A più di settant'anni suonati Werner Herzog ha ancora la voglia di andare a ficcarsi in situazioni non proprio tranquille, spinto da quella curiosità indomabile che ne ha fatto uno dei documentaristi più conosciuti al mondo. Nonostante siano diverse le incursioni del regista tedesco nel Cinema di finzione, è proprio al documentario che sono ascrivibili gli esiti più interessanti della sua carriera; questa volta Herzog ci porta alla scoperta dei più antichi vulcani attivi in giro per il globo, coadiuvato per la parte tecnica dal vulcanologo di fama mondiale Clive Oppenheimer, uno scienziato alla mano che insieme agli interventi di Herzog stesso spiega la materia con tocco leggero e molto chiaro.
Quello che più colpisce in Dentro l'Inferno sono le splendide immagini di alcuni dei pochi vulcani la cui attività è visibile dal bordo del cratere e quindi filmabile in relativa sicurezza (molto relativa). Pensare cosa scorre sotto la crosta terrestre, la furia che è capace di scatenare la natura, cosa sulla quale non così spesso ci fermiamo a riflettere, qualche piccolo brivido lo fa venire. Il gorgogliare della lava incandescente, i sommovimenti del magma, i muri di fumo ustionante che le eruzioni possono generare, sono ripresi per mezzo di immagini di uno splendore visivo indescrivibile, è questo il primo merito di un documentario che offre comunque più di un motivo per essere apprezzato. La migliore intuizione di Herzog sta nel sapersi spostare di continuo, si parte dall'affascinante fenomeno naturale, dalla magnifica resa visiva che questo ha una volta riportato sullo schermo, per andare a finire all'uomo, alle credenze, alle superstizioni e ai rapporti di diverse tribù indigene con il vulcano.
Nel Pacifico ad esempio, arcipelago di Vanuatu, il capo Mael Moses della tribù che vive alle pendici del vulcano racconta di come questo sia abitato dagli spiriti del fuoco, delineando quello che è lo strano rapporto della tribù con il loro pericoloso vicino di casa, con il quale qualcuno pare riesca anche a parlare (prendendosi dei buoni rischi e ostentando probabilmente una buona dose di millanteria). C'è spazio anche per la tragedia con le immagini impressionanti di Katia e Maurice Krafft, coppia di vulcanologi usi a prendersi rischi notevoli per studiare e documentare le colate laviche, tanto da perire insieme durante l'eruzione del Monte Unzen in Giappone; li vediamo in atteggiamenti impossibili da non considerare sconsiderati (passatemi il gioco di parole). Affascinanti inoltre le varie credenze e i riti legati ai vulcani in giro per il mondo, così come gli studi sulle conseguenze di devastanti eruzioni che si perdono nella memoria del tempo, si passa dall'Africa al nord dell'Islanda, da eventi remoti ad accadimenti più recenti che tutti noi ben ricordiamo. E ancora politica e propaganda che uniscono il Monte Paektu nella Corea del Nord, vulcano inattivo da secoli, alla nascita della nazione e alla figura del Presidente Kim Il-Sung, fondatore dello Stato Comunista coreano che si appropriò del mito del vulcano.
Partendo dalla massa incandescente che scorre sotto la terra, Herzog ci parla dell'uomo, delle sue origini, delle sue credenze, ma soprattutto della sua illimitata fame di conoscenza che lo spinge ad osare, a volte a morire, per colmare quel senso di vuoto che solo il sapere può limitare.
Secondo la nostra cultura il vulcano un giorno distruggerà tutto... e io ci credo, perché ho sentito dire da varie persone che ci sono altri vulcani nel mondo, e credo che questi vulcani un giorno erutteranno insieme a quello sul Lopevi, si uniranno e ci bruceranno tutti, è questo che penso. Credo che scioglieranno tutto, ecco cosa penso. Tutto si scioglierà: le pietre, il fuoco, gli alberi e tutto il resto. Come acqua. Penso che un giorno i vulcani distruggeranno il mondo.