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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
07/03/2024
Live Report
Desiderii Marginis + Raison d’Etre + Brighter Death Now, 05/03/2024, Barrios Live, Milano
Anche a Milano ha fatto tappa il Bring in the Night tour, che ha visto protagonisti Desiderii Marginis, Raison d’Etre e Brighter Death Now, tre nomi iconici di una delle storiche etichette specializzate in dark ambient, la Cold Meat Industry. Un appuntamento irrinunciabile per i cultori della musica oscura.

Una premessa risulta doverosa a chi di dark ambient sa poco o nulla (i cultori della materia possono tranquillamente saltare i prossimi paragrafi).

Il cosiddetto dark ambient, è un sottogenere della musica elettronica nato sul finire degli anni Ottanta mediante la fusione tra le sonorizzazioni “pacate” della musica ambient ed inserti di rumore e suoni di derivazione industrial. Per tale motivo, fatti salvi tutti i distinguo del caso, è come ascoltare una musica ambient caratterizzata da una atmosfera cupa, oscura e spesso inquietante.

Fondamentalmente, approcciandosi a tale tipo di sonorità, si troverà quasi sempre le seguenti caratteristiche, che, seppur diversamente combinate tra loro (e proprio l’amalgama è quella che differenzia i grandi del settore, rispetto alle miriadi di dischi assolutamente soporiferi) risultano avere la seguente materia di base: la presenza di droni e risonanze, ovvero di bordoni lunghi e sostenuti che creano un senso di disagio e suspense a seconda del set definito, unita a suoni a bassa frequenza, con la volontà di creare una sensazione fisica di angoscia o disagio.

Su questa base si innestano ulteriori “artifizi” musicali, quali rumori di macchine, clangori metallici, trascinamenti di catene e altri suoni industriali che evocano un senso di desolazione e decadenza. A questi si aggiungono dei field recording per aumentare l’effettivo immersivo, a cui, infine, il più delle volte si aggiungono suoni di campane cimiteriali e accordi discordanti, sempre nella logica dell'aumentare la sensazione di tensione e ansia.

In poche e semplici parole una musica che si può definire sinistra e che evoca lande desolate, scenari industriali in stato di degrado, e il recupero di cori ed organi chiesastici e canti in stile gregoriano, tali da pensare di presenziare ad una cerimonia di culto in un ipogeo mitraico.

 

 

All’interno del genere, “l'industria della carne fredda”, ovvero la Cold Meat Industry (a volte abbreviata con l’acronimo CMI), è stata un’etichetta discografica indipendente svedese fondata nel 1987 da Roger Karmanik, titolare del moniker Brighter Death Now, più vicino tuttavia a sonorità power electronics, e ufficialmente chiusa nel 2014 con tanto di comunicato finale, anche se, vedendo il banchetto del merch, pare in un qualche modo risorta dalle ceneri. Un'etichetta è considerata da molti come forse la più prestigiosa e influente distributrice di musica dark ambient, nonché di altri stili come il neofolk, il martial industrial e l’harsh industrial.

Ammetto che nella mia collezione ho molti cd della CMI, con nomi storici della dark ambient quali Arcana, Desiderii Marginis, Morthound, Raison d’Etre, mentre invece non ho mai particolarmente apprezzato il lato più power electronics, con nomi, seppur di rango assoluto, quali la creatura di Karmanik, ovvero In Slaughter Natives o Deutsch Nepal.

Quindi, in sincerità, quando a metà gennaio è stato comunicato che, per ragioni personali, Peter Andersson, in arte Deutsch Nepal, non avrebbe potuto partecipare al tour e che sarebbe stato sostituito da Desiderii Marginis, seppur dispiaciuto di non poterlo vedere dal vivo, non me ne sono doluto troppo, essendo Johan Levin un più che degno sostituto.

 

 

Fortunosamente dobbiamo ringraziare Necrotheism Production per essere riuscita ad aggiungere una data in quel di Milano al tour che, se così non fosse stato, non avrebbe toccato la città meneghina.

Dunque, eccoci in una serata di tregenda con acqua e vento a catinelle (quindi in stile con il concerto) al Barrios per l’evento.

 

Il concerto è iniziato con Desiderii Marginis, che ha presentato una setlist (gentilmente datami dallo stesso Johan) di 6 pezzi tratti dall’album Bathe in black light, ovvero “Ghostfires”, “Tears of wax” e “Night grasping at day”, mentre i rimamenti tre brani eseguiti sono stati “Deadbeat MMXIX” dall’album Departed, “I was destroyng Icons” da Serenity/Rage e “Moments of convoluted Respiration”, track abbinata alla compilation Cycles II, prodotta per il ventesimo anniversario di una altra label specializzata nel settore quale Cyclic Law.

Il set è stato la perfetta descrizione di quanto sopra rappresentato, un flusso sonoro liquido ed oscuro che si sviluppa cinematicamente per folate gelide di suono sui cui si innestano fluorescenze cupe e malinconiche. Peccato che non abbia presentato nessun pezzo di uno di suoi album più belli, Procession.

Purtroppo, l’esibizione di Desiderii Marginis come anche quella di Raison d’Etre, è stata penalizzata dalle limitate dimensioni di uno schermo dove venivano proiettate una serie di immagini (rigorosamente in bianco e nero) che non permettevano alla nutrita audience (ho visto poche volte in Barrios così pieno, anche di fruitori stranieri, in particolare svizzeri) di focalizzare l’attenzione sulla proiezione.

Il problema della dark ambient risulta essere difatti la resa dal vivo, nel senso che il palco il più delle volte è riempito unicamente dal musicista con il suo set di strumentazione elettronica quindi, essendo un genere musicale evocativo di immagini, la non fruizione delle stesse penalizza la pur ottima esibizione live.

 

 

A seguire è salito sul palco Raison d’Etre, alias Peter Andersson (omonimo di Deutsch Nepal) e qui è necessario fermarsi un attimo, perchè siamo in presenza di uno dei massimi esponenti della dark ambient in tutte le sue forme.

Peter, oltre al moniker Raison d’Etre, ha prodotto degli ottimi album con una serie di side project, tra cui meritano un cenno Necrophorus (a dispetto del nome, è il moniker con le sonorità meno intense), Stratvm Terror (molto più rumorosa e percussiva) e Atomine Elektrine (ispirato all’elettronica cosmica degli anni Settanta).

Scambiandoci due chiacchere prima della sua esibizione, mi ha detto che avrebbe presentato quattro brani frutto di una collazione di vecchi pezzi con l’aggiunta di una serie inedita di effetti che aveva eseguito per la prima volta nel concerto di Pescara, anche per differenziare il proprio set da quello precedente.

Anche in tale caso la setlist rispecchia gli stilemi classici della dark ambient: scenari desolati (come quelli presentati nel video di accompagnamento), campane a morto, improvvisi “tonfi” con situazioni percussive che irrompono nel fluire sonoro. Un viaggio totalmente interiore nella psiche umana che viene esplorata nei suoi recessi più mesmerici e cupi per un viaggio “al termine della notte”.

 

 

L’ultimo concerto è stato quello di Brighter Death Now che, come anticipato nelle premesse, è il moniker sotto il quale opera Roger Karmanik, patron della CMI. Qui lo scenario musicale muta, virando verso (se possibile) abissi ancora più cupi.

A differenza dei due set precedenti, che obliterando il concetto di forma canzone si sono dipanati in un continuum sonoro, Brighter Death Now presenta 6/7 pezzi dove predomina una sensazione resa ancor più angosciosa da un cantato distorto che, unitamente, ad una saturazione di frequenze basse, volutamente determina negli spettatori (alcuni, non avvezzi alla materia, difatti abbandonano la sala) un senso di totale straniamento.

Anche i cut-up collegati che scorrono dietro all'artista rimandano ad immagini scioccanti: dall’albero degli impiccati, a carcasse di animali, in un grand guignol che richiama l’estetica della musica industrial e attinge a piene mani da tematiche fortemente divisive e volutamente disturbanti. In sintesi, e immagino che questo possa essere considerato da Brighter Death Now un vero complimento: musica per “stomaci forti”.

 

 

Una considerazione finale che, visto il genere, suonerà forse paradossalmente blasfema ai cultori della dark ambient. Ritengo che il genere, anche grazie ai gruppi ascoltati, abbia lo stesso problema di un altro genere musicale, seppur agli antipodi della stessa, quale può essere il punk, ovvero la ripetizione di stilemi definiti e cristalizzati nel tempo.

Mi rendo conto che ciò possa suonare paradossale, posto che lo strumento principale del dark ambient sia di fatto un set di strumentazione elettronica con potenziali infiniti sviluppi, a differenza della strumentazione del classico combo punk (basso, chitarra, batteria) però, nella prassi, per onestà intellettuale, quanti dei moderni dischi di dark ambient si differenziano in maniera così radicale, rispetto alle produzioni di fine anni Ottanta o anni Novanta?

Ancora, rispetto al livello raggiunto anche dai gruppi (il più delle volte singolo musicista), protagonisti del concerto odierno, le cui produzioni oramai risalgono a trent’anni orsono, quante produzioni contemporanee possono dirsi realmente innovative? Dirò di più, quanti gruppi che cercano di creare dei melting pot creativi sono di fatto “osteggiati” dai puristi presenti in ogni genere musicale, dalla classica, passando al metal, per arrivare appunto, al punk ed al dark ambient?

Forse il segreto è semplice: ognuno è libero di ascoltare ciò che gli piace ma, con un pizzico di curiosità in più, potrebbe scoprire mondi che meritano una esplorazione, perché, per ricordare il bardo di Strafford-Upon-Avon, “Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, che in tutta la tua filosofia” (Amleto, Atto I, Scena IV).

 

 

 

Photo courtesy: Nicolò Brambilla / Necrotheism Prod