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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
18/09/2023
Le interviste di Loudd
Due chiacchiere con... Gabriele Bellini
Una chiacchierata con Gabriele Bellini sul suo ultimo lavoro, "Motus", pubblicato il 15 giugno. “Saper ascoltare è il moto perpetuo che fa girare il mondo”.

Come nasce Motus e da cosa hai tratto ispirazione per i brani e per i riff?

Tutto è iniziato nei primissimi mesi del 2020, periodo nel quale ho maturato l’idea per il progetto Rebellion Party. Inizialmente, era pensato già come un nuovo album strumentale, ma dalle tante ambizioni, sia sotto l’aspetto prettamente tecnico/sonoro sia sotto quello puramente compositivo/concettuale. Poi è arrivato quell’assurdo fenomeno del Covid che tutti sappiamo e nel tempo la cosa, anziché frenarmi, mi ha addirittura stimolato a sviluppare ed allargare ulteriormente l’intero progetto, con ancora più motivazione e determinazione, fino ad arrivare a Motus. La vera ispirazione è sempre data dal momento, dalla storia e dagli attimi che viviamo. Così come la voglia di cambiare e di lottare per questo, la ricerca di una sempre più sfuggente coerenza nella vita e nel mondo è sempre l’imprinting più potente che sento dentro.

 

Come componi i tuoi brani? 

Per prima cosa, mi lascio trasportare dalle emozioni e da quello che ho in testa in quel preciso momento, poi rielaboro più volte e minuziosamente il tutto nei vari dettagli in fase di pre produzione, lasciando sempre un buon 20% di revisione per la fase di produzione e di chiusura dell’intero progetto.

 

Per Motus hai coinvolto molti artisti provenienti da background musicali differenti: che ingredienti aggiungono all’album?

Sono stati tutti rigorosamente scelti in base alle reali caratteristiche stilistiche, tecniche, timbriche, interpretative ed emozionali che ogni brano richiedeva. Anche in questo, oltre che pienamente soddisfatto, posso dire di ritenermi estremamente fortunato, perché, grazie all’indiscusso talento di tutti gli artisti coinvolti, ho ottenuto veramente tutto quello che cercavo e volevo.

 

Quale brano non vedi l’ora di suonare dal vivo?

"Metaverse Era", "Afterall", "Element" e "Only One Planet", rappresentano tutti ed ognuno a modo suo un’ardita sfida, ma è anche il bello della musica e soprattutto dei live e sinceramente non vedo l’ora!

 

Come hai messo insieme la band per questo album e come lavorate insieme?

Di base è un più che rodato power trio, composto oltre a me da Michel Agostini alla batteria e Lorenzo Meoni al basso. Con Michel collaboro ormai da oltre 15 anni, mentre con Lorenzo, tutto si è attivato in concomitanza dell’album Rebellion Party, soprattutto per i live, mentre in studio le parti di basso per lo stesso album sono state eseguite tutte da Giacomo Jac Salani, che è anche il produttore artistico dei miei ultimi 3 album. Lorenzo ha comunque inciso il suo prezioso basso su ben 3 brani di Motus. Posso solo dire che grazie a tutti questi artisti con cui collaboro è sempre un work in progress fantastico, sia in sala che in studio.

 

Diamo appuntamento ai tuoi fan a qualche data in particolare, qui in Italia?

L’invito che posso fare al momento è quello di restare sempre sintonizzati su tutti i vari canali. Stiamo pianificando un sacco di cose, anche molto innovative proprio a proposito dei live e sicuramente ne vedrete delle belle. In questo nostro settore, sempre più standardizzato e per certi versi addirittura sempre più decadente anche nella qualità più essenziale, c’è davvero un bisogno costante di rinnovare ed offrire qualcosa di nuovo, di più coinvolgente, più emozionale, più completo e soprattutto artisticamente più reale, a prescindere dagli effetti super speciali. Noi ci crediamo e ci stiamo lavorando a testa bassa.

 

Cosa ascolti nel tempo libero?

Sono da sempre alla ricerca di vere emozioni e di qualcosa di veramente nuovo, quindi ascolto di tutto e di più, senza mai darmi limiti di generi e stili. In mancanza di buone news, vado ad immergermi più che volentieri nel passato, tutto quello di più inossidabile che si possa intendere, dagli anni '60 ai 2000, che si parli di rock, jazz rock, progressive, hard rock, punk, metal, a.o.r., fusion, thrash, progressive metal, death, grunge, crossover, infiniti sottogeneri e quant’altro. 

 

Che tipo di strumentazione usi, sei molto attento a questo aspetto?

Anche se ho sempre sostenuto che gran parte del suono lo creano le proprie mani è altrettanto vero che l’affidabilità di una certa strumentazione, ricercata e voluta per i propri fini, resta assolutamente  fondamentale. Questo è il mio attuale parco giochi, sempre pronto ad offrirmi le più svariate combinazioni in base alle esigenze del momento: per quanto riguarda le chitarre, Ibanez RBM con pick up Di Marzio, Ibanez X series Custom, LTD George Lynch Segnature, Fender Stratocaster con pick up Di Marzio HS3, Cort Z Custom, Takamine EG 330, Yamaha APX T2 e Line6 Variax Acoustic 300. Mentre per le combinazioni di suoni tra plugins ed ampli, un J50 clone point to point del JCM800 Marshall 2204 realizzato da Valvolare con un boost di SD1 Boss o TS9 Ibanez o fuzz Dophix o overdrive Purgatorio Dophix prima dell’ampli su cassa Mesa Boogie oversize 4x12 o cassa Marshall 1960 4x12 o cassa Dragoon 2x12” con coni celestion century e non ultimi, l’utilizzo di plugins Neural DSP Nameless o Tim Hanson, senza dimenticare l’ormai inseparabile Whammy DT della Digitech! 

 

Sei appassionato di amplificatori, pedali e strumentazione in genere? Nel settore sembra esserci molta attenzione, considerando anche le fiere dedicate al tema che sembrano moltiplicarsi.

Ho apprezzato tantissimo e fin dagli albori, la rivoluzione tecnologica apportata dalla Line6, soprattutto per l’aspetto live. Pur avendo usato per decenni i classici ampli testa cassa e un numero sproporzionato di pedali, pedalini e multieffetti vari, ho trovato veramente geniale l’arrivo sul mercato di determinati prodotti, a partire dal famoso primo Poi. L’ultimo miracolo riguardo gli effetti a pedale, sostengo sia indiscutibilmente il mitico Whammy della Digitech, un vero e proprio paradiso per la creatività chitarristica. Per quanto riguarda tutto il resto, escluso rare eccezioni, trovo  che oggi come oggi e come mai prima d’ora, sia davvero una corsa sfrenata al business più che alla vera sostanza. Ma mai dire mai.

 

Durante la tua esperienza hai collaborato con molti artisti, ci racconti qualche aneddoto particolarmente emozionante o che ami ricordare?

Era l’autunno del 1987 e con gli Hyaena eravamo in piena fase ascendente. Suonavamo al Topsy Club che ai tempi era il locale più importante di Livorno e non solo. Era completamente sold out, al punto che c’erano gruppi di persone che facevano veramente a botte per entrare. Era talmente pieno che si vedevano persone aggrappate all’esterno dei balconi del piano superiore del locale, pur di riuscire a vedere il concerto. Noi, in questa incontenibile situazione, ci ritrovammo praticamente a suonare in mezzo alla gente, che oramai era arrivata fino a sopra il palco. Emozioni assolutamente indimenticabili.

 

Come ti sei innamorato della musica, come è successo?

Avevo 11 anni quando ho imbracciato la mia prima chitarra, ma senza dubbio la fortuna più grande per me è stata quella di poter ascoltare e in parte vivere tutte le meraviglie musicali e il momento magico dei favolosi anni '70: questo ha sicuramente contato molto, sia per sviluppare la mia passione che la mia formazione artistica, che a tutt’oggi non si è ancora fermata e non credo proprio si fermerà mai. 

 

Cosa consiglieresti a chi vuole farsi strada nel mondo musicale, scegliendo come strumento proprio la chitarra?

Consiglio di approfondire al massimo sempre di tutto e di più, senza porsi mai limiti o restrizioni nel cercare e trovare la propria identità artistica e la propria forza creativa. Difficoltà e ostacoli da superare non mancheranno mai, ma credendoci con la profonda passione, la dovuta verità e la totale libertà, tutto è possibile. “Dodici note in ogni ottava e la varietà del ritmo mi offrono delle opportunità che tutto il genio umano non esaurirà mai” (Igor Stravinskij).

 

Quanto pensi aiutino i social media a creare un filo diretto con il pubblico e maggior coinvolgimento dei fan?

Sicuramente è un po' il pane di oggi e ancor più del futuro, ma c’è da stare anche molto attenti in tutto questo. Serve sicuramente moderazione e soprattutto occorre ricordarsi sempre chi siamo a da dove veniamo. Tutto può essere più che utile a divulgare l’arte, la cultura e la conoscenza in generale, a coinvolgere più persone possibili da ogni dove. Ma dovremmo anche cercare un po' tutti di recuperare gran parte di quel contatto più vero, più reale, più sano e innegabilmente più umano che a favore dei social media si sta sempre un po più perdendo. Fondamentale!