Il verbo to fox in inglese significa al tempo stesso sia confondere qualcuno sia ingiallire e ammuffire. Apparentemente una scelta un po’ bizzarra per una band, ma, una volta conosciuti, si può dire che i Foxing non potevano scegliersi un nome più adatto al loro spirito.
Originari di St. Louis, Missouri, questo piccolo grande gruppo di indie rock sporcato di post-rock, di emo e, con il nuovo album, anche di art-rock, post-hardcore e raffinati synth, ha fatto parlare di sé nel giro che conta già da qualche anno: nel 2013 con The Albatross, il loro debutto, e ancora di più con Nearer My God nel 2018, il loro terzo album, considerato fino ad oggi il loro capolavoro. Già, fino ad oggi, perché con Draw Down the Moon i Foxing, continuando a rendere ogni volta la propria formula un po’ più cangiante e un po’ più inattesa, hanno già raccolto una bella collezione di entusiaste valutazioni da un gran numero di testate, pronte a rinnovare (a ragione) il titolo di capolavoro anche per questo album.
Conor Murphy (voce, chitarra, tromba e sampler), Jon Hellwig (batteria e sampler) e Eric Hudson (chitarra e voci) cambiano ad ogni produzione ma restano sempre loro stessi, sperimentando quello che più desiderano nell’attesa dell’inevitabile caducità della vita. Come sintetizzano con laconica ironia nella loro bio di Bandcamp: “Foxing è una band. Un giorno, Foxing non sarà più una band”.
Imprevedibili, raffinati, un po’ depressi e un po’ alla continua e profonda ricerca di una connessione spirituale con l’universo, i Foxing per ora, fortunatamente, sono ancora una band, e con Draw Down the Moon ci regalano un disco interessante, non scontato e a tratti quasi magico.
Il disco, oltre che a Dungeons & Dragons e al folklore magico, attinge alle riflessioni sulla religione e la spiritualità di Margot Adler, giornalista e nota wiccan, che ha realizzato nel 1979 uno studio sociologico sui movimenti del neo paganesimo dell’America contemporanea, ancora oggi punto di riferimento per gli studiosi del tema. Il libro, oltre che suggestionare la creazione di un link a sei puzzle rituali in stile Ouija, che se risolti nel corso dei mesi precedenti all’uscita del disco portavano all’ascolto di alcune tracce in anteprima, ha anche dato il titolo all’album.
I Foxing hanno così preso stimolo dalle analisi della Adler per ragionare sul senso del “significato cosmico” dell’esistenza, e ritrovarlo nelle connessioni interpersonali e nelle esperienze condivise che rendono ognuno di noi parte di qualcosa di molto più vasto. Un piccolo granello nello schema inconoscibile del grande universo, talvolta sperduto, ma sempre intrinsecamente legato alle sorti, ai contesti e ai legami che intessono le nostre vite.
Le canzoni di Draw Down the Moon parlano di relazioni e solitudini, dei segni del tempo, di romanticismo, fiducia e vulnerabilità, di amore e di morte, il tutto in uno spensierato, intimo e vorticante dance-floor pop, indie-rock, post-rock, alternative e post-hardcore. Un elegante caleidoscopio di groove irresistibili, incredibilmente raffinati ed elettronicamente ispirati da uno scroscio di sintetizzatori e percussioni che non possono che far venire voglia di danzare. Un movimento intimo ma palpitante, un fremito libero fatto di piedi nudi sull’erba del crepuscolo e di sorrisi che attraverseranno la notte, conteranno le stelle e vedranno l’alba. Una danza leggera e magnetica, che forse si concederà un lento e un bacio sulla bellissima “At Least We Found The Floor”, per poi continuare a volteggiare e pulsare sino alla chiusa.
Draw Down the Moon, prodotto dal chitarrista della band Eric Hudson e completato assieme a John Congleton e Andy Hull dei Manchester Orchestra, è un affascinante e multiforme viaggio che riesce a dare valore alla complessità dei suoi arrangiamenti, soluzioni e contenuti, pur regalando un’incredibile senso di spensierata e rassicurante leggerezza. L’ineluttabile connessione dinnanzi alla vastità del cosmo racchiusa in una chitarra arpeggiata, un sintetizzatore danzante, un urlo sperduto senza compromessi, una melodia che apre uno squarcio nel cuore e un ritmo che continua a restare in testa.
Intimo, catartico, esistenziale, fluido, nostalgico, romantico, eclettico, appassionato e incredibilmente lieve. Disegnando la luna, i Foxing ci hanno regalato uno degli album migliori di quest’anno: un sogno di mezza estate da cui non volersi svegliare, perché si è accarezzata la bellezza della propria piccola grande vita entro questo piccolo grande universo.