Prometteva di fare le cose in grande, quest'anno, Alexander Payne, alla sua prima volta a Venezia e addirittura con il film d'apertura.
Lo prometteva, soprattutto, parlando di una storia piccola, di ridimensionamenti.
E invece non tutto fila liscio.
Ma andiamo con ordine. Siamo in un futuro non troppo lontano in cui una soluzione per cercare di salvare il pianeta si è trovata: rimpicciolire uomini e animali. Così facendo, diminuiscono gli sprechi, lo sfruttamento delle risorse e - cosa non da poco - si triplica il valore del denaro.
La tentazione è alta, soprattutto per un mezzo fallito come Paul e la moglie, che ancora abitano nella stessa casa in cui lui è cresciuto, che altro non si possono permettere.
Succede però che lei, all'ultimo, cambi idea, succede che lui, ormai rimpicciolito e con i costi del divorzio a bucargli le tasche, non possa più permettersi la vita da nababbo che credeva, succede poi - più in grande - che il processo di rimpicciolimento venga usato nel peggiore dei modi, e non sembri servire comunque a salvarlo, quel mondo.
E soprattutto, non tutti accettano di buon grado gli Small, cercando di diminuire i loro diritti, e sfruttando anche, sempre nel peggiore dei modi, il procedimento.
È così, Paul incappa in una donna delle pulizie, in realtà rifugiata vietnamita, dal grande cuore, e poco sembra cambiato, in fondo, in questo nuovo mondo, con la divisione netta tra ricchi e poveri, con le solite dinamiche e modalità di relazione che entrano in gioco.
Ed è qui che si perde un po' di smalto, che Payne procede con qualche cliché di troppo, con qualche buonismo eccessivo.
Il messaggio è comunque di quelli forti e forse giusti da declamare, e serve a far aprire un altro po' gli occhi su di noi e su quello che ci sta attorno.
Matt Damon, appesantito e goffo, è il perfetto uomo medio, e riesce a convincere anche un Christoph Waltz che sì, gigioneggia come Christoph Waltz ma in modo meno fastidioso del solito.
Da sottolineare la colonna sonora composta da Rolfe Kent che crea leggerezza e simpatia, e vale la pena soffermarsi, infine, sulla regia sicura, a tratti geometrica, capace di ben gestire gli effetti speciali, di Payne stesso, che dà comunque il meglio di sé in fase di sceneggiatura, con frasi e dialoghi già cult (vedi gli 8 modi per scopare degli americani).
I dubbi, allora, dopo tutti questi pregi, sono sul difettoso finale e su una terza parte sicuramente appesantita dai 135 minuti di durata.
Un po' eccessivo per un film che venera e glorifica l'essere piccoli.