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Delitto impunito
Georges Simenon
2023  (Adelphi)
LIBRI E ALTRE STORIE
all THE BOOKSTORE
25/09/2023
Georges Simenon
Delitto impunito
“Delitto impunito” è un noir ricco di implicazioni e risvolti psicologici che ne ampliano il respiro letterario rendendolo uno dei romans durs di Simenon più sorprendenti e avvincenti.

«Lo ucciderò!» 
Non era un progetto, e ancor meno una decisione. Non aveva nessuna voglia di farlo, ma dirlo gli dava sollievo. Era incapace di piangere.

 

Se si comincia a leggere qualcosa di Simenon, e mi riferisco soprattutto ai suoi “romans durs”, non si riesce più a smettere, perché questo straordinario scrittore, maestro indiscusso del genere noir, con le sue storie torbide e ricche di colpi di scena, costruite alla perfezione e cesellate finemente, provoca nel lettore una sorta di dipendenza che sfocia nel desiderio incontrollabile di fagocitare tutti i suoi libri. La scelta del verbo “fagocitare” non è affatto casuale, perché è proprio questo il modo in cui ci si approccia ai suoi romanzi: ci si ingozza, pagina dopo pagina, senza riuscire a fermarsi.

Le trame, gli intrecci e gli epiloghi non sono mai banali o scontati. Profondità e spessore si fondono a una scrittura raffinata, asciutta e decisamente intrigante. Le sue storie coinvolgono e travolgono il lettore, e non si tratta solo di semplice curiosità. Il coinvolgimento, infatti, è totale e impatta anche, e soprattutto, nella sfera psicologica, emotiva, etica e morale, perché i suoi personaggi sono caratterizzati talmente bene da sembrare reali. Si ha la sensazione di conoscerli. Persone comuni, “normali”, come potrebbe essere un vicino di casa o il tuo migliore amico, che però, a un certo punto della propria vita, sbandano, perdono il controllo, e si trasfigurano.

 

Anche in Delitto impunito troviamo tutto questo. È un romanzo inquietante, in cui prevale senza dubbio l’aspetto psicologico. Élie, il protagonista, è polacco, ma frequenta la facoltà di matematica a Liegi. Da più di tre anni vive in affitto a casa della signora Lange, che da quando è rimasta vedova prende in pensione gli studenti. È un ragazzo tutt’altro che attraente, anzi, è proprio brutto, tanto che, i primi tempi, la signora Lange, tutte le volte che lo guardava, non poteva fare a meno di paragonarlo a un rospo. Élie è schivo, timido, riservato e maledettamente orgoglioso, al punto di rifiutare ogni tipo di gentilezza, anche l’offerta di un piatto di minestra, pur di non sentirsi in debito con nessuno.

Con la signora Lange vive sua figlia Luise, a cui Élie è affezionato in modo speciale ma discreto. Non si è mai azzardato a corteggiarla apertamente per paura di essere respinto, così le sta intorno “accontentandosi della sua presenza, del ritmo del suo respiro, della vista del suo viso esangue”.

Nonostante qualche scaramuccia di troppo con la padrona di casa, che è dotata di una personalità piuttosto pungente e ingombrante, Élie si sente completamente a proprio agio, protetto, come in un nido. La signora Lange con lui è generosa e ormai, più che un pensionante, lo considera uno di famiglia. Anche Élie in quelle due donne ha trovato una famiglia e immagina di rimanere lì con loro per sempre, anche dopo aver terminato gli studi. “Come un bambino pensa che non lascerà mai i genitori, a lui sembrava normale restare in quella casa vita natural durante, dove la signora Lange avrebbe continuato a seguire la solita routine e Louise a fornirgli la sua presenza”.

 

Nella casa della signora Lange ogni camera da letto ha le pareti dipinte di un colore diverso (impossibile non correre con la mente a “La camera azzurra”, qui su Loudd trovate la recensione). C’è la camera rosa, quella gialla, quella verde e la granata…

Élie, viste le sue scarsissime possibilità economiche, occupa la camera peggiore, quella verde, “si trovava nell’ammezzato tra il pianterreno e il primo piano: era stata ricavata sopra la cucina, e il tetto di zinco la rendeva soffocante d’estate e gelida d’inverno”.

Lui è l’ospite più vecchio. Ha visto arrivare per primo l’inquilino della camera gialla, Stan Malevitz, e poi la signorina Lola, che occupa quella rosa. L’unica camera ancora sfitta è la granata, la camera più bella, quella che un tempo fungeva da salotto.

All’interno della casa ogni ospite ha il proprio ruolo e gli equilibri sembrano ben consolidati, fino a quando non arriva un nuovo inquilino, Michel Zograffi.

Questo giovane ragazzo romeno, che non conosce una sola parola di francese, è l’opposto di Élie. Attraente, spigliato, estroverso, di buone maniere e talmente ricco da potersi permettere di affittare la camera migliore della casa, tra l’altro con servizio di pensione completa.

A risentire dell’arrivo del nuovo ospite è solo Élie, che lo vive come un intruso. È infastidito dal fatto che tutte le attenzioni, ora, sembrano spostate su Michel che, nonostante l’evidente ostilità di Élie nei suoi confronti, tenta in tutti i modi di instaurare un rapporto d’amicizia con lui, ma viene sistematicamente respinto.

Michel alloggia nella sua stanza granata, piena di confort, avvolto dal tepore della stufa e dall’affetto di sua madre che, seppur lontana, non manca di fargli pervenire di continuo lettere e doni, mentre Élie, nella sua camera verde, è costretto a indossare cappotto e berretto per non sentire freddo, perché non si può permettere nemmeno di riscaldarla, nella totale assenza di conforto e vicinanza da parte della sua famiglia d’origine.

Quando scoprirà per caso la relazione tra Michel e Louise, la gelosia di Élie sconfinerà nell’ossessione e nella paranoia, fino al punto di decidere che Michel deve morire. Costi quel che costi, lo deve uccidere, perché quelli come lui, che pensano di potersi prendere tutto, come vogliono e quando vogliono, vanno puniti.

 

Simenon si destreggia tra passato e presente, destabilizzando il lettore con un’ellissi temporale e colpi di scena “perfetti”, perché assolutamente plausibili e “spietati”, così come solo la realtà sa essere. È abilissimo nel descrivere l’evoluzione del protagonista e la sua deriva emotiva. Scava senza sosta nei pensieri di Élie, nelle sue motivazioni, e lo fa con una tale naturalezza da farle sembrare quasi ammissibili, seppur folli.

Delitto impunito non è semplicemente un noir, ma è un romanzo sorprendente e avvincente che costringe il lettore a spalancare gli occhi su quelle che sono le zone d’ombra presenti nella psiche umana, mostrando come, di punto in bianco, una persona qualunque, “normale”, possa andare in cortocircuito e perdere la testa fino al punto di superare ogni limite.