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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
Donavon Frankenreiter
Donavon Frankenreiter
2004  (Brushfire Records/Universal)
REGGAE AMERICANA/FOLK/SONGWRITER POP ROCK
all RE-LOUDD
26/08/2024
Donavon Frankenreiter
Donavon Frankenreiter
Sono passati già vent’anni dal debutto discografico di Donavon Frankenreiter, artista prodotto e scoperto da Jack Johnson. Un album che rinverdisce i fasti della cara vecchia West Coast e merita di essere riscoperto.

“Le persone semplici, come me e te, vogliono solo vivere in modo naturale.

Il tempo ti ha insegnato e tu mi hai raccontato che nulla ci abbatterà, vero?

Quindi se per te qualcosa non è importante, non lo è anche per me”.

Estratto, tradotto, da “It Don’t Matter”

 

Spirito libero, surfista e (quello che più conta per gli innamorati della musica), scanzonato e arruffato songwriter, Donavon Frankenreiter è un amante della ballata semplice, ma non semplicistica, di scuola Jack Johnson, in cui fa confluire i suoi grandi amori, da Jackson Browne e James Taylor a Joni Mitchell, Neil Young e David Crosby. I suoi sono brani di primo acchito molto simili tra loro, ma personali, ricchi di umori e metafore, dominati dal pulsare ritmico della sua chitarra, dalla sua voce morbida e sensuale, dallo scalpiccio delle percussioni volutamente spartane e mai invadenti.

L’inizio mette subito in mostra le doti cantautoriali dell’eccentrico californiano, con l’eleganza di “It Don’t Matter”, “On My Mind” e “Our Love”: Frankenreiter racconta il suo mondo con disarmante candore. Un po’ melodico, un po’ mistico e a tratti rockeggiante, con i suoi toni laidback e scazzati butta dentro storie di vita quotidiana, rendendoli moderatamente energici in alcune occasioni. Scorrono così “Butterfly”, “Bend in the Road”, “Day Dreamer” e il bellissimo singolo “Make You Mine”. I tenui colori di fondo delle sue ballad nascono dalle sapienti linee di basso di Matt Grundy, dalla cadenzata batteria di Dean Buttenworth, pure alla seconda voce, e dalle mai invadenti tastiere di Kool G. Murder. Completano l’intelaiatura sonora le rilassanti percussioni di David Leach e la seconda chitarra di Rob Machado, celebre campione di surf.

 

“Meglio ammainare le vele e rientrare.

Quando mai il mare ci lascerà andare?

Immagino che dovremo aspettare il soffio degli alisei e allora saremo liberi”.

Estratto, tradotto, da “Free”.

 

In scaletta c’è spazio per anche due interessanti ospitate. Colpisce la carica di “Free”, con il prezioso ukulele (oltre a chitarra, voce e basso) dell’epico Jack Johnson e il sofisticato supporto all’armonica e canto di G.Love in “What ‘Cha Know About”.

Classe 1972, Donavon Frankenreiter si avvicina tardi alla musica, quando ormai è quasi venticinquenne, ma questo suo primo album solista evidenzia una maturità a livello compositivo notevole. E anche le ultime tracce del disco, dalla dolcissima “Call Me Papa” alla frastagliata “Heading Home”, al lentone “So Far Away”, fino alla chiusura quasi gospel di “Swing on Down”, palesano le attitudini dell’artista, scrittore di canzoni più per vocazione che per lavoro.

Una vocazione che lo porta a centellinare i dischi e le esposizioni mediatiche nel prosieguo della carriera, ove brilla il folk rock di Glow (2010) e la commistione di country e world music presente in Revisited 2. Dovrebbe uscire a fine Settembre il nuovo album Get Outta Your Mind: sarà interessante vedere la direzione intrapresa da questo personaggio strano, intimista, quasi solitario, però genuino fino in fondo, che cozza un poco con il concetto dell’apparire e del fare musica in questi “moderni” tempi liquidi tanto sfuggenti.

 

«Il mio motto è non farti imporre nulla e fai solo ciò in cui credi. Sport, divertimento e splendidi scenari mi aiutano a meditare e a rimanere uno spirito libero. Questo è ciò che voglio riflettere nei miei pezzi, cucendo folk e blues alla mia maniera».