Ciao Gennaro, è un piacere parlare con te, sono una grande appassionata di Blues!
Ahhh, e quindi l’hai sentito il disco?
Ah si, e ti ho sentito live in alcune occasioni, qualche anno fa.
Dove?
Faccio parte di un gruppo di persone appassionate di Blues, giriamo per concerti e ti abbiamo visto diversi anni fa all’1.35 Circa a Cantù, locale che ora purtroppo ha chiuso.
Ah, grande… che peccato quel posto era davvero carino!
Eh sì, era un posto perfetto per il Blues, e poi un’altra occasione che ricordo è stata al Black Horse di Cermenate, quando sei apparso nel mezzo di un concerto di Matthew Lee.
Ah, mamma mia! Un po' di tempo fa, mi trovavo lì e feci un brano con Matthew.
Si, un bellissimo duetto! In generale ti seguiamo, in quello che fai! Il nuovo disco è molto bello, registrato in presa diretta, giusto?
Sì, al 95% in presa diretta con qualche chitarra acustica aggiunta in post, ma è stato fatto quasi tutto in presa diretta. Anzi, ho anche cantato due brani in presa diretta, mentre suonavo.
Beh, trasmette sicuramente un’emozione in stile live.
Tre dei brani li avevo registrati in promo per fare dei concerti, per presentare la nuova band, ma sono venuti talmente bene che li ho poi inclusi nel disco!
Ho detto “Questi suonano benissimo, questi vanno nel disco così!”. Anche il brano con Guy Davis è stato registrato live, anzi, è stato un “buona la prima” con Guy Davis! Eravamo in uno studio di registrazione per fare delle interviste, avevamo delle chitarre e ho detto al fonico: dai registriamoci anche delle cose. Tra un’intervista e l’altra abbiamo buttato giù dei brani ed è saltato fuori anche questo brano con Guy.
Beh, a volte le cose migliori capitano un po' per caso! Queste collaborazioni - ce ne sono diverse nel disco - hanno a tuo avviso aggiunto degli ingredienti speciali, vuoi raccontarci qualcosa in particolare?
Mah, prima di tutto sono felice perchè sono tutte collaborazioni con miei amici, non ho cercato dei nomi per creare aspettative o per avere un nome sul disco, no, sono amici. Sono persone con cui io mi sento tutti i giorni. E’ un disco a cui ho dedicato veramente l’anima, come per tutti gli altri dischi, ma per questo in particolare, allora ho chiamato tutti gli amici.
Con Edoardo suono da 19 anni, figurati, gli ho detto “Sto facendo questo pezzo, vieni a mettere un’armonica?” e dopo due ore era in studio e abbiamo fatto questa cosa insieme. Anche Vince Pastano: è un chitarrista che io stimo tantissimo, oltre ad essere ovviamente un grande produttore (è anche produttore di Vasco) c’è una stima reciproca che dura da anni e ci siamo incontrati spesso a fare qualche jam insieme, a suonare, poi siamo amici al di fuori di tutto e ci sentiamo spesso. Di Guy Davis che dire: è nato un rapporto bellissimo dopo il suo viaggio in Italia, io ero il direttore artistico di un festival organizzato da me qui in Campania, lo invitai come ospite, ma già ci conoscevamo “a distanza” e siamo stati insieme un po’ di tempo, abbiamo fatto dei concerti insieme: da lì è nata l’amicizia che dura tuttora. E’ stato felicissimo di partecipare a questo disco. E’ stato in finale ai Grammy Awards, nominato due volte: avere un musicista del suo calibro nel disco e soprattutto una persona così bella è motivo di grande orgoglio. Poi c’è Mario Insenga, che è il padre del Blues italiano, insieme a Treves, all’amico Rudy Rotta che non c’è più, a Roberto Ciotti e a tanti altri. E’ una persona con cui collaboro ancora oggi, siamo amici, ci vediamo tutti i giorni e gestiamo insieme un laboratorio di Blues, abbiamo delle classi, forse una delle poche classi di Blues presenti in Italia. Si pensa sempre agli altri, ma al Blues non ci pensa mai nessuno… e allora ci pensiamo io e Mario!
Vengono persone da tutta Italia qui a Napoli e cerchiamo di trasmettere il linguaggio giusto per questa musica maledetta.
Sembra sempre percepita come una musica ascoltata solo dagli appassionati fedelissimi, ma tu pensi comunque che ci sia spazio nel cuore delle nuove generazioni per il Blues?
Ma il Blues ci sarà sempre, il Blues è dappertutto, è anche nella Trap se vogliamo, anche se la trap non è proprio un articolo “mio”!
Però se vai a vedere è così alla fine: i figli dei bluesmen neri che stanno oggi a Chicago, è normale che non sentano la musica che facevano i genitori e si sono messi a fare i rapper, molti nipoti o figli di bluesmen americani oggi fanno Rap o Trap, si è modificato il codice, però la matrice è quella. Il codice nuovo a me non piace, però la matrice è sempre la stessa. I sentimenti sono sempre quelli, le sensazioni sono sempre identiche, ma più o meno anche gli argomenti, tranne qualcuno che scrive delle cretinate assurde, però dovrebbe essere così, almeno il Rap o la Trap fatta ad un certo livello: non voglio fare nomi italiani o inglesi, ma ci siamo capiti.
In quale genere musicale non ci sono le radici del Blues? Willie Dixon diceva: "The Blues are the Roots, the Rest are the Fruits".
E’ un buon modo per descrivere il concetto! Parlando del tuo disco, ci sono brani inediti e altri riarrangiati, come li hai scelti?
Sono 4 brani quasi inediti, perché c’è anche “Side by side” che è un brano che io feci uscire un pò di tempo fa come singolo, ma che ho voluto includere anche nel disco come bonus track.
Cosa vuoi raccontare con i brani inediti?
Ai brani inediti tengo tantissimo, uno è dedicato agli occhi di mia figlia! E’ “Smiling eyes”, di cui è anche uscito il singolo. Parlo proprio di un incontro di sguardi tra me e mia figlia, dopo che lei ha fatto un incubo. Ci guardiamo negli occhi, lei vede che ci sono io e si riaddormenta serenamente; te l’ho fatta molto in breve ma è un brano di speranza per lei ma anche per tutti i bambini del mondo. Poi c‘è “Me, You and the Blues”, che da il titolo al disco, ed è tra l’altro è l’unico brano in cui non ci sono assoli di chitarra, c’è solo una chitarra slide che fa da contorno. Questo è un brano che parla dei momenti della vita in cui sei con il tuo uomo o la tua donna, in cui dici “siamo rimasti io, te e il Blues”, e quindi sono quei momenti belli che condividi con il tuo partner o la tua partner, in cui dici “visto che siamo rimasti io te e il Blues, ma perchè ci facciamo troppi problemi? Facciamo quello che ci pare!”. Sono momenti che forse non torneranno più, quindi lasciamoci andare e non facciamo troppo gli schizzinosi, lasciamoci andare, tanto siamo io, te e il Blues, che ce ne importa, facciamo quello che ci pare.
Come sei riuscito a non mettere l’assolo? Ti sei trattenuto?
Eh sarebbe stato scontato, anche un altro giornalista che mi ha chiamato mi ha detto “Eh ma ci aspettavamo il solito Blues stracciamutande con un assolo di 6 minuti”, e proprio perchè se lo aspettavano tutti, non l’ho messo uno slow Blues così, con l’assolo di 10 minuti, quello te lo vedi dal vivo.
Di assoli ce ne sono, soprattutto nel brano Johnny, che è l’altro inedito, scritto con Mario Insenga, in cui parlo proprio di Johnny Winter, mio mentore da sempre. E’ uno di quelli che mi ha salvato la vita quando l’ho sentito per la prima volta! E quindi ho raccontato un po' la storia di questo personaggio incredibile che ha avuto una storia incredibile: ho detto sai, mai nessuno gli ha dedicato un brano, glielo devo, è uno di quei personaggi e musicisti che mi hanno fatto scegliere di prendere questa strada tortuosa, quella di fare il musicista Blues nel 2023! Però diciamo che io già lo faccio da 25 anni il musicista Blues, da quando avevo 14 anni.
Ma come è successo? Come ti sei innamorato della musica e del Blues? E’ stato un innamoramento improvviso?
Sai com’è, non è che tu decidi. Non è che tu decidi e dici “Oggi decido di fare…”: quello è il mestiere del musicista ed è diverso perchè dici “Ok scelgo di fare il musicista quindi imparo tutti i generi, almeno vado a fare le tournée con i cantanti Pop, mi chiama il cantante Pop, mi chiama il cantante Rock e io vado perchè sono preparato”. Ma fare il musicista Blues e basta, è diverso.
E’ una cosa che è nata da ragazzino, ma ci ha messo la mano anche Edoardo Bennato perchè quando ero piccolino lo ascoltavo alla radio, uscivano i suoi brani blues e mi chiedevo: “Caspita, perché mi prendono più i brani con questo tiro, mentre altri mi prendono di meno?”. Da lì ho scoperto (avevo 8 o 9 anni) quel tipo di brani cantati in inglese e facendo una ricerca già all’epoca ho sentito il Blues americano e lì è stata la mia fine!
Ti sei innamorato perdutamente! Raccontaci qualcosa sull’esperienza con Edoardo! Cosa ti piace di più della parte di lavoro che vivi con lui?
Con Edoardo si imparano sempre cose nuove, tutti i giorni, ti sorprende sempre, è un vulcano di idee, ama il suo lavoro alla follia, se possiamo chiamarlo “lavoro”. Comunque sì, è un grande professionista e ama il suo lavoro. Con Edoardo siamo amici al di fuori del palco, ci sentiamo e condividiamo anche molti momenti di vita, ci vediamo al di fuori dei concerti e mi ha dato la possibilità negli anni di vedere cose bellissime in giro per il mondo, conoscere persone meravigliose, calcare dei palchi molto prestigiosi. Come ti dicevo, sono molto felice che in questo disco ci siano le persone a me più vicine, c’è anche Daniele Sepe, che è un musicista stratosferico, suona benissimo qualsiasi genere musicale e lo interpreta nella maniera giusta. Ho una stima incredibile per Daniele, siamo grandi amici. Suona da Frank Zappa a Mozart, dalla musica cubana al Jazz sempre in maniera eccellente e sempre con un grandissimo gusto e rispetto per la musica.
Sei uno molto attento alla strumentazione tecnica?
Non sono uno di quelli proprio fissati. Uso poche cose, quelle che mi aiutano ad ottenere il mio suono. A parte la collaborazione con Marvit (mi hanno dedicato anche un modello, anzi due modelli di chitarre) uso attrezzature molto semplici, non sono uno di quegli smanettoni che hanno 3000 pedali. Ad esempio adesso mi hanno dedicato un pedale a terra signature: ho voluto includere in un unico pedale tre posizioni diverse. Una ricrea un Marshall Blues ma con dei dettagli che non aveva il Marshall, ho fatto aggiungere degli effetti; l’altra posizione rende il classico TS9 tube screamer e poi c’è un BUS, hanno fatto un unico monoblocco e uso solo quello. Dal vivo poi magari posso avere un tremolo e un accordatore, però diciamo che di base io sfrutto molto la chitarra e l’ampli.
E fanno molto le tue mani poi, che non si possono copiare! Dicci qualcosa della nuova band che ti segue attualmente.
La band attuale, la chiamo la RR Band, era la band di Rudy Rotta, un altro amico che avrei voluto in questo disco ma che non c’è più. Da quando Rudy Rotta non c’è più ho pensato di creare questo nuovo progetto: è una band rodatissima, composta da musicisti eccezionali. Sono Pippo Guarnera all’hammond, Enrico Cecconi alla batteria e Renato Marcianò al basso. Anche loro hanno registrato il disco insieme a me e saranno con me sul palco, lo sono già da un pò di tempo, da qualche anno. Andremo in giro quest’anno portando questo nuovo progetto sui palchi.
Questa estate vi vedremo in giro in tour?
Sì, il 9 facciamo Pistoia Blues, poi il 7 saremo a Rovigo e poi ho una data in Calabria a Tropea!
Vi seguiremo! Se ci sono date in zone di mare magari ci si abbina un viaggio. Invece, i tuoi consigli per qualcuno che inizia proprio ora a suonare?
Ascoltare quanta più musica possibile, la musica è bella tutta, parliamoci chiaro, tu devi scegliere in base ai tuoi gusti quale ti piace e quale non ti piace, ma se vuoi fare il musicista ci devi credere, ti devi approcciare alla musica con grande rispetto perché c’è gente che ha dedicato una vita intera per farci ascoltare delle cose belle e per trasmetterci delle emozioni, quindi la musica va trattata sempre con un grandissimo rispetto!
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Gennaro Porcelli
Me, you and the Blues
12 maggio 2023
Soundinside Records