“Dimmi Astro del mattino, e domandatevelo tutti: che potere avrebbe l’Inferno se i dannati non potessero sognare il Paradiso?”
(Neil Gainman, Sandman. Preludi e notturni, “Una Speranza all'Inferno”)
“Le cose non devono essere avvenute per essere vere. Le storie e i sogni sono ombrose verità che sopravviveranno quando i fatti saranno solo polvere e cenere e oblio”.
(Neil Gainman, Sandman. Le Terre del Sogno, “Sogno di una notte di mezza estate”)
Quella degli Avalanche Party è una storia di musiche psichedeliche e inquiete, di faticosi sogni inseguiti con determinazione che trovano casa a cavallo tra Inghilterra e America, tra la regione dello Yorkshire e il californiano Rancho De La Luna.
La band si definisce garage punk, anche se tra le sue influenze nasconde qualcosa di più e di diverso, tra la psichedelia e il post punk, ed è di casa nel North Yorkshire, una regione dell’Inghilterra nord-orientale a metà tra l’operosa e operaia fascia di Liverpool, Manchester e Leeds e il Vallo Adriano che separa l’Inghilterra dalla Scozia. Sulla costa ovest si trova la loro città, Middlesbrough, affacciata sul Mare del Nord e divenuta popolosa dagli anni Trenta, dopo che, grazie all’arrivo di una ferrovia e la costruzione di un nuovo porto, vi trovarono casa numerose industrie siderurgiche e cantieristiche. A contraltare di quest’urbanizzata zona, poco a sud si affacciano le suggestive North Yorkshire Moors, l’alta brughiera inglese, intervallata da valli fluviali boschive, rovine religiose e villaggi immersi nel tempo.
Qui, nel 2016, i fratelli Bell, Jordan e Joe (voce e chitarra l’uno, basso e voce l’altro), cresciuti in una fattoria nella brughiera, educati a casa dai genitori e iniziati alla controcultura dal padre Pete (che alla fine degli anni Sessanta era bassista residente al Beckenham Arts Lab, suonando al fianco di Bowie e non solo nel sud-est di Londra), incontrano Jared Thorpe (chitarra/sax/voce), Glen Adkins (tastiere) e Kane Waterfield (batteria) e decidono di iniziare il loro progetto musicale. Il primo lavoro arriva nel 2019, con il nome di 24 Carat Diamond Trephine, uno prisma di stili diversi che passa da un frenetico garage-psych a un'americana surreale e pacata, fino a un glaciale indie rock, nel corso dei suoi trentanove minuti.
Galvanizzati dall’esperienza, i cinque si mettono subito all’opera per realizzare un secondo album e decidono che per il sophomore bisogna puntare a realizzare il loro sogno: registrare al Rancho De La Luna assieme a David Catching.
Il Rancho De La Luna è un celebre studio di registrazione americano, fondato nel 1993 da Fred Drake e David Catching a Joshua Tree, in California. Due anni dopo la morte di Fred, nel 2004, David Catching ha ricoperto il ruolo di padrone di casa, chef, barista, produttore, musicista, governante e coordinatore di feste. La vista sul deserto, l'attrezzatura funky, l'atmosfera singolare e l'ospitalità del Rancho hanno ispirato artisti del calibro di Arctic Monkeys, Anthony Bourdain, Kyuss, Earth, Queens Of The Stone Age, Fu Manchu, Warpaint, John Garcia, Snow Patrol, Motorpsycho, Foo Fighters, Eagles Of Death Metal, Iggy Pop, Mark Lanegan e non solo. Il motivo per cui il Rancho è famoso, però, è anzitutto l’essere stato casa delle Desert Session di Josh Homme e amici. O forse, come racconta Catching, “C'è qualcosa in questo studio. Tutti quelli che sono stati qui e hanno registrato qui, me compreso, lo sentono, quindi c'è qualcosa. Forse è solo tutto l'amore che si è accumulato qui nel corso degli anni. La gente impazzisce per la 'drum room': molti dicono che è il miglior suono di batteria che abbiano mai ottenuto, persino i tecnici”.
Con una prospettiva del genere, come non voler provare a creare qualcosa di speciale anche con la propria band? I cinque prenotano la loro sessione nel 2020 e accade la pandemia. Tutto slitta di due anni, si riprogramma la possibilità di registrare nel 2022. Arriva settembre e una grande alluvione allaga moltissime zone di Middlesbrough, compreso lo studio che i ragazzi avevano costruito con amore e pazienza, in uno scantinato polveroso sotto un locale della città. Riescono a salvare parte dell’attrezzatura ma il resto è da rifare; anni di creatività gioiosa, registrazioni di sessioni dal vivo e merchandising fatto a mano notte e giorno scomparso in poche ore.
Pochi giorni dopo partono in tournée in Europa con la band indie rock americana ...And You Will Know Us By The Trail of the Dead (spesso abbreviati con il nome di Trail of Dead) e non si fermano un attimo, se non per registrare finalmente le nuove canzoni, nell’unico slot disponibile che sono riusciti a riottenere: 10 giorni da sogno in compagnia di Dave Catching per registrare le 14 tracce che aspettavano da anni di incidere. Non stupisce quindi che il nuovo album si intitoli Der Traum Uber Alles: il sogno sopra ogni cosa, sopra le difficoltà, gli imprevisti e grazie solo ad un’imperterrita determinazione.
Der Traum Uber Alles ha visto i cinque divertirsi un mondo per dieci giorni, considerando il Rancho come un magico e pericoloso ripostiglio nel deserto attorniato da serpenti a sonagli, coyote, scorpioni e cactus; un setting perfetto per sogni e incubi delle più diverse fogge. In questa breve ma intensa avventura Dave Catching si è rivelato la persona meravigliosa che tanti artisti raccontano e ha coccolato e aiutato i cinque inglesi in tutti i modi, portando come valore aggiunto alla produzione anche lo space record producer Paul Frazer (vedi i primi due album degli Idles, di cui nel nuovo lavoro della band c’è qualche influenza), che ha mixato il disco riuscendo ad amplificare al meglio l’intensa e astratta energia degli Avalanche Party.
Un’ energia onirica e strabordante che fa surf su ogni riferimento sonoro e non per nulla vede il suo tedesco titolo essere ispirato nientemeno che dall’autobiografia e libro di auto-aiuto Catching the Big Fish: Meditation, Consciousness, and Creativity del regista e maestro David Lynch (in italiano In Acque Profonde, pubblicato dalla Piccola Biblioteca Oscar Mondadori nel 2006); una dichiarazione che invita ad aggrapparsi alla ricerca creativa qualunque cosa la vita possa offrire: nonostante le difficoltà, un sogno può ancora essere realizzato.
Der Traum Uber Alles si snoda tra le sue tracce insinuante e inaspettato, trovando i suoi momenti più riusciti nella prima parte del disco, dove l’apertura con “John Coltrane's Moscow Skyscraper” è perfetta per iniziare ad essere avvolti dalle spire dello spirito da cui sono stati posseduti i ragazzi e la seguente “Nureyev Said It Best” sintetizza al meglio ciò che di meglio l’album offre: una frenetica e accattivante allucinazione sonora del famoso ballerino Rudolf Nureyev che appare per le strade di Middlesbrough.
Linee di basso contagiose, pirotecniche interpretazioni avant-rock alla chitarra, synth inebrianti, percussioni dure ma calzanti su groove che evolvono continuamente, come dentro un sogno lucido e allucinato. In alcune tracce fa capolino anche il sax, che porta talvolta alla mente i migliori momenti onirici alla Viagra Boys, in altre un cantato alla Joe Talbot, in altre ancora fanno capolino piccole ispirazioni che potrebbero richiamare David Bowie, i Radiohead e non solo. Ogni soluzione sonora si avviluppa in una forma canzone raramente banale, che dà il suo meglio quando vede inserirsi al proprio interno delle dinamiche inattese ma calzanti, sempre orecchiabili ma che alternano ossessività, sogno, paranoia e incubo. Parola d’ordine è suspence, per una serpeggiante inquietudine a suo modo sempre ironica.
Il divertimento spesso è anche tecnico, in pieno spirito di libertà creativa da post punk dei primi anni Ottanta. Per “Serious Dance Music” Jordan Bell spiega “È stata probabilmente una delle prime canzoni che abbiamo fatto per l'album. Credo sia stato quasi un esercizio per cercare di rendere una canzone il più semplice possibile. Ci sono solo due note e siamo stati molto severi: si potevano usare solo quelle note in momenti ben precisi e nessun'altra nota. È nata così, basandosi sul ritmo, piuttosto che su una melodia o altro. In realtà è una canzone piuttosto complicata da suonare. È difficile in modo ingannevole. Ci sono alcune canzoni nell'album che seguono questo tipo di schema, come 'John Coltrane's Moscow Skyscraper' o forse 'Target'. Si basano sulla semplicità, che rende il tutto più diretto, come era l'obiettivo di molta di questa musica”. Per " Shake The Slack” invece le influenze sono più new wave, dove il groove che ne emerge strizza l’occhio a David Bowie e ai Talking Heads. La morbida “The Noise Between Us”, invece, ha il nome stesso che fa il verso ad una canzone dei Suede, “The Chemistry Between Us”, tratta dall’album Coming Up del 1996.
Nella conclusiva “Collateral Damage” i diversi generi e suoni esplorati a loro modo si uniscono, anche se non in maniera esplosiva o gargantuesca come avrebbero potuto. D’altra parte dal sogno ci si può svegliare in vari modi: di botto o scivolando confusamente in un dormiveglia dove non è mai chiaro quale sia la realtà e quale l’immaginazione. Il sogno, in fondo, è sopra tutto, e come ricorda Neil Gainman nel suo capolavoro: “Sognate! I sogni plasmano il mondo. I sogni ricreano il mondo ogni notte”. (Sandman. Le Terre del Sogno, “Il Sogno di Mille Gatti”)