Le cose non sono andate come previsto: la pandemia ha cancellato un lungo tour già programmato, che avrebbe dovuto consacrarla anche nella dimensione live, fino ad allora poco frequentata (c’erano stati solo alcuni concerti come apertura ai Rovere, qualche mese prima) ma la ragazza monzese non si è data per vinta: ha tentato la strada di X Factor, convincendo i giudici con la sua “Lasciami andare” ed inserendosi nella squadra di Hell Raton, boss della Machete Records, alla sua prima partecipazione al Talent. Non è arrivata fino in fondo ma ha compiuto un cammino interessante, nonostante tutte le riserve che è comunque lecito avere su questo tipo di manifestazioni. Soprattutto, è rimasta fedele a se stessa: è arrivata con un progetto già strutturato ed una personalità artistica da maturare ma comunque già definita nei suoi tratti essenziali, cosa che il format televisivo non è riuscito a scalfire. Gli inediti che ha presentato sono stati un’occasione per misurarsi con un produttore affermato come Strage e ne hanno messo in luce ulteriormente il talento.
Il secondo album, a cui Martina è approdata dopo un’ulteriore fase di lavoro e ricerca, s’intitola semplicemente “Disco 2” ma sarebbe sbagliato volervi vedere una mera prosecuzione dell’esordio.
Innanzitutto è cambiata la squadra: Matteo Brioschi, che aveva curato le basi e si era occupato in parte della produzione, non è più della partita. Non è stato sostituito da un’unica figura ma da un vero e proprio team creativo che, come accade nelle migliori produzioni Pop internazionali, ha lavorato su singole canzoni separatamente. Un paio di nomi provengono dall’ambiente Clinica, ormai vero e proprio collettivo artistico, famiglia e fucina creativa: parliamo di ELLE (Leonardo Lombardi) che si è occupato di molte produzioni dell’etichetta e di Altrove, artista del roster (avevamo recensito qui il suo esordio “Bolle”) nonché sound engineer di grande abilità all’interno dello studio di Sarzana dove vengono realizzati gran parte dei dischi della label. Si è occupato lui del missaggio del disco e della registrazione delle voci ed è senza dubbio uno dei motivi per cui, nonostante la diversa provenienza delle collaborazioni, il tutto suona così omogeneo.
Alle basi hanno poi lavorato figure di alto profilo come Machweo (che abbiamo recentemente sentito all’opera anche nell’ultimo disco di Vipra), Enrico Brun, FRACTAE e Ceri (quest’ultimo è, tra le altre cose, colui che ha modellato il suono di artisti come Frah Quintale e Franco126).
A questo si aggiunge la collaborazione, in fase di scrittura, di nomi come Francesco Gambarotto, Riccardo Giacometti, Marco Bonaldo e Riccardo Zanotti, che hanno aiutato Martina a dare forma alle proprie idee.
Il risultato, lo abbiamo già detto, è sorprendentemente unitario: l’impronta Dance pervade l’intero lavoro, configurandosi ormai come marchio assodato del progetto. Rispetto a prima però, non ci si limita ad omaggiare gli anni ’90 ma c’è una maggiore gamma di influenze, dal vestito avvolgente dell’iniziale “Matta vera”, ai suoni tamarri di “Sbattimi”, al Pop ottantiano di “Soli per sempre” e “Fermiamo il tempo”, fino a “Povero cuore”, dove Ceri inserisce il suo marchio di fabbrica dando al pezzo un’impronta minimale.
La prova vocale di Martina costituisce indubbiamente il maggior punto di forza di questo lavoro: che sapesse cantare lo aveva già dimostrato ma in questa sede si supera, sia in espressività che in esecuzione, offrendo tutta una gamma di sfumature in più ed una notevole versatilità nell’approccio ai singoli brani. Non siamo davanti semplicemente ad un insieme di canzoni con base elettronica e voce femminile, come potrebbe succedere nelle classiche hit da dj. Martina ha un background cantautorale ed un approccio tradizionale alla scrittura, oltre che la statura di una grande interprete. Le sue linee vocali sono accattivanti e ben delineate, il rapporto con la sezione musicale risulta molto più bilanciato che nel primo disco, l’approccio generale funziona meglio, siamo di fronte ad un upgrade di tutto rispetto.
Mettiamoci anche i testi, che ancora una volta mettono in mostra una maturità notevole, a dispetto della giovane età e del genere proposto: niente slogan banali su amore e divertimento bensì istantanee di esperienze passate, tra amori finiti e le diverse sfide che la vita mette di fronte, la difficoltà di crescere, umanamente e artisticamente, la non mai scontata condizione di donna nel mondo dello spettacolo. Il tutto raccontato attraverso un linguaggio diretto ma non banale, con un uso disinvolto delle metafore ed un tocco di crudezza e volgarità che non risulta mai fine a se stessa.
Siamo finalmente riusciti a sentirla dal vivo al Mi Manchi di Milano, in quella che è stata la sua prima esibizione da headliner con questo progetto: ci ha convinto la resa vocale, la presenza scenica, il tiro e l’impatto generale, anche se per forza di cose si è trattato di uno spettacolo con molta roba in base.
Cmqmartina convince ancora una volta e consolida una proposta che a parte alcune notevoli eccezioni come Ginevra, Whitemary e ovviamente Cosmo, non è esattamente maggioritaria dalle nostre parti.
Nella speranza che da qui in avanti il suo cammino sia un po’ più in discesa.