato tutto? Ad esempio, tu hai un modo speciale di suonare senza plettro, come è successo?
Dunque, sono cresciuto nel Wisconsin, che è come dire “nel bel mezzo degli Stati Uniti”. Sono cresciuto in una fattoria, molto lontano dalla città; impossibile andarci in bicicletta, distavamo dalla città più vicina circa 16 chilometri. Quindi, quando avevo 15 anni, i miei amici hanno iniziato a dedicarsi alla musica o allo sport e io volevo tanto diventare un batterista. Ma la batteria era troppo rumorosa e mio padre mi disse di no, così alla fine comprai una chitarra. Ma sono mancino. Quindi quando scrivo, scrivo con la mano sinistra, bevo con la mano sinistra e così via. Originariamente, ecco la mia chitarra (e ci mostra una bella Gibson), tenevo la chitarra in questo modo, come un mancino. Avevo in mano la mia prima chitarra e il mio maestro mi disse “Hey, devi girare la chitarra. La stai tenendo nel modo sbagliato”. Quindi l'ho girata in questo modo e da allora è andato tutto molto bene. Mi ricordo che voleva che usassi un plettro per chitarra, ma non mi sembrava comodo, così ho iniziato a suonare direttamente con le dita. Non so se riesci a immaginartelo, ma adoravo la sensazione delle corde sulle mie dita, è una delle cose che mi ha fatto sentire davvero entusiasta di suonare. Molte persone dicevano che non era giusto suonare in quel modo, ma a me non importava, ho continuato a farlo. Poi, quando ho fondato la mia band e la gente ha iniziato a vedermi suonare, dicevano “wow, non usa il plettro, ed è piuttosto raro che un musicista rock non usi il plettro, ma il risultato è meraviglioso, e quindi va bene così”.
Ed è arrivata anche la collaborazione con Gibson, come ci si sente ad essere uno dei loro Ambassador?
È pazzesco. La città in cui sono nato è la stessa città di Les Paul, proprio il tizio di quella famosa chitarra, ne ho molte qui. È stato fantastico perché ho iniziato da subito a suonare le chitarre Gibson. La migliore, la prima vera chitarra che ho avuto, è stata una Gibson. Ci ho dedicato tantissima energia e ora lavoro con loro da circa, direi, otto anni. Ho tre modelli signature, tre diversi. Puoi vederli qui dietro, sono i modelli che mi hanno dedicato. Qualche anno fa mi hanno detto “ehi, vogliamo che tu sia uno dei nostri Ambassador”. All'inizio pensavo “non so cosa significhi davvero”, ma fondamentalmente è come se potessi stare accanto a Lizzy Hale, Jerry Cantrell, Dave Mustaine, Slash, ed è pazzesco. Sono davvero grato, amo le chitarre Gibson ed essendo un chitarrista, è incredibile avere questo legame con il brand.
Caspita, posso solo immaginare! So che hai collaborato con qualcuno di questi artisti che menzionavi, come Joe Bonamassa o Slash. Ci racconti qualcosa? Qualche storia speciale su queste esperienze?
Sì, beh, ad esempio, tutti questi chitarristi che hai citato erano i miei eroi quando ero piccolo, quindi quando ho avuto l'opportunità di suonare con loro, di incontrarli, di uscire con loro, ero davvero emozionato, sopraffatto. È incredibile come Zakk Wylde o Joe Bonamassa adesso siano i miei migliori amici! È pazzesco: prima erano come dei poster sul muro, ora sono miei amici e di storie divertenti ne avrei un milione.
Ad esempio, mi ricordo quando ho incontrato Leslie West, che era il chitarrista dei Mountain, uno dei miei più grandi eroi. Ricordo che volai a New York dalla California, di notte, e quando arrivai lì non sapevo dove andare. Era pieno inverno e faceva così freddo, avevo la mia chitarra e stavo aspettando che il locale aprisse alle 14:00. Erano circa le 9:00, non sapevo dove andare e faceva davvero freddo. Andavo a comprare del cibo e poi restavo ad aspettare, finché finalmente sono arrivato lì, ero così agitato all’idea di incontrare Leslie West. Il suo manager entra nel locale, mi guarda e dice: “No, non succederà. Leslie è di cattivo umore”. E io ho pensato: “Oh, no! Che sfiga!”. Quindi ho fatto il soundcheck ed ero sul palco. Quando è arrivato il momento dello spettacolo, stavo suonando, mi sono voltato… e lui era lì ed era entusiasta! Lo show gli era piaciuto moltissimo e io ero alle stelle. Lui ha iniziato ad urlarmi cose dal lato del palco e io pensavo “è pazzesco”. Mi disse: “You kick ass, keep going!”. Non potevo crederci. È stato fantastico. Poi siamo usciti per la serata e sai, è stato pazzesco.
Quando sono stato in tour con Zakk Wylde, i Black Label Society mi hanno accolto come se fossi uno di loro. Il primo giorno Zakk mi ha prestato delle chitarre e tutta l'attrezzatura musicale ed è stato semplicemente surreale. E, sai, è lo stesso con Joe Bonamassa: una cosa che ho notato di molti di questi musicisti è quanto siano gentili. Sai, sono così felici di chiacchierare e parlare con me di musica, perché sanno che la amo tanto quanto la amano loro. Potrei raccontarti storie tutto il giorno, ne ho così tante in mente.
Tornando a te, come ti eserciti con la chitarra? Voglio dire, segui una routine quotidiana o qualcosa del genere per essere così bravo?
Si, direi di sì, fino a quando ho iniziato a fare molti tour. Durante la pandemia suonavo la chitarra tra le 6 e le 10 ore al giorno. Era pazzesco. E anche quando ero bambino, dai 16 anni fino ai 25, letteralmente mi svegliavo la mattina e iniziavo immediatamente a suonare la chitarra. Tuttora suonerei la chitarra sempre, fino al punto di addormentarmi, finché è umanamente possibile. È semplicemente, sai, una cosa molto importante per me… fin da piccolo avrei fatto qualsiasi cosa pur di suonare. Quindi, se parli di routine, di base mi esercitavo su cose come le scale, la teoria e gli accordi. Poi prendevo i miei dischi preferiti e ci suonavo sopra, suonavo tutte le parti. L'ho fatto per molto tempo e l'ho adorato così tanto. Ora è un po' diverso, perché mi piace di più scrivere canzoni: penso sempre, non solo di imparare altre cose, ma anche di cercare di essere in ogni caso la versione migliore di me stesso, non so se ho reso l’idea. Quindi sì, ora mi sto esercitando in un modo diverso.
Come componi e crei le tue canzoni? Come è il processo di composizione?
Per me è sempre diverso. Quando ho iniziato a scrivere il mio primo disco era la prima volta che scrivevo davvero delle canzoni; ci ho pensato davvero e ho lavorato con questo produttore leggendario: Eddie Kramer. Eddie Kramer aveva lavorato per Hendrix, Led Zeppelin e The Who, insomma, tutte queste incredibili band storiche, e mi ha detto “Jared, è tutta una questione di riff… tu devi avere grandi riff di chitarra nei brani”. Quindi mi sedevo e provavo a inventare questi fantastici riff e poi pensavo a qualcosa da cantarci sopra, a come avrebbe suonato il pezzo con la band.
Poi, quando mi sono trasferito a Nashville, dove vivo adesso, mi sono immerso in un mondo pieno di tantissimi cantautori e persone che ciò che fanno tutto il giorno è scrivere canzoni. Quindi ho iniziato a dire a me stesso “beh, voglio lavorare con alcune di queste persone e pensare a come loro scrivono le canzoni”. Quindi ora, quando scrivo, provo a non scrivere davvero una canzone. Sembra strano, ma quando mi siedo, ho un pezzo di carta e una penna in mano e provo a scrivere, a volte le cose non vanno bene, invece quando inizio a suonare, quasi come se fossi ad un soundcheck, prendo in mano una chitarra e suono qualcosa e dico “oh, cos'era?” e poi lo registro nel telefono, oppure mi fermo e mi chiedo “ok, dove va a finire?”, e mi sembra che le canzoni risultino un po' più organiche in questo modo, un po' più naturali, faccio così, invece di cercare di forzarle.
So che vivi tra Nashville e Los Angeles e forse sono posti molto diversi. Non sono mai stata a Nashville e a Los Angeles, sono stata negli USA ma in altre città, anche se di queste due ho letto molto, vista la loro importanza per il mondo della musica. Immagino siano molto diverse e che forniscano opportunità e background musicali differenti.
Penso che siano molto diverse. Devi venire a Nashville. Los Angeles è una città nata per l’intrattenimento. Trovi teatro, modelle, musica, tutto l'entertainment che vuoi. C'è così tanto spettacolo lì, ed è fantastico e ovviamente c'è un sacco di gente che è lì per girare film. Ho vissuto a Hollywood per circa 9 anni, in mezzo agli Studios, alla TV e ai film. Ma poi quando mi sono trasferito a Nashville… beh qui è tutta una questione di musica. La musica è tutto, è come se ci fosse musica dal vivo ovunque, e ci sono musicisti fantastici. La grande differenza che ho notato è che a Los Angeles c’è tutto, musica, film, insomma, tutta la roba legata allo spettacolo, ma poi quando ti trasferisci a Nashville ti rendi conto di come tutti prendano sul serio la musica. Inoltre, vivere a Nashville, oltre che più semplice, è anche molto più economico, perché sai, per stare a Los Angeles servono davvero un sacco di soldi.
Ascolti molta musica? Hai qualche artista preferito che ti dà ispirazione?
Oddio, sì, così tanti. Sai, provo ad ascoltare tutti i diversi stili. Ascoltavo solo blues e rock, ma c'è così tanto materiale interessante là fuori che ascolto tutti i generi musicali. Ascolto un sacco di musica tradizionale, old school, anche Country. C'è una nuova band chiamata Steel Drivers e sono davvero, davvero fantastici. E poi ascolto tutto, perfino Hank Williams. Ma mi piace anche ascoltare pezzi più pop e alternativi, da Lana Del Rey a gruppi come Queens of the Stone Age, sono così forti! Ascolto un po' di Jazz e anche un po' di strana roba fusion. Sento la musica che fa per me, cerco di tenere le orecchie aperte a tutto perché non voglio suonare solo blues o solo rock, voglio conoscere tutti i diversi elementi. Sto cercando di focalizzarmi su altre cose che ho sentito di recente e che mi hanno davvero colpito. Voglio dire, ci sono così tante proposte musicali, diciamo che ascolto tutto ciò che è buono.
Tornando all'attrezzatura che usi per suonare, sei molto attento alla scelta degli amplificatori? So che usi Blackstar, ma cosa mi dici invece dei pedali? Hai dei suggerimenti su questo tema, in merito all’attrezzatura?
Penso che, come per ogni altra cosa nella vita, ognuno ha i suoi strumenti preferiti. Ad esempio, io ho le mie chitarre preferite. Ho la mia preferita. Ad esempio, potrei mostrarti la mia preferita ora, vedi le chitarre che ci sono in questa stanza? [Mi mostra una zona della casa con una quindicina di Gibson esposte, nda]. E poi se vedi lì, non so se riesci a vedere, mai in quell'armadio c'è una cassaforte con tutte le mie cose costose. Ovviamente ho la mia strumentazione preferita, ma c'è un suggerimento che darei a qualsiasi chitarrista: ricordati che sono solo cose, tu sei quello che fa la musica. Molte persone rimangono davvero, davvero focalizzate sulla strumentazione e si lasciano prendere. Ad esempio pensano “hey, se avessi questa chitarra, suonerei così”. Oppure “se avessi questo pedale più costoso, suonerei meglio”. Ma sai, sono stato così fortunato da suonare chitarre che valevano milioni di dollari e chitarre che non valevano nulla, ma la cosa più importante, ciò che ti rende te stesso, sei tu. È un po' come se la musica fosse dentro di te, quelli sono solo strumenti per farla uscire. Suggerisco di ricordarlo sempre. Solo perché qualcosa è più costoso o non ce l'hai, non significa che sarà meglio per te, in fondo ognuno fa il proprio viaggio, credo. E penso che ricordarsene sia davvero importante.
Concordo in pieno! So che collabori con la Black Hill Records…
Si! Hanno prodotto il mio ultimo album che è uscito a gennaio e sì, è stato un successo.
Ho letto che hai detto “ho fatto un disco che servisse da menù per lo spettacolo dal vivo” e che pensi che il meglio si esprima davvero sul palco. Quest’album lo stai sperimentando dal vivo in tour da alcuni mesi, raccontaci qualcosa a riguardo.
Dunque, prima di pubblicare questo disco suonavo live e la gente veniva da me dopo il concerto dicendo che era fantastico: “Adoro il modo in cui suoni dal vivo perché forse suoni in maniera più sporca, più folle!”. Prima di quest’album ho sempre avuto problemi nel cercare di catturare l'energia dei live e registrarla in studio, quindi, quando ho incontrato il mio produttore, Eddie Spear, gli ho subito comunicato che volevo fare un disco che “suonasse” come suono dal vivo. Non voglio che sia carino, non voglio che sia sicuro, voglio che sembri pazzesco. Alla fine quello che abbiamo fatto è stato registrare tutto su un registratore, un vecchio registratore old school. Non abbiamo usato computer, tutto è stato immagazzinato in una grande scheda audio di un vecchio registratore, proprio come si faceva una volta. E non l'ho fatto perché volevo che sembrasse vecchio o che fosse un ritorno al passato, l'ho fatto perché era quella che sembrava la cosa più vera da fare. Eddie riavvolgeva il nastro e diceva “ok, stiamo registrando” e io e la mia band eravamo nella stanza, sentivamo il nastro iniziare a scorrere, ci guardavamo, il batterista iniziava a dare il tempo e via. Non ci sono stati "aggiustamenti", quindi, quando ascolti il ??disco, ti accorgi che è una rappresentazione davvero, davvero buona e accurata del modo in cui suono effettivamente quando sono sul palco. È divertente, perché se ascolti il ??disco e poi vieni ad uno spettacolo te ne accorgi. Non pensi “oh, non suona come nel disco” ma dici “hey è proprio la stessa cosa!”.
Che dire dei tuoi piani per il futuro? Hai qualche step ulteriore già in mente o sul quale stai già lavorando?
Sì, assolutamente. Voglio dire, per quanto riguarda il tour, torneremo a Milano penso ad ottobre e saremo in tour praticamente fino alla fine dell'anno, fino a Natale. E poi ho praticamente già scritto il prossimo disco, è tutto nella mia mente. Ho le canzoni, ho l'idea, so dove voglio arrivare. Quindi è tutto davvero emozionante: il disco che ho pubblicato porta il mio nome come titolo, perché sento che per la prima volta ho un disco che potrei tenere in mano e potrei dire “eccolo qui, mi rappresenta davvero”, ma ora voglio crescere ulteriormente, voglio sviluppare di più il mio suono, evolverlo.
Bene, lo aspettiamo prestissimo allora, e anche il tour, se tornerai a Milano sarà fantastico, ci saremo! Se volessi suggerire qualcosa ad un artista che sta iniziando adesso e che si avvicina ora al panorama musicale, è un settore molto difficile, avresti qualche consiglio da dare?
Il più grande consiglio che darei a chiunque si avvicini alla musica o volesse fondare una band, di qualsiasi genere sia, è “ricorda che non è una competizione”! È davvero difficile da ricordare, ma suonare la chitarra, fare musica e suonare live è arte. Devi prendere quello che c'è nel tuo cuore e nella tua mente e devi provare ad esprimerlo, farlo sentire alle altre persone. Non conta solo quanti “Mi piace” hai o quante persone sono presenti ai tuoi spettacoli, devi credere in te stesso e suonare ciò che ami, esprimere la musica che ti emoziona davvero. Per molto tempo le persone mi hanno detto cosa suonare o “dovresti fare questo o dovresti fare quello” e in un certo senso mi confondevano le idee, ma è davvero importante per i giovani o per le persone che hanno appena iniziato: devi suonare ciò che ami, suonare le cose che ti entusiasmano davvero, perché quando sei in viaggio e suoni questa musica, è molto difficile andare avanti. È molto difficile far accadere le cose, e la cosa peggiore sarebbe suonare musica che non ti piace. Lavori così duramente per arrivare ad un certo livello per poi dire “odio questa musica e quello che faccio”? Quindi direi a chiunque inizi: “suona la musica che ami”. Non è una competizione e, alla fine della giornata, devi divertirti. Devi considerare entrambe le facce della medaglia e la gente vede solo una piccola parte, quando sei sul palco, ma devi ricordare che ci sono le altre 23 ore della giornata, per lavorarci e creare musica. Suona ciò che ami. Yeah!