Se per convenzione facciamo risalire la nascita del blockbuster moderno al 1975, anno di uscita de Lo squalo di Steven Spielberg, scelta che ha tutte le ragioni di essere, non si può non tenere conto di come negli anni precedenti già ci fossero film pensati a puro scopo di intrattenimento e nei quali altri aspetti venivano messi in secondo piano, film nei quali "lo spettacolo" veniva prima di tutto; pensiamo a pellicole come L'inferno di cristallo, che precede solo di un anno il film di Spielberg, ma anche a episodi un po' meno noti ma comunque ben riusciti come questo Dove osano le aquile di Brian G. Hutton.
Il regista di New York, classe 1935 e scomparso nel 2014, non ha lasciato grandi segni nella storia del cinema: inizia come attore e solo dopo passa dietro la macchina da presa e forse proprio questo Dove osano le aquile rimane la sua opera migliore e più conosciuta per la quale il regista porta a termine un buon lavoro, soprattutto nelle sequenze d'azione e nella gestione della tensione.
A ogni modo nel corso della sua carriera, oltre ai qui presenti Clint Eastwood e Richard Burton, Hutton ha diretto attori del calibro di Elizabeth Taylor, Frank Sinatra, Donald Sutherland, Michael Caine, Telly Savalas, le sue piccole soddisfazioni in qualche modo è riuscito a togliersele e questo film in particolare ancora oggi è in grado di fornire un buon intrattenimento, almeno per quel pubblico che non ha deciso a priori che il cinema datato non è più da considerarsi degno di visione.
Seconda Guerra Mondiale. Un manipolo di soldati inglesi aiutati dal tenente statunitense Morris Schaffer (Clint Eastwood), reclutato a bella posta per questa missione, viene inviato tra le Alpi austriache per liberare il generale Carnaby, un ufficiale a conoscenza di molti segreti che non devono cadere in mano ai nazisti. Il commando è guidato dal maggiore John Smith (Richard Burton) che dovrà riuscire a infiltrare il gruppo all'interno dello Schloß Adler, un castello fortezza dove il generale Carnaby è tenuto prigioniero.
Il gruppo, dopo essersi paracadutato tra i boschi innevati nei dintorni del castello, inizia a preparare la sua azione di infiltrazione, purtroppo alcuni dei membri del gruppo vengono misteriosamente uccisi, la situazione si fa sempre più tesa mentre Smith e i suoi possono contare su alcuni collaboratori già infiltrati in precedenza in zona come Heidi (Ingrid Pitt), la cameriera della taverna locale, o la sua presunta cugina Mary (Mary Ure), altro agente inglese in incognito.
Entrare nel castello non sarà un'impresa facile, ma ancor più complicato sarà liberare Carnaby, portare a termine il reale compito che alcuni dei componenti del gruppo sono in realtà chiamati ad assolvere (non tutto è lineare come sembra) e soprattutto uscire dal castello, una fortezza collegata al resto del mondo da una funivia sospesa su metri e metri di freddo e ostile vuoto.
Dove osano le aquile è un film d'ambientazione storica che non nasce con pretese di veridicità o plausibilità, è un blockbuster ante litteram che si pone lo scopo di intrattenere lo spettatore mantenendo caratteristiche proprie del cinema dell'epoca, soprattutto nella gestione di alcuni passaggi che si concedono i loro tempi (vedere la sequenza iniziale con l'aereo che si avvicina ai monti austriaci), senza rinunciare a sequenze spettacolari, anzi trovandovi i suoi punti di forza, magari appunto poco plausibili, ma indubbiamente accattivanti e ben costruite.
Si distingue in particolar modo tutta la parte finale del film dove la via di fuga dal castello sembra limitata all'uso di quella funivia sospesa sul vuoto e pericolosissima, ma prima tutta una serie di macchinazioni, inganni e contro inganni ingarbugliano la vicenda per tenerla viva; poi nazisti tagliati con l'accetta come l'uomo della Gestapo, il maggiore Von Hapen (Derren Nesbitt) e sparatorie in campi ristretti, un Eastwood post western, un Burton solido (ma non così accattivante) e una regia dinamica il giusto per garantire la buona riuscita di un film che non sarà un caposaldo del war movie ma che ancora oggi fa la sua discreta figura, magari con un tocco d'ironia in più avremmo avuto un film da tenere ancora in maggior considerazione.