Cerca

logo
REVIEWSLE RECENSIONI
26/06/2024
Habibi
Dreamachine
Il nuovo disco delle Habibi fonda numerose influenze, giungendo a realizzare un'amalgama sonora unica nel suo genere. Già il titolo dell’album (con la cover) richiama alla leggendaria Dreamachine realizzata da Brion Gysin, quale strumento caleidoscopico per il raggiungimento di trance sonore: perdiamoci dunque in questo disco “multiverso”.

Nel 1958, su un autobus che viaggiava sotto alcuni alberi nel sud della Francia in una giornata di sole, Brion Gysin (pittore, poeta, figura cult dell’epoca beat e padre, con W. Burroughs, anche di una cultura “allucinogena”) schiuse gli occhi e sperimentò un'esplosione di allucinazioni dai colori vivaci causate, scoprì in seguito, dall'effetto cosiddetto “flicker”, traducibile col termine italiano di sfarfallio.

Descritto per la prima volta nel libro The Living Brain (1952), lo sfarfallio è un fenomeno che si verifica quando una persona è esposta a interruzioni luminose tra gli otto e i tredici lampi al secondo. Sincronizzandosi con i ritmi alfa del cervello, lo sfarfallio può far sì che le persone "vedano" colori, forme o persino interi paesaggi tridimensionali, con gli occhi chiusi.

Su richiesta di Gysin, Ian Sommerville, uno studente di matematica con un interesse per i computer e l'elettronica, costruì un apparecchio composto da un cilindro di carta resistente, traforato con motivi regolari, al centro del quale si trova un bulbo luminoso, ruotante alla velocità di 78 giri al minuto sulla base di un giradischi.

Il risultato fu soprannominato la Macchina dei Sogni (in seguito eliso nella singola parola Dreamachine), e nel 1961 Gysin ottenne un brevetto per un "apparato per la produzione di sensazioni visive artistiche".

Gysin trascorse un certo numero di anni cercando, senza successo, di far produrre l'apparecchio in serie e renderlo disponibile a un vasto pubblico. Oggi, i modelli per la Dreamachine sono disponibili gratuitamente su diversi siti internet.

 

Per sperimentare correttamente la Dreamachine, secondo le istruzioni dell’inventore, occorre sedersi a sei-otto pollici dal cilindro e chiudere gli occhi, consentendo alla luce lampeggiante di giocare sulle palpebre.

Secondo Gysin, la musica per cornamusa di una specifica tribù marocchina risulterebbe essere l'equivalente sonoro dell'esperienza visiva della Dreamachine, e ascoltarla migliora l'esperienza.

Più tardi Gysin suggerì anche un brano portante lo stesso nome “Dreamachine” tratto da un album live, Heathen Earth della industrial cult band Throbbing Gristle, come accompagnamento appropriato.

 

Questa introduzione è dovuta proprio al titolo dell’ultimo album (e della relativa cover) delle Habibi, che richiama alla leggendaria Dreamachine realizzata da Brion Gysin, una all female band fondata da Rahill Jamalifard e Lenny Lynch a Brooklyn nel 2011.

Sin dalle loro prime produzioni queste ragazze hanno rapidamente attirato l'attenzione grazie alla loro distintiva fusione di stili e culture, il loro album di debutto omonimo nel 2014 è stato difatti accolto favorevolmente per la sua miscela particolare di surf pop anni '60 unito ad un mood di natura moderna, mentre con i successivi, Cardamom Garden del 2018 e Anywhere But Here del 2020, il gruppo ha incorporato elementi psych-rock con il folklore iraniano, mostrando una volontà di sperimentare non comune. 

Con Dreamachine, la band continua a svolgere il suo peculiare percorso musicale, intrecciando tocchi di dream pop vintage, garage rock e sperimentazione di synth, dando vita ad un disco dove si amalgamano suoni più movimentati ad una dimensione che talvolta ben può definirsi di impronta ipnotica.

 

Fin dalla traccia di apertura, "On The Road", è chiaro come le ragazze abbiano “alzato il tiro”; il ritmo incalzante della canzone viene valorizzato dalle ampie volute di chitarre grezze che dettano il climax sonoro su cui innesta il cantato del gruppo.

Col brano successivo, "In My Dreams", le Habibi ci offrono il loro lato più etero, cullando gli ascoltatori con carole di voci che si inseguono fluttuanti su seriche trame di synth punteggiate da un battito costante di drum machine.

“POV” ripropone invece un riff di chitarra satura, doppiata da un’altra sei corde che inanella giri di funk, per aprirsi ad un ritornello quasi pop che si poggia su di un tappeto ritmico mid-tempo.

La canzone successiva, che è stata anche il primo singolo estratto dall’album, "Do You Want Me Now" coinvolge l’ascoltatore col suo groove contagioso e i riff di chitarra affilati. Una vera hit indie del 2024.

 

Altro grande brano risulta essere “My Moon", grazie ad un tappeto di synth su cui emerge - tratto distintivo di tutto l’album - il suono sapientemente distorto della chitarra su cui galleggiano lussureggianti chords vocali, anche in questo caso puntellati da un drumming sempre delicato seppur sonoricamente presente.

L’alternanza tra brani ritmati e pezzi più “posati” si ripropone per la successiva “Losing control”, a cui segue la maggiormente ritmata “Fairweather”, con un cantato particolarmente incisivo su cui l’onnipresente chitarra fornisce strati di riff incisivi per creare uno sfondo strutturato che completa perfettamente la parte melodica-vocale.

L’album si chiude con “Alone Tonight” sul cui sinuoso intro basso-batteria si alternano parti vocali e riff di chitarra che, nello svolgimento del brano, troveranno una perfetta fusione nella parte finale del brano.

 

In conclusione, la Dreamachine di Habibi si pone come un bouquet di differenti influenze musicali che, sapientemente dosate, possono essere considerate un must da parte di chi, senza frangiflutti mentali, sia aperto ad un ascolto curioso che sfida i confini degli stantii steccati di genere.